Il Sole 24 Ore 05/08/2006, pag.9 Stefano Carrer, 5 agosto 2006
Kazuo Yairi, Stradivari delle chitarre. Il Sole 24 Ore 5 agosto 2006. Kani. Gli ordinativi sono ancora presi su fogli di carta che si accumulano sulle scrivanie
Kazuo Yairi, Stradivari delle chitarre. Il Sole 24 Ore 5 agosto 2006. Kani. Gli ordinativi sono ancora presi su fogli di carta che si accumulano sulle scrivanie. Il magazzino è il contrario delle regole del ”just in time”: pile di legname pregiato comprato una tantum e lasciato per dieci anni a stagionare. I macchinari sono ridotti al minimo e quasi tutto il lavoro è svolto con abilità manuale da un numero praticamente fisso di trenta addetti. Se c’è tanta richiesta per un modello particolare, il cliente deve aspettare anche un anno. Le chitarre acustiche K.Yairi, prima di uscire dalla fabbrichetta, sono tenute per deci giorni in una stanza ad ”ascoltare” musica a tutto volume, per garantire la migliore risonanza e uniformità. Non a caso sono garantite a vita e hanno conquistato i migliori artisti di tutto il mondo, da Paul McCartney a Carlos Santana. In un angolo del Giappone centrale che rappresenta il distretto mondiale della produzione di strumenti musicali, Kazuo Yairi e la sua universalmente rinomata ditta rappresentano una sfida alle regole consolidate di ogni business. Contrariamente a molte aziende che avevano investito in macchinari e personale per cavalcare il boom mondiale della domanda, il 74enne mastro liutaio è sopravvissuto proprio per essersi rifiutato di massificare la produzione o delocalizzarla in Cina, limitando l’output a circa 400 pezzi al mese. ’Abbiamo le nostre radici nella tradizione del legno - racconta Yairi - diffusa nella provincia di Gifu, e abbiamo potuto decollare negli anni 60 con l’export agevolato negli Usa. Le chitarre erano considerate giocattoli, così avevamo un trattamento fiscale-doganale favorevole. Se anni fa avessi delocalizzato in Cina forse sarei più ricco, ma il nostro prodotto avrebbe perso la sua identità e forza di made in Japan. Fare soldi non è mai stato il mio principale obiettivo; semmai ho seguito la filosofia dei maestri liutai europei: cercare i migliori materiali, realizzare il miglior prodotto artigianale”. Ora i dipendenti che invecchiano e vanno in pensione sono invitati a farsi vivi quando vogliono, per dare una mano e fare training ai giovani. Come per tante altre piccole e medie imprese nipponiche alle prese con il passaggio generazionale e l’evoluzione del mercato, sulla Yairi aleggia comunque il dubbio sulle possibilità di sopravvivenza a medio-lungo termine. Secondo il ”patriarca” l’azienda ce la potrà fare. Intanto, lui ha già nominato un erede sul campo: il genero quarantottenne Yoshimizu. E poi ha fiducia in un mercato domestico che resta ampio ed esigente, tanto che ora assorbe l’80% delle vendite. Se all’estero la concorrenza sul prezzo ha ridotto le opportunità (anni fa era l’80% della produzione a essere venduta oltreconfine), oggi il made in Japan si salva su una domanda interna che resta disposta a premiare la qualità e il prodotto nazionale. Stefano Carrer