Varie, 17 agosto 2006
CERVI
CERVI Mario Crema (Cremona) 25 marzo 1921. Giornalista. Editorialista del Giornale (di cui fu dal 1997 al 2001 direttore) • «Il garbo squisito dei suoi modi è sempre stato riconosciuto anche dagli avversari più agguerriti. Ma Mario Cervi, con il tratto stilistico di chi non alza mai la voce, di chi è allergico alle pose dei duelli rusticani e non scambia mai la sostanza di uno scontro aspro però leale con le sceneggiate delle botte da orbi tra narcisi e primedonne, è un uomo di convinzioni forti, un combattente gentile che non rinuncia alle sue idee [...] è stato uno dei gioielli di casa che Indro Montanelli convinse ad abbandonare via Solferino per dare vita all’avventura del ”Giornale”. Per il ”Corriere della Sera”, il cui ricordo Cervi continua a portare dentro di sé con un sentimento di appartenenza che non è mai venuto meno, fu una perdita gravosa. Le sue cronache e i suoi reportages (ultimo quello dal Cile sconvolto dal golpe di Pinochet) attiravano la stima e la considerazione di tutti, dentro e fuori il giornale. La sua onestà integrale, unita alla stoffa del conservatore mai incline a deformarsi nella caricatura parruccona del reazionario, era considerata un esempio in un mondo percorso da terribili e faziose rivalità. Lui non si imbarcò nella scialuppa di Montanelli a cuor leggero, ma del quotidiano montanelliano divenne subito ciò che tutti prevedevano sarebbe diventato: un pilastro indispensabile per dare alla nuova creatura una rotta coerente, una qualità di scrittura elegante ed efficace, un elemento di moderazione e di umiltà. Cominciò a formare con Montanelli la coppia di autori dei volumi di storia italiana: lui ne ebbe un ruolo fondamentale, ma non si sognò mai di rubare la scena al grande principe del giornalismo italiano. Non per modestia innata, ma per la passione di una battaglia culturale comune. Di minoranza, ma ferma sulle sue posizioni. [...] Cervi segue Montanelli nella tormentata avventura della ”Voce” con un tocco di lealtà all’amico e al sodale che gli rende onore. Ma le sue convinzioni profonde lo spingerebbero a proseguire la battaglia senza abbandonare il gruppo del ”Giornale”. Cominciano per Cervi anni di amarezze profonde. Non sopporta la santificazione di Montanelli a sinistra, da quello stesso mondo che ha bollato per anni addirittura come ”fascista” ”Il Giornale” e come ”fascisti” i lettori che rischiavano molto, negli anni Settanta, a esibire una copia del quotidiano maledetto. Sente con intensità [...] il peso di una rottura irrevocabile, lo svanire di una battaglia comune, lo strappo che si produce in un mondo che aveva resistito quasi due decenni in una trincea di minoranza. Uno strappo che non si ricucirà più. Sebbene i rapporti personali tra i due sodali non si siano incrinati fino alla morte di Indro Montanelli nel 2001. [...]» (Pierluigi Battista, ”Corriere della Sera” 14/5/2009) • «[...] i fortunatissimi libri della Storia d’Italia che avevano la firma di un binomio ormai celebre - Montanelli&Cervi - in realtà furono scritti soltanto ed esclusivamente da Mario Cervi, che accolse il sigillo dell’accoppiata per la vecchia amicizia che lo legava al suo direttore (ma anche, senza voler essere troppo maligni, per la convenienza commerciale d’un nome che era sinonimo di best-seller). Cervi lo scrive [...] nella sua bella e interessante autobiografia, Gli anni del piombo. L’Italia fra cronache e storia [...] ”Voglio esser chiaro: i libri a quattro mani con Montanelli li ho scritti io”, dice senza equivoci. Ma poi, con il distacco da gentiluomo d’antàn che ha sempre contraddistinto la sua lunga carriera professionale, aggiunge: ”Non vorrei essere frainteso. L’apporto di Montanelli a quei tredici libri è stato fondamentale”. [...]» (Mimmo Cándito, ”La Stampa” 11/6/2009).