Varie, 8 agosto 2006
MERLO
MERLO Francesco Catania 8 aprile 1951. Giornalista. Editorialista. De la Repubblica, prima stava al Corriere della Sera. Ha iniziato al Mondo • «[...] era arrivato al Corriere nell’85, poi era diventato inviato di politica a Roma. Da ragazzo, passava i pomeriggi in tipografia, alla Sicilia, dove il padre, Salvatore, era entrato come correttore di bozze e ne era uscito da amministratore unico. Lasciata la sua Catania, Merlo si trasferì a Milano, per gli studi di Filosofia e i mille lavori, fino all’assunzione al Mondo, dove fu licenziato per un articolo ”troppo di sinistra”. ”Ma imparai il mestiere alla Domenica del Corriere”. Mieli [...] iniziò ad affidare pezzi puntuti a Merlo, fino a farlo esordire in prima pagina. Nel ”92 intanto era scoppiata ”la rivoluzione”. Il quotidiano di via Solferino, protagonista del circo mediatico-giudiziario, raccontò il tracollo di una classe dirigente, e Merlo seguì la vicenda dell’autorizzazione a procedere per Bettino Craxi. In un articolo, ”Assoluzione e dissoluzione”, descrisse il segretario socialista sconfitto, con i pantaloni che quasi si slacciavano, come il suo partito in disfacimento. Direttore e giornalista ricevettero telefonate: i complimenti di esponenti della sinistra. ”Il giorno dopo ero davanti al Raphael, vidi l’uomo contro la folla, e nugoli di portaborse di deputati progressisti lanciare monete. Cambiai idea”. Merlo ne parlò con Mieli. Il legame diventava sempre più stretto e provocava le antipatie dei colleghi. Anni dopo, Merlo aveva vinto il premio ” giornalismo”, assegnato da Enzo Biagi, Indro Montanelli e Giorgio Bocca, ma quest’ultimo fece l’impossibile perché la scelta ricadesse su qualcun altro. E alla fine la spuntò. Un episodio come questo avvicinò ancora di più i due. Merlo scoprì che Mieli ”era curioso, amava le ”storie di scarto’. Stava nel potere, ma con una visione tranquilla. Né Borgia né Machiavelli, è la fecondità del potere che rassicura i diffidenti. Prima non ero mai stato così libero”. Il direttore mandava lettere, dava qualche spunto, ma ormai i due avevano raggiunto l’accordo. Una mattina, Carlo Azeglio Ciampi telefonò a Mieli: era offeso perché Merlo aveva paragonato il suo governo a quello di Facta. Il direttore cercò di spiegare, poi chiamò il giornalista: ”Avanti così”. Oscar Luigi Scalfaro ruppe con il Corriere di Mieli perché Merlo aveva composto l’elogio dell’ombra, la figlia Marianna. Al direttore toccava il compito di ristabilire un qualche dialogo con le ”vittime”, ma intanto il numero delle copie vendute cresceva. E poi, la ”solitudine” di Silvio Berlusconi, l’accenno, già nel ”96, alla malattia, e i ”pasticci” del centrodestra. Il Cavaliere si arrabbiò. Mieli: ”In fatto di rimostranze dei politici, Merlo è quello che mi ha creato più problemi”. Polo contro Ulivo? Votarono entrambi per il centrosinistra, ma, con il governo di Romano Prodi, l’Economist scrisse che il Corriere era un giornale d’opposizione. Merlo raccontò il professore come un collerico con i nervi a pezzi e poi Massimo D’Alema come un leader che si atteggia a statista, ma è a capo di una maggioranza nata dal trasformismo. Secondo Merlo, ”tutti protestavano, ma Mieli rispondeva: è la libertà del giornalista”. Fino al ”97. L’esilio? Dorato per Mieli che, poco più che cinquantenne, è direttore editoriale della Rizzoli e scrive di storia. Parigino per Merlo, di qualche anno più giovane, che dalla Francia commenta i misfatti dei ”Fratelli d’Italia” [...]» (’Il Foglio” 15/8/2000).