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 2006  agosto 17 Giovedì calendario

Chi disarmerà Hezbollah? Corriere della Sera, giovedì 17 agosto  inutile cercare nella risoluzione 1701 una risposta alla domanda – chi disarmerà gli Hezbollah? – che domina le discussioni politiche, non soltanto italiane, delle ultime ore

Chi disarmerà Hezbollah? Corriere della Sera, giovedì 17 agosto  inutile cercare nella risoluzione 1701 una risposta alla domanda – chi disarmerà gli Hezbollah? – che domina le discussioni politiche, non soltanto italiane, delle ultime ore. La risoluzione è un documento diplomatico, negoziato ad nauseam, stiracchiato di qui e di là come una coperta stretta, pieno di inviti, esortazioni, considerazioni, constatazioni e riferimenti ad altre risoluzioni che languono da anni negli archivi del Palazzo di vetro. Paradossalmente la vaghezza, in alcuni dei passaggi essenziali, non è il suo difetto. la dimostrazione della straordinaria abilità con cui i suoi redattori hanno deliberatamente inserito nel testo le vie d’uscita e gli argomenti a cui potrà appellarsi chiunque voglia indirizzare la risoluzione nel senso desiderato. Esiste la possibilità di evitare che anche la risoluzione 1701, come tante altre, resti lettera morta? In linea di principio, sì. Basterebbe che tra Unifil e le Nazioni Unite esistessero gli stessi rapporti che intercorrono, durante una guerra, fra un esercito nazionale e le autorità politico-militari da cui dipende. Basterebbe che esistesse a New York un organo autorizzato ad affrontare situazioni impreviste, valutare i rischi, dare istruzioni. Il problema non è nuovo. Nel 1992, quando un vertice del Consiglio di Sicurezza gli chiese un documento sul funzionamento dell’organizzazione dopo la fine della guerra fredda, il segretario generale Boutros Boutros-Ghali presentò una «Agenda della pace» con cui propose, tra l’altro, la creazione di una forza permanente alle dipendenze dell’Onu. Più recentemente uno storico americano, Paul Kennedy, ha indicato il numero dei soldati che dovrebbero farne parte (100 mila) e ha fatto due proposte specifiche: la rinascita del Comitato militare (Military Staff Committee), previsto dalla Carta ma in letargo dal luglio del 1948, e la creazione di un Servizio d’Intelligence. Se l’Onu disponesse di un cervello militare e non dovesse chiedere ai servizi segreti dei suoi membri le informazioni di cui ha bisogno, la risoluzione 1701 avrebbe un diverso valore. Ma questo accadrebbe soltanto se le grandi potenze (e in primo luogo gli Stati Uniti) acconsentissero a perdere una parte della loro sovranità: una ipotesi che nessuno, oggi, è disposto a prendere in considerazione.  inutile quindi rimproverare l’Onu per la sua impotenza. Nelle grandi crisi la maggiore organizzazione internazionale dispone dei poteri che i suoi membri sono pronti ad accordarle. Agisce bene nei rari casi in cui esiste un accordo sugli obiettivi da raggiungere. Si muove con molte ambiguità ogniqualvolta il suo mandato è intenzionalmente impreciso. Non avremmo il diritto di sorprenderci e di indignarci, quindi, se constatassimo nelle prossime settimane che le milizie Hezbollah conservano i loro arsenali, che l’esercito libanese non può o non vuole disarmarle e che Unifil preferisce guardare dall’altra parte. Qualcuno osserverebbe allora che un tale compito, del resto, non è facile nemmeno per chi può agire con maggiore forza e autonomia. Anche in Iraq esistono milizie armate affiliate a partiti politici. E anche in Iraq, come in Libano, è stato ripetutamente chiesto al governo di sciogliere e disarmare queste bande militari. Ma il governo di Bagdad teme di dare un colpo mortale ai traballanti equilibri del Paese e gli Stati Uniti, potenza vincitrice e occupante, sanno che l’operazione comporta molti rischi. Non è giusto pretendere da Unifil e dal governo di Beirut più di quanto possono fare gli americani e il governo iracheno. Sergio Romano