Raphael Zanotti, La Stampa 8/8/2006, pagina 20, 8 agosto 2006
Bankitalia lancia la moda del pound. La Stampa, martedì 8 agosto I «verdoni» non hanno più il sex appeal di un tempo e il caro, vecchio George Washinghton dovrà rassegnarsi a far la parte del cavaliere cedendo il passo alla regina Elisabetta: è la sterlina la moneta su cui punteranno nei prossimi mesi le banche centrali europee
Bankitalia lancia la moda del pound. La Stampa, martedì 8 agosto I «verdoni» non hanno più il sex appeal di un tempo e il caro, vecchio George Washinghton dovrà rassegnarsi a far la parte del cavaliere cedendo il passo alla regina Elisabetta: è la sterlina la moneta su cui punteranno nei prossimi mesi le banche centrali europee. Il trend è stato esplicitato in modo netto dalla Banca d’Italia che ha trasformato quasi un quarto delle proprie riserve valutarie da dollari americani in sterline inglesi riducendo così la presenza della valuta statunitense dall’84 al 63% nelle proprie casse. Una scelta, quella dell’istituto guidato da Mario Draghi, guardata con molta attenzione dalle 12 banche centrali di Eurolandia perché lancia un messaggio preciso: in questo periodo, con un dollaro così incerto, meglio ripiegare verso la pur sempre valida sterlina inglese, solida e non incline ai colpi di testa. L’operazione è di quelle consistenti se si considera che il controvalore in euro del portafoglio finanziario della Banca d’Italia, al 30 giugno scorso, ammontava a circa 81,5 miliardi di euro. Da via Nazionale spiegano la mossa finanziaria come un tentativo di anticipare il probabile slittamento del dollaro nei prossimi mesi. E siccome lo yen giapponese viene comunque considerato un’incognita, ecco che la sterlina è diventata di fatto l’alternativa più valida. Anche l’analista monetario di punta di Abn Amro, Tony Nofield, ha valutato in modo positivo la mossa di Bankitalia. «Gli italiani sono stati abbastanza furbi - ha dichiarato a un giornale inglese -, non sarei sorpreso se altri stessero facendo la stessa cosa. Anche i francesi ci stanno pensando». D’altra parte già in aprile il Riksbank della Svezia aveva annunciato il taglio delle proprie riserve «dollarifere» dal 37 al 20%, mentre gli Emirati Arabi e il Qatar hanno entrambi segnalato una convergenza verso l’euro. Gli svizzeri nel 2004 hanno trasformato il 10% delle loro riserve valutarie in sterline e i russi hanno tagliato le loro riserve in dollari facendole passare dal 75 al 40%. Resistono solo Cina e Giappone, i due giganti orientali, le cui riserve ammontano a 1,8 miliardi di dollari e per cui recidere i legami con gli Stati Uniti è molto più difficile. Sul viso austero di George Washinghton stanno comparendo rughe preoccupate. I segnali di un indebolimento della presenza di valuta americana nelle casse delle banche centrali potrebbero innescare una fuga precipitosa dal dollaro e provocare una vasta crisi finanziaria. La regina Elisabetta, effige dei pound, invece, se la ride: negli ultimi due anni le riserve globali conosciute sono aumentate da 55 a 111,5 miliardi di sterline e ormai anche il Fondo monetario internazionale considera la sterlina la terza valuta del mondo dopo il dollaro e l’euro. Merito certamente della stabilità della moneta inglese, ma in molti stanno riconsiderando le scelte di isolamento dell’Inghilterra sotto una nuova luce positiva. Mantenere la propria moneta, avere un mercato proprio del greggio con il brent e altre scelte indipendenti lasciano gli inglesi liberi di muoversi fuori dagli schemi della globalizzazione e quindi rappresentare una valida soluzione quando l’economia mondiale va in crisi. Raphael Zanotti