Paola Zanolli, La Stampa 14/8/2006, pagina 34., 14 agosto 2006
Non dovete giudicare una suora che si innamora. La Stampa, lunedì 14 luglio «Abbandonare il velo non vuol dire non essere degna, rappresentare un cattivo esempio per la comunità, cambiare interiormente
Non dovete giudicare una suora che si innamora. La Stampa, lunedì 14 luglio «Abbandonare il velo non vuol dire non essere degna, rappresentare un cattivo esempio per la comunità, cambiare interiormente. I principi restano oltre l’abito monastico. Semplicemente, prima vengono messi in pratica da una religiosa, dopo nella vita di una laica». Angelica, suora-infermiera, indossa la tonaca da 23 anni e nel suo lungo percorso di fede ha visto tante altre monache, oltre alle sette che negli ultimi due anni hanno lasciato il convento per sposare altrettanti detenuti conosciuti mentre si occupavano di volontariato penitenziario all’interno del carcere delle Vallette, affrontare il dramma della crisi vocazionale: «Siamo esseri umani anche noi, con le nostre paure, le nostre incertezze, i nostri conflitti interiori. Con la consacrazione e donazione incondizionata a Dio abbiamo rinunciato alla nostra individualità per renderci disponibili verso gli altri. Ma le tentazioni ci sono anche lungo il percorso di fede e di preghiera». Non ne parla volentieri. Il loro mondo è e deve restare impenetrabile per gli estranei. Ma non nasconde che il problema della crisi delle vocazioni c’è, in tutti gli ordini: «E’ il dramma interiore del mistero della fede: da una parte il desiderio di restare sposa di Cristo e madre dei credenti e dall’altra quello di diventare moglie e mamma di un bimbo a cui sei tu stessa a dare la vita». Suor Angelica conosce le storie di alcune delle ex religiose che hanno trovato l’uomo che le ha fatto perdere la testa dietro le sbarre del carcere. «Amori impossibili, almeno in apparenza. Amori derisi e osteggiati da molti, e temuti dai protagonisti. Ma veri, e in alcuni casi così forti da resistere a ogni avversità» esclama. E racconta: «Una monaca non può custodire nel suo cuore dubbi così forti e la confessione del problema le fa franare il mondo addosso. Sono stata molto vicina a una di queste sorelle. Ricordo le sue preghiere al Signore affinché allontanasse da lei l’inquietudine e la tentazione di abbandonare il velo. Ricordo le parole di profonda spiritualità che le rivolse padre Ruggero Cipolla, ora 95 anni, per molto tempo cappellano del carcere ”Lorusso e Cotugno” e ancora oggi assistente spirituale di chi si occupa di volontariato penitenziario. E ricordo il volto della madre superiora del convento quando le ha chiesto di lasciare subito la tonaca». Suor Angelica giustifica il gesto della badessa: «Ha agito così perché doveva farlo, perché nel momento in cui una suora ha dei dubbi la sua strada è già segnata». Del resto l’accesso al convento per consacrare la propria vita a Dio con i voti di castità, povertà ed obbedienza, non è semplice. Non basta bussare alla porta del monastero e chiedere di essere accolta come novizia. Le madri superiore consigliano di aspettare, affrontare la vita, e semmai ritornare quando si è raggiunta la sicurezza di una forte vocazione, priva di ombre. Quindi, una volta accolte, prima l’internato da novizia, poi i voti. E in ogni convento, di qualunque ordine religioso, c’è sempre chi ti mette alla prova, per verificare se la vocazione è vera o piuttosto un ripiego, se la rinuncia a tutto ciò che significa essere donna, dagli attributi di femminilità alla percezione della propria corporeità, è consapevole. «E’ stata proprio la madre superiora - racconta ancora suor Angelica - dopo il matrimonio dell’ex sorella, a chiederci di aiutarla a preparare il corredino per il bimbo che gli sposi hanno intenzione di mettere al mondo. E’ già pronto ed è custodito nell’”Armadio di San Cristoforo” (l’Armadio Indumenti istituito nel 1961 per la distribuzione di capi di abbigliamento e per la casa a chiunque ne abbia bisogno). Ora aspettiamo solo il lieto evento». Paola Zanolli