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 2006  agosto 08 Martedì calendario

Incognite diverse. Questa volta non si parla dello spazio o di una terra dimenticata dal tempo. La nuova esplorazione di Alessandro Cecchi Paone non muove i suoi passi nella scienza o nella storia, ma nel cuore delle persone

Incognite diverse. Questa volta non si parla dello spazio o di una terra dimenticata dal tempo. La nuova esplorazione di Alessandro Cecchi Paone non muove i suoi passi nella scienza o nella storia, ma nel cuore delle persone. E non è detto che sia meno avventurosa, meno rischiosa, meno stupefacente. Gli elementi ci sono tutti: un reality che non è un vero reality, dodici persone d’eterogeneo comportamento sessuale, una tivù satellitare di nicchia, ma che sa far parlare di sé... Questo è lo scheletro di Open Space, che aprirà i battenti a settembre sulle frequenze di Gay Tv (canale 810 di Skay) e che ancora è in via di definizione: dal lunedì al venerdì, per tre ore (dalle 21 alle 24), dodici persone - perfettamente sconosciute - dai 20 ai 40 anni, di vario orientamento sessuale, s’incontreranno in diretta all’interno di un loft, per confrontarsi, scambiarsi esperienze ed approfondire temi e argomenti d’attualità. Una trasmissione che non assomiglierà a nessun’altra e che senza dubbio farà discutere. Quasi un grido di battaglia del suo creatore. Tanto che la domanda diretta è d’obbligo: insomma, caro Alessandro, l’outing fine a sé stesso non ti bastava... «Rivelare i propri orientamenti sessuali non ha senso, se non esiste anche una profonda convinzione d’appartenza. Non basta dire ”sono gay” e poi lavarsene le mani. Essere gay (e uso questo termine per indicare tutte le minoranze sessuali) in Italia significa ritrovarsi in un Paese - unico nel mondo civilizzato - in cui non esistano leggi contro la discriminazione e pro coppie di fatto. Non riesco a vedere - a vivere - l’essere gay disgiunto dalla battaglia sociale che questo dovrebbe comportare». Però ti sei rifugiato in una piccola tivù... «Ma questo è stato perché nessuno voleva saperne, di un reality con i ”diversi”! Gay-tv mi ospita e m’incoraggia. una piccola, bella realtà televisiva svizzera, apprezzata anche dal pubblico eterosessuale... Forse la diffusione del programma non sarà enorme, ma abbiamo invitato le reti più ”trasgressive” dei grossi network (Raitre, Italia 1, LA7) a ospitare spezzoni del nostro programma per farlo conoscere a un pubblico più vasto». Spiegamelo un po’ in due parole, se ci riesci. «Dodici persone che discutono d’attualità, che parlano e discutono della propria giornata. Avranno a disposizione giornali, internet, chat, email, sms, televisione... Il mio non è un reality in cui i protagonisti stanno fuori dalla realtà. Al contrario, la realtà invaderà costantemente la trasmissione. Alla fine della trasmissione, ognuno torna alla propria vita, fino all’appuntamento della sera dopo». Ma che reality è? Non ci sono eliminazioni, nomination o quant’altro? «Beh, alla fine c’è una ”vittoria”, ma non è importante. Anche perché non sarà per eliminazione, ma inclusione. Gli spettatori voteranno chi far rimanere nel loft, non chi se ne deve andare». Naturalmente, la prima cosa che il tuo talk-reality catturerà sara la morbosità degli spettatori. Insomma, una dozzina di gay, lesbiche, bisex, trans, incerti e insicuri che chiacchierano tra loro non fanno certo notizia per le loro discussioni... «Guarda, faccio da 30 anni questo lavoro e non sono certo un illuso. Lo so che le prime puntate di Open Space saranno seguite da spettatori che s’aspettano ”chissà quale scandalo”. E magari ci sarà pure qualche benpensante che si sentirà offeso o si ergerà a paladino della morale». Però... «Però io spero anche un’altra reazione. Magari non immediata. Perché sai la scoperta che si fa quando si vive e si parla e si dialoga con i ”diversi”? Che sono ”diversi” soltanto per chi li vuole a tutti i costi giudicare così. In realtà sono persone normali. La loro stessa diversità è ”normale”, perché l’essere umano è per natura un essere ”eterogeneo” e non fatto con lo stampino, come le formiche o le pecore. E i miei ragazzi non potranno non entrare nel cuore della gente. Perché parleranno e gioiranno e soffriranno d’amore: e poco importa che sia tra due uomini o tra due donne... Emozionerà lo stesso, coinvolgerà ugualmente. A noi italiani non è mai mancato il cuore. Credo che lo avranno anche verso di noi. E se poi reti più grandi e importanti ci dedicheranno un po’ di spazio, ben venga. Così il discorso si allarga».  questa la tua speranza? «La mia speranza è che ci siano scambi di informazioni tra tutti i gruppi e tutte le comunità. Senza più discriminazioni. E soprattutto vorrei rifondare il concetto che non tutto ciò che si vede in tivù è finzione. Noi saremo veri, sinceri, aperti ai confronti, alle discussioni, anche alle provocazioni». Prima si pensava proprio così: se una cosa lo diceva la tivù era vera. Adesso il concetto si è capovolto. «Proprio così. E penso che sia giunto il momento di rimediare. Voglio dare un calcio alla tivù-finzione e resuscitare la tivù-verità!». E per il resto? «Per il resto, non ci sono soltanto battaglie... Presto riprenderò Appuntamento con la storia, Macchina del Tempo... Insomma, non mancheranno le occasioni per rivedermi come la gente mi conosce da tempo. Ma è giusto che anche le battaglie abbiano il loro momento». Giorgio Giorgetti