Varie, 16 agosto 2006
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SIMIONATO Giulietta Forlì 12 maggio 1910, Roma 5 maggio 2010. Mezzosoprano • «[...] debuttò nel 1927; nel 1933, vincendo il Concorso Bel Canto di Firenze, ebbe l’opportunità di entrare come comprimaria stabile in Scala, dove nacque come primadonna nel 1947, con Mignon [
SIMIONATO Giulietta Forlì 12 maggio 1910, Roma 5 maggio 2010. Mezzosoprano • «[...] debuttò nel 1927; nel 1933, vincendo il Concorso Bel Canto di Firenze, ebbe l’opportunità di entrare come comprimaria stabile in Scala, dove nacque come primadonna nel 1947, con Mignon [...] amatissima anche dopo l’abbandono delle scene. Accadde ancora a Milano, nel 1966: a distanza di pochi mesi cantò la sua ultima Preziosilla verdiana (in Scala) e la mozartiana Vitellia (alla Piccola Scala). Dopo aver sposato il medico Cesare Frugoni, si dedicò all’insegnamento, fu sensibile talent-scout, disponibile e generosa nel testimoniare un’eterna giovinezza fondata sui ricordi senza rimpianti. Fede, nel senso più schietto, ingenuo e profondo insieme; e istinto nello scegliere i ruoli e nell’interpretarli con naturalezza e umanità. Questi due elementi, uniti a una voce da mezzosoprano autentico (svelata nell’istituto di suore di Rovigo dove aveva frequentato le scuole elementari), fecero di Giulietta Simionato una straordinaria protagonista del dopoguerra melodrammatico.
Dal 1947 al 1966 ha cantato in tutto il mondo, sostenendo oltre ottanta recite per stagione, con un ritmo fenomenale, e una tenuta impeccabile: merito della gavetta d’altri tempi. Con più di cento parti in repertorio (’Avevo una memoria di ferro e la voce molto estesa mi permetteva di spaziare”), prediletta dai grandi direttori (da Toscanini che fu commosso dalla sua audizione nel 1948, a Giulini, a Gavazzeni l’ultimo direttore) e partner dei cantanti più affermati, ebbe un rapporto d´amicizia speciale, fraterno, con Maria Callas con la quale incrociò la voce più volte in Norma e Aida, oltre che nella celebre produzione viscontiana di Anna Bolena di Donizetti. Ma i suoi personaggi furono soprattutto quelli di Valentina, Carmen, Santuzza, Eboli e Amneris in ambito drammatico oppure spiritosa protagonista rossiniana con Cenerentola, Rosina e Isabella. [...]» (Angelo Foletto, ”la Repubblica” 6/5/2010) • «[...] spregiudicata Isabella nell’Italiana in Algeri stupefacente di forza e controllo negli Ugonotti, con Joan Sutherland e Franco Corelli; tragica Jane Seymour in Anna Bolena, per la regia di Luchino Visconti e accanto a Maria Callas, di cui riuscì ad essere davvero amica. [...] Era nata a Forlì, da madre sarda: cordialità e fermezza hanno distinto il suo carattere e la carriera. Esordisce nel 1928 - ma il primo ruolo da protagonista è del 1947, Mignon alla Scala - si ritira dalle scene nel 1966, dopo una replica della Clemenza di Tito di Mozart alla Scala: il teatro più amato. Troppo presto, si disse; ma lei non si era mai pentita di questa decisione, persuasa di aver lasciato un ricordo inscalfibile. Toscanini, che la diresse nel Nerone di Boito, si commosse per la sua interpretazione della scena della morte di Rubria. Da Mozart a Mascagni, da Donizetti e Verdi a Cilea: il bel canto, la passionalità verdiana e il verismo le erano tutti congeniali, mentre ha saputo essere tra le protagoniste della prima Rossini renaissance. Voce possente ed estesa, tecnica sicura, musicalità naturale, immediata: ”Sono sempre stata un animale per la musica. Se ne sono accorte le suore dalle quali andavo a scuola a Rovigo”, diceva di sé. ”Mia madre disse: piuttosto l’ammazzo. Quando morì, tornarono all’attacco con mio padre, che era un angelo, il quale cedette”. Sapeva divertire e divertirsi, era sempre pronta la battuta polemica, e simpatica.. Ha molto amato la vita, ha avuto tre mariti, tra cui, come secondo e prediletto, il clinico Cesare Frugoni. [...]» (Sandro Cappelletto, ”La Stampa” 6/5/2010) • «[...] era superstiziosa e credeva alla cabala del numero sette. ”Lo so che sono sciocchezze. Ma a queste sciocchezze io credo”, spiegò in una lunga intervista a Amica nel 1962, quando i cantanti lirici duellavano a suon di dichiarazioni polemiche fatte sulle copertine dei rotocalchi [...] è morta [...] a sette giorni da quello che sarebbe stato il suo centesimo compleanno [...] ebbe una carriera straordinaria, dal 1927 al 1966, lanciata giovanissima da un concorso con giuria presieduta da Umberto Giordano, cantò per i grandi direttori – da Toscanini a Karajan – e al fianco di cantanti leggendari – da Gigli a Bergonzi a Di Stefano che una volta nella foga dell’interpretazione la strattonò tanto da slogarle una spalla. Fu amica di Maria Callas (alla quale comunque una volta rifilò un ceffone perché le aveva fatto il solletico) con la quale infiammò la Scala in una celebre Anna Bolena, celebrità da rotocalco anni ”50 e ”60 (un matrimonio annullato, l’unione con un famoso medico assai più anziano di lei, le ”pagelle” severissime da lei stilate per colleghi e colleghe del mondo lirico e di quello pop da lei mai amato anche se stimava Mina). Fu interprete di opere da Cimarosa al Verismo con un repertorio di sessantasette (anche qui il numero sette) ruoli: tra i quali Adalgisa nella Norma di Bellini (spesso con la Callas-Norma), Carmen nella Carmen di Bizet, Giovanna di Seymour nell’Anna Bolena di Donizetti, Isabella ne L’italiana in Algeri di Rossini, Eboli nel Don Carlo e Ulrica nel Ballo in maschera e Amneris nell’Aida e Mrs Quickly nel Falstaff di Verdi, Cenerentola di Rossini, Santuzza nella Cavalleria rusticana di Mascagni (diretta dal compositore) e La zia principessa in Suor Angelica di Puccini (anche a fianco della Tebaldi protagonista: la signorina Renata era l’unica, insieme con la Callas, a chiamarla ”Giulia”, che era il suo nome di battesimo) [...] nel 1933, giovanissima, dalla Scala era stata giudicata non ancora matura e relegata a ruoli secondari. Per apparirvi finalmente da protagonista dovette aspettare fino al 12 ottobre 1947: il ruolo di Mignon nell’opera di Ambroise Thomas. E scelse la Scala anche per l’addio: nel gennaio del 1966, Servilia nella La Clemenza di Tito di Mozart. Lascia una discografia ricchissima – anche se lei ripeteva di non riascoltare nessuna delle sue interpretazioni – e il ricordo, in chi per motivi generazionali non la vide mai cantare dal vivo, di numerose apparizioni televisive» (Mateo Persivale, ”Corriere della Sera” 6/5/2010).