Varie, 17 agosto 2006
TIEZZI
TIEZZI Enzo Siena 4 febbraio 1938. Chimico • «L’anno scorso Enzo Tiezzi ha ricevuto la medaglia del Premio Prigogine. Oggi denuncia solitario la dittatura mediatica dei Veronesi, dei Boncinelli, dei Garattini, che accreditano uno scientismo radicale senza badare ai rischi che la loro visione comporta per l’evoluzione della specie. ”Non si muove foglia senza che questi non vogliano. Oggi c’è una corsa a dimostrare che manipolazioni genetiche, ingegneria genetica e clonazione sono il futuro della scienza, e chi dice: attenzione, rispettiamo il principio di precauzione, viene tacciato di reazionario oscurantista. Io sono vecchio, ma si metta nei panni di un giovane che vuole far carriera e dica no alla dittatura mediatica di Boncinelli, Veronesi e Garattini… sono cavoli suoi”. Di Tiezzi certo tutto si può dire tranne che non sia uno scienziato serio. Il suo libro più famoso, Tempi storici, tempi biologici, uscito nel ”76, tradotto in venti lingue, risulta oggi una lettura profetica. Il suo maestro, Ilya Prigogine (Nobel), prima di morire gli ha affidato la direzione della collana del Wit, Wessex Institute of Technology, da lui stesso fondata e frequentata da luminari universalmente apprezzati come il chimico danese Sven Jorgensen, l’americano Bob Ulanowicz, la fisica indiana Vandana Shiva. I suoi allievi – Tiezzi insegna da quarant’anni Chimica fisica all’Università di Siena – lavorano oggi nei migliori laboratori del mondo, chi al Mit di Cambridge (Mass.), chi al Max Planck Institut di Monaco di Baviera, chi a Columbus nell’Ohio, chi a Copenaghen. Eppure, il professore non ha nulla del fanatico integralista. Non fa parte di quegli scienziati oltranzisti disposti a qualsiasi cosa pur di spostare in avanti i limiti della conoscenza. Si professa un convinto difensore dell’’incredibile capitale umano italiano” e ne biasima senza mezzi termini lo sperpero, viste le cifre ridicole che l’industria, l’impresa e lo stato italiani investono nella ricerca scientifica. Ambientalista, ecologista, fautore dello sviluppo sostenibile e professore vecchio stampo, non ha paura di contestare la demagogia di chi vorrebbe risolvere tutti i mali dell’università abolendo la cooptazione, che lungi dall’essere un indice di baronia resta ancora, ai suoi occhi, ”l’unico modo serio per instradare i giovani studiosi”. Che sia un non conformista, un libero di spirito lo s’intuisce anche dalla posizione che, pur da uomo di sinistra, ha assunto nella campagna per il referendum sulla legge 40. Era contrario all’abrogazione e quindi si è astenuto. [...]» (Marina Valensise, ”Il Foglio” 5/8/2006).