Giuseppina Manin, Corriere della Sera 14/8/2006, pagina 27., 14 agosto 2006
Fo: io ho confessato il mio passato. Grass ha fatto male a parlare solo oggi. Corriere della Sera lunedì 14 agosto «Certo, il silenzio di Grass, così lungo, così ostinato, pesa come un macigno
Fo: io ho confessato il mio passato. Grass ha fatto male a parlare solo oggi. Corriere della Sera lunedì 14 agosto «Certo, il silenzio di Grass, così lungo, così ostinato, pesa come un macigno. Sulla Germania e, certo, su di lui. Tenere dentro per tutta la vita una colpa equivale inevitabilmente a ingigantirla, a farla dilagare a dismisura. Finché a un certo punto lo stomaco, o l’anima, hanno dovuto sputarla fuori». Pensieroso, Dario Fo ripensa all’outing tardivo dello scrittore tedesco che tanto scalpore sta suscitando. Ci pensa con cognizione di causa, consapevole delle molte, singolari, affinità che lo uniscono a Grass. Entrambi ottantenni, entrambi uomini di una sinistra rigorosa, impegnati a tempo pieno nella vita culturale e politica, entrambi autori di testi letti e tradotti ovunque nel mondo. Entrambi premi Nobel: Fo nel ’97, Grass nel ’99. In più, come Grass, anche Fo ha avuto un trascorso giovanile a destra, qualche mese nella Repubblica di Salò, prima nella contraerea poi nei paracadutisti. «E’ successo pressappoco nello stesso periodo in cui lui si era arruolato nelle Waffen- SS. Grass aveva 16 anni, io 17. Lui lo fece, a quanto racconta, per fuggire dalla famiglia e attratto dall’idea di andare a combattere negli U-Boot, io per non finire a lavorare in Germania, come succedeva a quelli che si rifiutavano di entrare nell’esercito. Un modo per defilarmi certo non glorioso, ma a quei tempi dalle mie parti, sul Lago Maggiore, con i gruppi partigiani allo sbando, fummo in molti a farlo. Una "fuga" seguita da tante altre: in poche settimane me la battei dalla contraerea, nei parà durai solo 40 giorni. E quindi mi imboscai sul serio, dentro un capanno nella brughiera, fino alla Liberazione. Una parentesi di cui non mi vanto, ma che non ho neanche mai tentato di nascondere. Di conseguenza non ho mai avuto l’angoscia di venir "scoperto". Anche, se a più riprese, la destra ha cercato di sfruttare questo capitolo, imbastendo ogni sorta di falsità». Stare nelle file dei repubblichini, anche se defilati, non dev’essere stata comunque una passeggiata... «Mah, dentro c’era un po’ di tutto, perfino delle brave persone. Certo i fanatici non mancavano. Ricordo certi ufficiali terribili già a vedersi, gente che non ci metteva niente a farti secco se si accorgeva che tu stavi lì per portare a casa la pelle. Quando, anni dopo, ho letto Il buon soldato Schweyk messo in scena da Brecht, uno che attraversa gli orrori della guerra con l’unico proposito di sopravvivere, mi sono detto: è la mia storia». Ma da noi, aggiunge, erano ancora rose e fiori. «A salvarci, noi italiani abbiamo sempre avuto l’ironia, dote meno diffusa in Germania dove l’idea di essere il popolo "über alles", di avere una missione da compiere, doveva essere diffusa. Il giovane Grass di sicuro si arruolò spinto da pulsioni romantiche e gloriose, da noi invece vigevano l’opportunismo e senso di sopravvivenza. Alla fine meglio noi. Per dirla con Brecht, beato il popolo che non ha bisogno di eroi». Un sospetto di opportunismo postumo corre però ora in Germania, dove molti sospettano che dietro il «colpo di teatro» di Grass ci sia un’abile manovra pubblicitaria per lanciare la sua autobiografia, di prossima uscita. «Non credo proprio – ribatte Fo ”. Uno come lui non rischierebbe certo la reputazione, il credito messo insieme in una vita, per vendere un libro. Addirittura ho letto che qualcuno vorrebbe che rinunciasse al Nobel... No, se si vuole la "punizione" lui se l’è già inflitta con quell’autobiografia. Dev’essergli costata sangue, mai avrebbe voluto scriverla. Ma a un certo punto ha "dovuto" farlo. Pur sapendo che il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo». E non tanto per la «colpa» in sé ma per averla taciuta così a lungo. «Tacere talora equivale a mentire. Adesso però, che ha finalmente trovato la forza della verità, Grass magari ne uscirà ridimensionato, perderà in parte il suo credito, lo smalto di intellettuale sopra ogni sospetto, ma forse diventerà anche più "umano", più vicino alle fragilità di tutti. Sarà interessante rileggere la sua opera alla luce di questo segreto svelato. Che certo non sarà l’unico. Attendo con gran curiosità la sua autobiografia. Per saper di più su Grass, ma anche su altre pagine ancora sotto chiave. Per esempio, quando racconta dell’incontro nel campo di prigionia con il giovane Ratzinger. I soldati delle SS erano tenuti in campi distinti dagli altri. Come mai allora il futuro Papa si trovava anche lui là?». Giuseppina Manin