Michele Farina, Corriere della Sera 18/8/2006, pp. 1 e 19., 18 agosto 2006
Il maestro uccise la piccola modella. Corriere della Sera, venerdì 18 agosto New York. La piccola JonBenet Ramsey, 6 anni, fu uccisa la notte di Natale del 1996, di ritorno da una sfilata di bellezza, nella villa di famiglia a Boulder, Colorado
Il maestro uccise la piccola modella. Corriere della Sera, venerdì 18 agosto New York. La piccola JonBenet Ramsey, 6 anni, fu uccisa la notte di Natale del 1996, di ritorno da una sfilata di bellezza, nella villa di famiglia a Boulder, Colorado. Dopo 10 anni, il maestro elementare 41enne John Mark Karr è stato arrestato a Bangkok: " stato un incidente, io la amavo". "Ero con JonBenet quando è morta". "La sua morte è stata un incidente". "Io amo JonBenet". "La amavo". A Bangkok, accanto a un responsabile della polizia tailandese che posa sorridente per i fotografi, John Mark Karr risponde con voce pacata ai reporter. Si sente innocente? "No". Sarà l’esame del Dna a chiudere il caso di JonBenet Ramsey, la reginetta di bellezza uccisa a Bolder, Colorado, la notte di Natale del 1996, "la ragazzina più famosa della nostra epoca" come scrisse Joyce Carol Oates. Dopo dieci anni, hanno arrestato un uomo. Sarà estradato negli Usa nel giro di un settimana. E’ un americano biondo di 41 anni, ex supplente di scuola media, divorziato con tre figli, che visse per un certo periodo accanto ai Ramsey quando stavano in Georgia. Arrestato in California nel 2001 per pedopornografia e presto rilasciato su cauzione, allora è stato lasciato dalla moglie ed è sparito dagli Stati Uniti. Ha fatto il maestro, l’istitutore e seguito bambini in giro per il mondo, così dice il suo curriculum online. La polo azzurra chiusa all’ultimo bottone, pantaloni khaki, esile, modi distinti, parla mentre la polizia lo riporta in hotel a prendere le sue cose: "E’ importante per me che tutti sappiano che la amo molto, che la sua morte non è stata intenzionale". Il Blooms è un albergo a ore da 170 dollari al mese nel quartiere del sesso. Karr era arrivato a Bangkok dalla Malaysia il 6 giugno. Negli ultimi anni ha vissuto in Asia e in Europa (sembra anche a Milano). In Thailandia, dove di recente era già stato cinque volte, aveva appena trovato un lavoro in una scuola per stranieri. Martedì era il su primo giorno. La mattina dopo, alle sei del mattino, è stato arrestato. "Non ha fatto resistenza, si è mostrato sorpreso" ha detto Ann Hurst dell’ambasciata Usa. Ha chiesto: "Perché mi arrestate?". Ai poliziotti thailandesi ha detto che l’accusa non può essere omicidio di primo grado. "E’ stato un incidente", ripete ai giornalisti. "Ci vorrebbero ore per descrivere tutto". Com’è entrato in casa Ramsey? "No comment". Conosceva la famiglia? "No comment". Cosa è successo? "E’ una serie di eventi legati uno all’altro. E’ molto doloroso per me parlarne". JonBenet fu uccisa la notte di Natale, di ritorno da una sfilata di bellezza, nella villa di famiglia in stile Tudor. Fu il padre a trovarla, nella cella dei vini, ore dopo averne denunciato la scomparsa: la mattina di Santo Stefano JonBenet non era nella sua stanza, e sulle scale c’erano tre fogli scritti a mano con una bislacca richiesta di riscatto: 118 mila dollari. Non era un rapimento. La bimba rinchiusa nella cantina aveva mani legate, il cranio sfondato, sul collo un segno di corda. L’assassino l’aveva strangolata, usando il manico di un pennello per stringere. Segni di violenza sessuale. Sulla biancheria e sotto le unghie tracce di Dna, sul muro della finestra un’orma di scarpa. La madre Patsy parlò alla Cnn: "Tenetevi stretti i vostri figli. C’è qualcuno là fuori...". Patsy è sepolta nel cimitero di Marietta, sobborgo di Atlanta, accanto alla figlia. E’ morta lo scorso giugno, a 49 anni, per un tumore alle ovaie. Ieri qualcuno le ha lasciato un messaggio in un foglietto: "Dear Patsy, la giustizia è arrivata per te e John. Riposa in pace". Se c’è qualcosa di più tremendo che sopravvivere a tua figlia, è sopravvivere essendo accusati della sua morte. John e Patsy Ramsey non hanno mai ricevuto un’incriminazione formale. Ma per la polizia sono stati a lungo i principali sospettati, se non gli unici. La pista era quella, e i mass media la seguirono. Un altro caso O.J. Simpson. Gli indizi? La calligrafia del biglietto del sequestratore assomigliava a quella della madre. E se il killer veniva da fuori, come giuravano i genitori, perché non c’erano impronte nella neve? La neve, in realtà, era quasi sciolta. Anche il governatore del Colorado puntò il dito contro i genitori. E il movente? L’efferatezza del delitto? Una madre può strangolare la propria figlia? Per molti la prima colpa dei Ramsey stava a monte: aver fatto di una bambina di sei anni un fenomeno da baraccone, una reginetta "da vendere", vestita da baby vamp con il rossetto acceso. E poi i genitori non avevano collaborato granché con la polizia, erano tornati in Georgia pochi mesi dopo l’omicidio. Soltanto nel 2003 i Ramsey uscirono del tutto dalle indagini (probabilmente grazie all’esame del Dna). Giù il sipario sull’omicidio della bimba più famosa d’America. La casa di Bolder cambia proprietari tre volte (ora è in vendita per 1,7 milioni di dollari). John Ramsey si candida alla Camera senza successo nel 2004, Patsy si ammala. "Vorrei che fosse qui ora", ha detto ieri l’avvocato di famiglia Lin Wood. Non ha vissuto abbastanza per vedere in faccia John Karr. Ma le avevano detto che c’era una nuova pista. "Patsy sapeva che la polizia era vicina a un arresto", ha raccontato ieri il marito. Nessuna accusa formale: "C’è ancora molto lavoro da fare", dice il magistrato Mary Lacy a Bolder. Come sono arrivati a Karr? E’ stato lui stesso a uscire allo scoperto. Lettere e e-mail. Era ossessionato da JonBenet: lo dice la moglie divorziata a Petaluma, California. Lo ha detto alla polizia un professore di giornalismo all’università del Colorado che nel 2004 ha prodotto un documentario dal titolo: "Chi ha ucciso JonBenet?". Karr gli scrive. I suoi messaggi diventano sempre più "disturbati". Il professore parla alla polizia. La caccia all’assassino riprende. Il reo-confesso Karr per gli inquirenti è solo un sospettato. L’ex agente Fbi John Douglas, uno dei pochi a credere fin da subito all’innocenza dei Ramsey, oggi dice: "Potrebbe aver ucciso altre volte". Michele Farina