Ennio Caretto, Corriere della Sera 13/8/2006, pagina 31, 13 agosto 2006
Anaïs Nin, una moglie per due. Corriere della Sera, domenica 13 agosto Washington. Il giorno che Anaïs Nin morì, il Los Angeles Times eilNew York Times pubblicarono quasi lo stesso necrologio
Anaïs Nin, una moglie per due. Corriere della Sera, domenica 13 agosto Washington. Il giorno che Anaïs Nin morì, il Los Angeles Times eilNew York Times pubblicarono quasi lo stesso necrologio. Ma lo chiusero in modo diverso. «Le sopravvive – scrisse il primo – il marito Rupert Pole». «Le sopravvive – scrisse il secondo – il marito Hugo Guiler». Formalmente, aveva ragione il New York Times: al momento della morte, nel ’77, l’icona delle femministe, la regina della letteratura erotica, era la moglie solo di Guiler, con cui era convolata a nozze nel ’23. Ma sostanzialmente, il Los Angeles Times non aveva torto: per oltre un decennio, dal ’55 al ’66, Anaïs era stata sposata anche a Pole, più giovane di lei di 16 anni, da cui aveva divorziato per paura che il fisco la scoprisse, ma che non aveva mai lasciato, e al cui fianco era spirata. Una storia di passione e bigamia i cui particolari sono emersi appieno soltanto un mese fa, alla scomparsa di Pole, il duplicate husband o marito duplicato, che nel frattempo aveva dato alle stampe i suoi diari incensurati, provocando polemiche furenti. La collana «Journal of Love», formata da «Henry & June» dell’86, da «Incest» del ’92, da «Fire» del ’95 e da «Nearer the moon» del ’96. Nessuno saprà mai quando Guiler, un ricco banchiere di New York, e Pole, una guardia forestale di Mount Gabriel a Los Angeles, appresero dell’esistenza l’uno dell’altro. Anaïs Nin si alternava tra di loro per periodi di due o tre mesi, dicendo al primo che andava a riposare nella Sierra Madre, e al secondo che andava a lavorare a Broadway. Probabilmente per parecchi anni Guiler sospettò che la moglie avesse in California uno degli amanti che era consueto perdonarle, mentre Pole pensò che fosse divorziata. Ma quando conobbero la verità, pare attorno al ’66, si rassegnarono a spartirsi la scrittrice. E quando s’incontrarono sulla tomba di lei, divennero amici. Pole, a cui Anaïs Nin aveva affidato la pubblicazione postuma delle sue memorie e dei suoi diari inediti, trovò in Guiler un prezioso collaboratore. E alla morte nell’85, Guiler chiese a Pole di disperdere le proprie ceneri nella Baia di Santa Monica, dove aveva già disperso quelle di Anaïs Nin, cosa che questi fece religiosamente. Nella scandalosa collana «Journal of Love», la scrittrice svela una serie di scabrosi rapporti con alcuni degli uomini più celebri del suo tempo, adombrati o tenuti nascosti nei sette diari editi in precedenza: il romanziere americano Henry Miller, una delle sue muse; il critico inglese Edmund Wilson; lo psichiatra austriaco Otto Rahn, il suo terapista; persino suo padre – ma su ciò vi sono molti dubbi – il compositore spagnolo Joaquin Nin, che abbandonò la famiglia quando lei aveva 11 anni. E tuttavia, è indubbio che Rupert Pole fu la più grande e duratura passione della vita di questa audace vestale della rivoluzione sessuale femminile. Un apollo, riferisce la sua biografa Deidre Bair, «d’incredibile bellezza, dal volto cesellato e il corpo scultoreo delle statue greche». Pole era figlio di Reginald Pole, un attore di teatro a Los Angeles, e di Helen Taggart, un’attrice del cinema a Hollywood che in seconde nozze aveva sposato il figlio del famoso architetto Frank Lloyd Wright. La donna che Erica Jong definisce «una pietra miliare del nostro percorso nel XX secolo» e il futuro marito in seconda s’incontrarono nel ’47, in un ascensore di Manhattan, mentre si recavano allo stesso ricevimento. Lei aveva 44 anni ed era già una star letteraria, lui ne aveva 28 e recitava ne La duchessa di Malfi a Broadway. Riferisce la Bair nella sua biografia che «Anaïs trovò Rupert irresistibile», un uomo sensibile, laureato in musica a Harvard, profondo conoscitore delle filosofie orientali, ambientalista ante litteram, divorziato di recente da una Wright. «Pericolo! Deve essere un omosessuale» si confidò la Nin in un diario. Un breve equivoco: «Nel suo letto – dice la biografia – scoprì che Pole era magnificamente eterosessuale». E quando il giovane, disilluso da Broadway, decise di ritornare a Los Angeles per fare la guardia forestale, non esitò a seguirlo. Spiegò al marito che doveva aiutare un’amica a portare un’auto a Las Vegas e sparì per alcune settimane. Negli anni successivi, Anaïs Nin si divise tra i quartieri alti di New York e le foreste di Mount Gabriel. Nella Grande Mela, condusse l’esistenza lussuosa della moglie del ricco banchiere, e nella Sierra Madre quella primordiale dei pionieri, cucinando, lavando i pavimenti di legno, accompagnando il compagno a cavallo, facendo la baby sitter dei figli dei vicini. Su una costa, era legalmente la signora Guiler, sull’altra era considerata la signora Pole. In realtà, aveva sempre respinto le insistenti richieste di Rupert di sposarlo: «Il mio primo matrimonio – gli aveva risposto, avallando l’impressione del giovane che fosse divorziata – fu una prigione. Non ne vorrei una seconda». Ma nel ’55, come ammette in un diario, «sentii di avere esaurito ogni scusa» e pur di non perdere Pole abbracciò la bigamia. Si sposarono in segreto a Quartzsite in Arizona, ma lei non cambiò abitudini. Dal ’55 al ’75, quando fu colpita dal cancro che l’avrebbe uccisa in due anni, fece la spola tra le due coste. Così numerose furono le sue bugie che per non contraddirsi Anaïs Nin dovette metterle per iscritto, indicizzarle e nasconderle in una scatola che si portò sempre appresso, e battezzò «il mio trapezio». Sfiorò il divorzio da Guiler il giorno che questi intercettò per caso una telefonata di Pole: «Non so come – confessò – potei persuaderlo che si trattava di un ammiratore pazzo». Ma nel ’66, all’apice della sua fortuna letteraria, si rese conto di rischiare il carcere: figurava nella denuncia dei redditi di entrambi i mariti e sapeva che con il fisco americano non si scherza. In un doloroso a faccia a faccia con il secondo, dichiarò di non potere divorziare dal primo perché «per oltre 40 anni mi ha dato libertà ed agiatezza». Pole non si arrese, passò all’insegnamento, e in capo a un quinquennio, fece costruire la casa che lei sognava dal proprio fratellastro Eric, il figlio di Frank Lloyd Wright, nella speranza di trattenerla. Fu il cancro a farla scegliere: a 71 anni, Anaïs scelse lui. Deirdre Bair attribuisce alla modestia di Pole, «un uomo semplice e altruista»" l’accettazione della doppia vita della Nin. «Anaïs diventò la ragione della sua esistenza: diceva che irradiava luce, si sentiva felice solo con lei». Rupert lo confermò in un’intervista: «Sì, ero geloso, come lo era Hugo Guiler, ma dopo che scoprimmo i suoi inganni fingemmo di crederle tutti e due perché le volevamo troppo bene. Per me, la cosa più importante fu la nostra stupenda relazione, il matrimonio fu secondario. Soffrii, ma non le portai mai rancore, sono onorato di avere avuto un posto tanto preminente nel suo cuore». Alla memoria della scrittrice, Pole dedicò gli anni residui, lavorando alla pubblicazione dei diari con l’agente Günther Stuhlmann. L’ultimo, sulla vecchiaia di Anaïs Nin, non riuscì a pubblicarlo: fu accusato di averlo alterato e di essersi arricchito con i magistrali saggi di lei su Henry Miller, a cui aveva ispirato parte de Il tropico del cancro. Non è chiaro che fine avrà la love story di Anaïs Nin e Rupert Pole. Il «marito duplicato» ha lasciato al fratellastro Eric Lloyd Wright le proprie ceneri e alcuni scritti di lei, ma senza precise disposizioni testamentarie. E i parenti della Nin – la scrittrice non ebbe figli – rivendicano ora il suo patrimonio letterario. Nella casa di Silver Lake, dove Anaïs amava scolpire nella sabbia, è rimasta la seconda compagna di Pole, Kazuko Sugisaki, la traduttrice dei suoi lavori in giapponese. E tra i critici è battaglia sulla autenticità di molti passi dei diari incensurati. Ma non è escluso che uno dei triangoli amorosi più straordinari della storia si concluda nella maniera più romantica, con la dispersione nella baia di Santa Monica anche delle ceneri di Rupert. Ennio Caretto