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 2006  agosto 14 Lunedì calendario

Autistici i figli della provetta 3.066. Corriere della Sera, lunedì 14 agosto Questa è la storia di Joshua, Cheyenne e Allyson, 24 anni in tre, figli di un numero, 3

Autistici i figli della provetta 3.066. Corriere della Sera, lunedì 14 agosto Questa è la storia di Joshua, Cheyenne e Allyson, 24 anni in tre, figli di un numero, 3.066, il donatore del seme dal quale sono stati concepiti. Si sono incontrati la prima volta il 25 giugno a Fresno, in California. Hanno giocato, hanno riso, si sono strattonati, baciati, abbracciati. Si sono riconosciuti e accettati. Biondi, occhi azzurri, i denti grandi dei bambini che crescono. Hanno in comune il papà e qualcosa in più: Joshua è sensibile al rumore e non indossa mai indumenti con l’etichetta, anche Cheyenne non sopporta i suoni troppo forti e cammina sulle punte. Sono disturbi dello spettro autistico. Altri due ragazzini, nati grazie allo stesso sperma 3.066 della California Cryobank, hanno la sindrome di Asperger. Tre sono sani. «Non può essere un caso, ci deve essere una responsabilità genetica da parte del padre», ha raccontato all’agenzia di stampa Ap Michelle Jorgenson, mamma di Cheyenne, che ha organizzato l’incontro tra i fratelli. Michelle vive a Sacramento. Osservando sua figlia, la singolarità di certi atteggiamenti, si è chiesta se capitasse soltanto a lei o se fosse comune ad altri nati con la fecondazione. Ha chiesto aiuto al sito Internet Donor Sibling Registry, che dal 2000 permette ai «fratellastri/sorellastre» di tutto il mondo di conoscersi. Così è entrata in contatto con Jenafer Elin, la madre di Joshua. Poi con Dawn Warthen, mamma di Allyson. Poi con le altre. «Ho chiesto spiegazioni alla Criobanca di Los Angeles, ma mi hanno sbattuto il telefono in faccia», è andata avanti Michelle. Del donatore numero 3.066 si sa soltanto che è un attore di origini norvegesi e tedesche. L’unica anomalia che ha segnalato alla banca nel suo profilo sanitario riguarda la nonna paterna, soffriva di pressione alta. Ha spiegato Cappy Rothman, direttore sanitario della California Cryobank: «Adesso accanto al suo nome, nel nostro archivio, c’è scritto restricted: le donne che intendono restare incinte con il suo seme sanno di doversi assumere il rischio che il neonato possa avere qualche "problema metabolico"». La parola «autismo» non compare. «Non è una nostra responsabilità accertare queste cose. nostro dovere sottoporre i donatori a esami per l’epatite e l’Hiv, perché questo è quanto fissato dalla legge. Nulla di più». Difficile stabilire, in questa storia, quale sia il confine tra l’etica, la legge e la privacy. «La maggior parte delle email che riceviamo arriva da genitori di piccoli con problemi di salute, cercano risposte a malattie genetiche, croniche o comportamentali. E anche in casi di emergenza vera le banche del seme sono abbottonate. molto frustrante per noi», ha detto Wendy Kramer, mamma olandese di un ragazzo concepito grazie al seme di uno sconosciuto, artefice del sito donorsiblingregistry.com che ha già aiutato 2.525 consanguinei a ritrovarsi. In Italia la fecondazione eterologa non è permessa. Eppure nessuno ignora il «turismo del concepimento», viaggi costosi, talvolta dolorosi, in Spagna, in Olanda, in quei Paesi dove la legge è più elastica. Nel caso di Joshua, Cheyenne e Allyson, e degli altri quattro fratelli che ancora non si conoscono, c’è un elemento in più. Dallo studio del donatore numero 3.066 si potrebbero trovare importanti collegamenti tra l’autismo e i cromosomi sessuali. «Questa malattia ha una forte componente genetica. Sono da 20 a cento i geni che, combinandosi, potrebbero provocarla», ha riflettuto il neuropsichiatra infantile Paolo Curatolo, professore all’università Tor Vergata di Roma. «Oggi non siamo in grado di stabilire prima del concepimento e neppure durante la gravidanza se c’è un rischio. Non sappiamo se uno dei genitori svolga un ruolo più determinante rispetto all’altro. Per adesso il dato certo è che nei maschi la malattia è più frequente che nelle femmine, con un rapporto di 4-5 a uno. La storia dei fratellini americani e del loro padre biologico meriterebbe di essere approfondita». Elvira Serra