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 2006  agosto 13 Domenica calendario

Soru, guerriero per la Sardegna al centro del mondo. La Stampa, domenica 13 agosto «Siamo un popolo e una nazione»

Soru, guerriero per la Sardegna al centro del mondo. La Stampa, domenica 13 agosto «Siamo un popolo e una nazione». Il governatore della Sardegna, Renato Soru, lo ha detto un paio di settimane fa, ma chissà quante volte l’ha pensato. Vengono alla memoria i pomeriggi trascorsi a metà degli Anni Novanta nella villa di Nichi Grauso. Era il tempo in cui Grauso scialacquava i quattrini nel delirio irrefrenabile e romantico della nuova frontiera. Era andata così: un giovane olandese aveva aperto il computer, un grosso e antidiluviano portatile. Aveva scritto sul monitor un messaggio a un’amica. Poi aveva digitato uno strano indirizzo contentente uno strano segno, la «@». Pochi secondi dopo era arrivata la risposta. Grauso stramazzò dall’eccitazione. Per gli altri era un giochino. Per lui fu pura visione rivoluzionaria. Internet non è soltanto il pozzo dentro cui Soru ha trovato i miliardi. Internet, per Soru, è un concetto esistenziale. Lo è per lui, come per tutti i pionieri che accompagnarono Grauso in quella folle ed esaltante avventura, quella di «Video on line», nel 1995 troppo all’avanguardia per avere successo. Chi conosce quelle facce e quelle storie sa che non c’è nulla di strano quando Soru stende il suo programma politico e dentro ci mette una frase così: «Non esistono i liberatori, ma i popoli che si liberano». Piacerebbero anche a Pontida, proclami del genere. Ma in Padania è tutto rimasto poco oltre il folclore, travolto per di più da azzardate accuse di razzismo. In Sardegna è un sentimento fortificato dal mare che è il confine e il muro della regione. Il nonno di Nichi Grauso era un napoletano che attraversava il Tirreno per portare la pasta fresca in Sardegna. Il babbo di Nichi Grauso era un fornitore, e viaggiava, e consegnava le derrate al babbo di Renato Soru, commerciante. Eccolo il sugo della storia: essere lontani dagli altri, rischiare la vita in mare per fare commerci, per resistere. Oggi, che vuole un nuovo statuto di autonomia per la Sardegna, e gli viene negato, Soru lo ripete: «Resisteremo». E forse ricorda la parabola del pescatore di pescecani, che piaceva tanto a Grauso. Aveva contato fino a ventotto i passaggi della pinna di pescecane, dal pescatore australiano alla tavola di un ristorante di Tokyo. Quanti passaggi poteva eliminare Internet? E quanta gente poteva liberare? Adesso lo chiamano marxista, quelli del Billionaire. Soru invece è un sardo e non vuole essere altro. La tassa sul lusso, da cui i residenti sono esclusi, è la trasposizione concreta di uno dei suoi manifesti di propaganda: «Turismo sì, invasione no». Lo smantellamento della base americana della Maddalena discende da un proclama: «Basta con le servitù militari». Queste sono le parole di Soru: popolo, nazione, invasione, servitù, libertà. E ci sono le cose fatte, l’adozione della lingua sarda negli atti amministrativi della Regione, l’allestimento della biblioteca digitale della cultura sarda, che a maggio contava già cinquantamila pagine di documenti. «Non potevo che andare a conoscere Grauso», ricordò Soru quando già la sua «Tiscali» valeva miliardi su miliardi. Si dice Tìscali, con l’accento sulla «i». «Tiscàli», con l’accento sulla «a», era invece come un portale web ai tempi della pietra. Internet, dice Soru, è nato in Sardegna migliaia di anni fa. Nei giorni del suo fulminante successo, raccontava che i nuraghi non erano soltanto fortificazioni adiacenti ai centri abitati. «In Sardegna i nuraghi sono oltre duemila, tutti collocati in luoghi dove da uno si può vedere l’altro e dall’altro essere visti. Dove da uno si può far segnali all’altro e dall’altro riceverne». Una rete. Le informazioni viaggiavano più velocemente che con il più veloce dei messaggeri montato sul più veloce dei cavalli. L’arrivo dal mare dei predatori era comunicato con la rapidità necessaria a organizzare la resistenza. Per chi è isolato e quindi minacciato, periferico e quindi tagliato fuori, la rapidità è la salvezza. Tiscàli, con l’accento sulla «a», è un villaggio nuragico, molto ben conservato, raggiungibile soltanto a piedi attraverso sentieri e indicato da frecce tracciate sulla pietra. E’ nella Barbagia. Lì ci sono le grotte dentro cui riparavano, salvandosi, gli isolani aggrediti dai pirati e dai conquistatori. Tìscali, con l’accento sulla «i», è stata la rivincita di Nichi Grauso e della sua terra. Soru, l’imprenditore della Rete, era nato a «Video on line». E grazie all’esperienza di «Video on line» era andato a Praga e vi aveva fondato «Czech on line». Proprio mentre l’impresa di Grauso naufragava nelle spese senza rientri, Soru aveva conquistato il 45 per cento del mercato ed era riuscito a vendere «Czech on line» a un fondo chiuso di Deutsche Bank, Bers e Mitsubishi per sette milioni di dollari. Con quei denari tornò a casa: «Se con Internet si è al centro del mondo in Cecoslovacchia, si può essere al centro del mondo pure a Cagliari». Anche la politica è velocità di comunicazione. Conta addirittura più come lo dici di quello che dici. La politica di Soru, per esempio, ha uno slogan: «Invece di emigrare, esportiamoci». Pensa all’«isola delle imprese». Non sopporta la retorica dell’isola isolata e dell’isolamento degli isolani. Crede che basti spostare l’accento per proseguire sulla strada della salvezza, da Tiscàli a Tìscali. Al culmine del suo trionfo imprenditoriale, oggi declinante, di lui Grauso diceva: «Mi piace perché è sardo, perché la sera torna a dormire a casa a Sanluri, dove è nato. Perché Internet in Italia continua a essere un affare nostro». E Soru spiegava: «La Sardegna non avrà più ostacoli. Io sono la dimostrazione che con Internet pure un uomo di media intelligenza, proveniente da un’area disagiata del Paese, può fare qualcosa di buono. La dimostrazione che la mia terra non è necessariamente periferia». Come il nonno di Grauso, Soru continuava a navigare verso tutti i porti, ma da casa. E a questo orgoglio adesso se ne aggiunge un altro: «Se la nostra identità sarà protetta e saprà svilupparsi nel mondo moderno, potremo far fruttare...». Un popolo, una nazione e un nazionalismo. Mattia Feltri