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 2006  agosto 05 Sabato calendario

Intervista a Maurizio Costanzo

Per Calvani da Dell’Arti. Urge. Intervista Costanzo di Giorgio Dell’Arti Roma. Possiamo definire Maurizio Costanzo il re del talk-show? E certo che possiamo, ci mancherebbe. Il suo salotto serale ha in questo periodo un successo senza uguali, share superiori al 30 per cento, i concorrenti delle undici di sera sbaragliati o ridotti al ruolo di comprimari. Anche le cifre storiche del programma giustificano quella definizione: il Maurizio Costanzo Show va in onda da 13 anni, da sette è quotidiano, da due viene replicato la mattina. Gli ospiti venuti in trasmissione sono, più o meno, diecimila, e tra questi diecimila si trova di tutto: casalinghe, magistrati, ministri, fanciulle scappate di casa, moribondi, ballerine, scienziati, e anche gente capitata per caso, perchè - mandando una lettera - aveva detto una frase giusta, espresso un’idea nuova. Maurizio ha 56 anni ed è un uomo molto ansioso, molto fumatore (marca Merit), molto pigro: il sabato e la domenica è capace di starsene ore e ore stravaccato in poltrona, a guardare film in cassetta. Non entra in un cinema dal 1977, non va a feste nè a cene. Dice: che bisogno ho di una società che mi circondi, faccio salotto tutte le sere. Ha una casa di 200 metri quadri ai Parioli e, dal lunedì al venerdì, quattro uomini di scorta che gli sono stati messi vicino dopo il fattaccio del 14 maggio. Non ha passioni sportive, a parte il ciclismo che gli è diventato congeniale perchè da ragazzino giocava a ciclotappo con gli amici. I baffi se li è fatti crescere a quindici anni, alla vigilia del suo primo talk-show, che si intitolava Bontà loro (e andava in onda sulla Rai). ”Pensai: vanno di moda le facce che lanciano messaggi e su ’sta faccia mia mettiamoci qualcosa”. Veste Battistoni, camicie Albertelli e Dino A Erre (la ditta che reclamizza). In casa ci sono bei quadri, un Trombadori, un Muratori, qualcosa di antico. Ma mai un dipinto di quelli che si vedono prima degli spot del programma: a quelli si fa pubblicità gratis e una volta che un gallerista di Venezia gliene fece avere in regalo qualche esemplare, la redazione ebbe l’ordine di mandarli indietro. Vive con la sua compagna attuale, Maria De Filippi, e il cane Liù, una lupa capace di riconoscere gli amici degli animali dai nemici. Marina Salomon - che fino ad oggi ha dato rifugio a 300 cani - venne immediatamente identificata da Liù (che non l’aveva mai vista prima) e festeggiata a dovere. E anche noi, mentre ci sedevamo in poltrona e aprivamo il taccuino, siamo stati riconosciuti per quello che siamo e leccati vigorosamente dalla testa ai piedi. Quanto pesa, lei, a questo punto? ’Un centinaio di chili. Sono a dieta da due mesi, ne ho persi sette-otto”. Che dieta? ’La mattina caffè, spremuta d’arancia, trenta grammi di pane integrale. A pranzo, 60 grammi di pane integrale, 150 grammi di pollo e 200 grammi di verdura condita da me, con pochissimo olio. La sera un hamburger da un etto e mezzo oppure un etto di prosciutto cotto senza grasso oppure centocinquanta grammi di pesce, con due etti di verdura cotta e 60 grammi di pane”. Cioè, non mangia niente. ’Praticamente niente. E’ una fatica”. Le piace mangiare? ’Mi piace mangiare, sono come Marcello Marchesi che s’alzava da tavola e diceva: ”Come mi sono divertito!”. Però più che un buongustaio sono un tremendo goloso. Ventidue anni fa, alla "Carbonara", feci fuori un plateau intero di 24 bignè. Giuseppe Bertolucci ne parla ancora adesso”. Che gliene frega di dimagrire? ’E’ per i trigliceridi. A un certo punto scoprirono che erano saliti e mi spaventai”. Ha paura di morire? ’Magari di restare invalido. Vivo con questa donna giovane, non lo so, darle questa croce... Uno poi non dimagrisce veramente mai”. Cioè? ’Una volta ero arrivato a settanta chili, per me una misura fuori dal mondo. Però, non è servito. Un grasso si muove da grasso pure quando diventa magro, un grasso è grasso nell’anima”. Lei quando è diventato grasso? ’Molto presto. A nove anni feci una cura ricostituente col Nestrovit e mi fece male. Dopo la guerra, poi, mangiavamo in un modo...” Lei era povero? ’Insomma. Papà era impiegato al ministero dei Trasporti. Si chiamava Ugo. Papà Ugo, mamma Iole”. Grassi? ’No, magri. Papà era antifascista e passò i guai suoi. Dopo la guerra lo promossero a direttore della mensa del Ministero. Allora mamma fu costretta ad andare a fare la spesa a chilometri di distanza da casa, dove non ci conoscevano. I negozianti delle nostre parti - via Livorno, piazza Bologna - speravano nelle commesse della mensa e a noi erano pronti a farci mangiare gratis”. Lei ha studiato? E’ un uomo colto? ’Mi sono diplomato e basta. Invece di andare all’università, mi misi a fare il giornalista a "Paese sera". Ero volontario, come si diceva allora. Cioè: lavoravo e non pigliavo una lira”. E a casa sua che dicevano? ’Ostacoli non me ne hanno mai messi. Però la mia famiglia, da sempre, è formata da impiegati dello Stato. Le zie, i cugini vedevano ’sta cosa di uno che faceva il giornalista come una stranezza. Chi va in giro la notte? I ladri, le puttane e i giornalisti. Zia Emma telefonò a mia madre: ”Ah Iole, ma lo pagheno?”. Dopo, quando mi comprai la Giulietta TI, erano tutti meravigliati e pure sospettosi. Loro avevano al massimo la Seicento”. Adesso lei è un uomo ricco. ’Benestante”. Quanto guadagna? ’Non lo so nemmeno io, bisogna farselo dire dal commercialista. Non c’è ragione di nascondere, guardi, pago le tasse fino all’ultima lira, quando ci vediamo con Biagi ci mettiamo a piangere uno sulla spalla dell’altro”. Quanto paga di tasse? ’Un miliardo e mezzo l’anno”. Più ricco che benestante, direi. ’Mah. Volevo regalare una casa a mio figlio e ho visto che è meglio che aspetto l’anno prossimo. Sì, gli ho regalato la macchina per i diciotto anni. Ho regalato la macchina pure a sua sorella”. Ha due figli? ’Due. Dalla mia seconda moglie Flaminia Morandi”. Quante mogli ha avuto? ’Tre, se contiamo quelle effettivamente sposate, cioè Lori Sammartino, Flaminia Morandi e Marta Flavi. Cinque, se ci mettiamo anche quelle con cui ho convissuto, cioè Simona Izzo e Maria De Filippi, la mia compagna di adesso”. Con queste donne del suo passato come va? ’Molto bene. Abitano tutte dentro di me e i rapporti sono ottimi”. Tutte? ’Quasi tutte”. Cioè? ’Beh, con Marta non ci rivolgiamo più la parola”. Però continua a produrre le sue trasmissioni. ’Naturale, che c’entra. Marta Flavi poi è sotto contratto dalla Fininvest”. Come sarebbe a dire? ’Noi produciamo la trasmissione, ma Marta Flavi viene pagata da Berlusconi. E’ lo stesso anche per me: Berlusconi ha impegnato Maurizio Costanzo e ha fatto un contratto di produzione alla mia società”. A che serve questo guazzabuglio? ’E’ perchè l’editore vuole essere sicuro della persona che conduce il programma. La persona è evidentemente decisiva. In altri termini, io non sono autorizzato a produrre il Maurizio Costanzo Show senza Maurizio Costanzo”. E neanche i programmi della Flavi senza la Flavi. ’Già”. Quante società ha lei? ’Cinque. La Fortuna srl, che produce il Maurizio Costanzo Show, le due trasmissioni della Flavi e Amici. Poi ho la Fascino PGT che gestisce il Parioli...” Le mura del teatro non sono sue? ’Magari... Terza società, la Fascino ET che produce spettacoli teatrali, per esempio, quest’anno, la compagnia Monti-Giordana e il 50 per cento dello spettacolo di Haber. Poi la Simco e la Maurizio Costanzo Comunicazioni, che si occupano di immagine, tengono corsi di comunicazione, eccetera”. Lei ha il controllo di tutte? ’Di tutte”. A quanta gente dà lavoro? ’Centotrenta persone. Erano di più, ma purtroppo, prevedendo tempi difficili, all’inizio dell’anno ne abbiamo dovute mandar via quattordici”. Fatturato? ’Una ventina di miliardi l’anno” Mi incuriosisce questo lato della sua attività, cioè il teatro. ’E’ una vecchia passione. Io ho scritto molto per il teatro, tra commedie e musical una quindicina di testi. Con Garinei e Giovannini, con Marcello Marchesi...” Prende soldi dallo Stato per questo? ’Pochissimi”. E’ giusto che lo Stato finanzi il teatro? ’Per niente. Le compagnie dovrebbero vivere del loro pubblico e basta. Tra l’altro la presenza dello Stato rende folli le paghe degli attori. Uno come Bonacelli - per il quale ho una vera passione - sarebbe venuto subito a lavorare da noi, ma quando ha sentito che paga gli offrivamo s’è messo a ridere”. Perchè, quanto può guadagnare un attore di teatro? ’Anche due milioni per sera. Io dico, come si fa? Con quello che costa il teatro. Per esempio, i pompieri. Ha idea di quanto costa avere i vigili del fuoco in palcoscenico?” Quanto? ’Per i tre del Parioli dobbiamo spendere trecentomila lire al giorno. Ma il numero dei vigili del fuoco è, per legge, in proporzione al numero dei posti in platea. Ci sono teatri che ne devono avere anche quindici. E poi ci sono le maschere, i macchinisti, gli elettricisti. E magari poi la sala resta vuota”. Il teatro senza finanziamento pubblico somiglierebbe un po’ alla tv commerciale. ’Eh già. E mi va benissimo. Se guadagni vai in scena, se no te ne torni a casa. Come pensa che facciano a Broadway? Mettono su lo spettacolo, stanno in piedi venti giorni e se la gente non viene si chiude”. Perchè il talk-show ha tanto successo adesso? Il talk-show è la televisione del futuro? ’C’è questo fatto, che il talk-show si può fare solo in televisione. Cioè, è un prodotto tipico, a differenza dei film o del varietà. Poi costa poco”. Quanto? ’Una puntata del Maurizio Costanzo Show costa al massimo 60 milioni. E tiene video per due ore mezza. E realizza otto milioni di contatti”. Vuol dire che almeno otto milioni di italiani guardano ogni sera il programma per almeno un minuto? ’Sì”. E quanto costa uno spot durante il Maurizio Costanzo Show? ’25 milioni nella prima ora e 18 nella seconda. Abbiamo sette interruzioni, ciascuna delle quali con parecchi spot. E’ un bel profitto”. Poi c’è lo sponsor. ’Già. Non so però quanto costa sponsorizzare il programma. La lista, comunque, è completa fino a maggio. Gli sponsor cambiano ogni mese”. Lei non si è mai cimentato direttamente nella pubblicità di un prodotto, come Mike o Funari? ’Una volta, per un programma che si chiamava Sì o no - niente a che vedere con l’attuale Sì o no - Berlusconi mi pregò tanto e io cedetti. Disastro. Io ’sta cosa non la so fare, non sono credibile, non ci riesco, non ci credo. Sono innaturale. Ho la faccia che dice: "Guarda che me tocca fa’..."”. Chi fa informazione dovrebbe astenersi dalla sponsorizzazione diretta dei prodotti? ’Forse sì. Funari però è bravissimo, riesce a legare tutto”. Perchè il Maurizio Costanzo Show quest’anno va così bene? ’Abbiamo un po’ cambiato la formula. Ci sono gli artisti di strada, soprattutto è stata rinforzata la seconda parte, cioè gli ospiti non entrano tutti subito, qualcuno viene dopo. Questo impedisce allo spettatore che s’era visto il primo quarto d’ora di dire: ah, ho capito, posso andare a dormire...” Uno dei suoi nemici è il sonno della gente. ’Già, andiamo in onda alle undici di sera. Su questo abbiamo riflettuto parecchio e siamo arrivati alla conclusione che il programma doveva essere un po’ più rasserenante che in passato, un po’ più rilassante”. Perchè? ’Mettiamo che un paese sia in guerra e che per tutto il giorno radio e tv diano notizia dei bombardamenti, dei morti e dei feriti. Come sopportare un altro bollettino la sera, in uno show che potrebbe anche occuparsi d’altro? E’ la stessa cosa da noi. Quando la disoccupazione riguarda cinque persone, se ne può parlare, è un problema, tutti ascoltano con interesse un caso che - nove volte su dieci - li riguarda come cittadini, ma non li tocca come individui. Ma se la disoccupazione investe un milione di persone - per dire - cioè tocca tutti, quello sarà stato l’argomento principe di tutta la giornata. E la sera mi presento io e ricomincio daccapo! E non ho neanche la soluzione a portata di mano, anzi alla soluzione non posso contribuire in nessun modo! Allora, meglio parlare di cose anche serie, ma col sorriso sulle labbra, meglio rispettare la stanchezza del pubblico, risollevargli magari il morale mostrandogli che al mondo c’è pure altro”. E’ per questo che gli altri talk-show hanno risultati meno brillanti che in passato? ’Sì, forse è questo. Un difetto di "multifunzionalità", cioè una debolezza nella miscela del programma, che deve avere un menu vario: problemi seri insieme con personaggi, o storie, capaci di rasserenare”. E’ difficile fare il talk-show? ’Che domanda. Per me è abbastanza facile. Io però non so fare altro”. Cioè? ’E’ come il discorso delle sponsorizzazioni. Io non sono capace, Funari sì. Perchè Mike è grande? Perchè da cinquant’anni fa quello e solo quello, pensa a quello e solo a quello. Dammi un quiz a me, invece, e non so nemmeno da che parte cominciare. Vianello è un grande attore comico e riesce a condurre Pressing solo perchè ha riciclato una sua competenza. Ma è un caso quasi unico. Tu sai fare i mocassini? Ma ti devi specializzare al punto tale da esser capace di fare non i mocassini, che forse è già troppo, ma addirittura le suole dei mocassini, in modo che quando hanno bisogno delle suole possono venire solo da te. Per esempio, la Parietti, è tanto bella, tanto brava e leggo che vuole fare un talk-show. Ma ’ndo vai?, dico io. Il talk-show mica è come una scampagnata. Fai piuttosto la cosa che sai fare, pensa alla cosa che sai fare, pensaci ogni momento, perchè il pensiero, la preparazione - anche su un’attività superspecializzata - non bastano mai”. Lei come lo prepara il Maurizio Costanzo Show? ’Nel senso, se ho una scaletta del programma?” Sì, per esempio. ’No, nessuna scaletta. Io improvviso tutto”. Niente battute a memoria, domande preparate? ’Niente, niente. Sì, il giorno prima e il pomeriggio della trasmissione io penso magari a una struttura, a un percorso. Ci penso vagamente, però. Intanto la trasmissione di stasera, per dire, può modificare quella di domani: non si può andare due volte per la stessa strada, o ripetere le stesse domande. Poi io mi lascio suggestionare da quello che dicono gli ospiti, da quello che succede in sala, qualcuno ride strano, oppure un ospite ha una giacca, un distintivo, fa una cosa imprevista. Io subito mi aggancio a questo particolare per fare una domanda, cerco di condurre la serata in modo tale che una questione s’agganci all’altra, che tutto proceda con naturalezza. Perciò, tutto quello che ho pensato prima va volentieri a carte quarantotto. Tenga conto che io gli ospiti, se non sono personaggi famosi, li vedo per la prima volta al Parioli la sera della trasmissione”. Le domando di nuovo: è difficile? ’Sono tanti mestieri insieme. Bisogna essere un po’ uomini di spettacolo, percepire la platea e le sue tensioni, avere il ritmo. Bisogna essere padroni di casa, ravvivare la conversazione che langue, incoraggiare l’ospite timido, ridurre a miti consigli il presuntuoso. Bisogna essere giornalisti, cioè saper fare le domande e avere la curiosità tipica dei giornalisti per i personaggi, per i casi”. Lei come ha imparato? ’La radio è stata una grande scuola. Soprattutto Buon pomeriggio, nel ’70. Due ore al giorno, con Dina Luce, a far chiacchiere con gli ascoltatori, avere ospiti, eccetera”. E il giornalismo? ’Ah, ma io sono nato giornalista, non gliel’ho detto?” Già, "Paese sera". ’"Paese sera" a 17 anni, poi "Il Giorno", "Epoca", "Grazia". Gavetta-gavetta, intendiamoci”. Cioè? ’Come si faceva una volta. Andare sui posti col taccuino, prendere le foto dei morti ammazzati in casa delle loro famiglie, scrivere cronache, passare gli articoli altrui in tipografia. Questa cosa del giornalismo vero io l’ho sempre sentita moltissimo, tanto che alla fine degli anni Sessanta, mentre lavoravo alla radio, scrivevo una commedia per il Sistina, collaboravo a un sacco di giornali, lavoravo alla radio, avevo già il diritto di darmi un po’ di arie per il testo di "Se telefonando" cantato da Mina, e nonostante questo mi feci prendere da Afeltra al "Giorno" come redattore ordinario, per la Cronaca e gli Spettacoli. Solo perchè sentivo il bisogno del giornale, delle notizie. Ci ritornai con lo stesso spirito con cui si va a passare una settimana alle terme per ritemprarsi. Una mattina che stavamo provando al Sistina "Cielo, mio marito!" dovetti mollare le prove per andare a fare la cronaca di un palazzo saltato per aria sulla Prenestina, in largo Telese. Dalle ballerine, in pochi minuti, al sangue. Però come è stato importante, quanto mi è servito”. Le serve adesso? ’Io ragiono sempre come se dirigessi un quotidiano. Per esempio, ho la mazzetta dei giornali, faccio le riunioni di redazione...” Quanti giornali in mazzetta? ’Sette. Li leggo appena sveglio, tra le sette e le otto del mattino”. E quanti redattori? ’Sedici”. Come scegliete la gente da invitare? ’Sono importantissime le lettere. Ne arrivano quattrocento al giorno. La redazione fa una prima selezione che passa al mio coautore, Alberto Silvestri. Alberto se le legge il sabato e la domenica e il lunedì mattina mi segnala quelle più interessanti. Poi facciamo tre riunioni a settimana, tutti quanti, per discutere le scelte, far fronte a qualche rinuncia dell’ultimo momento, eccetera. Il lunedì però è forse il giorno più importante, si dà il via definitivo alla programmazione della settimana”. Li pagate, gli ospiti? ’Nemmeno una lira. Quelli che vengono da fuori hanno il rimborso del viaggio e dell’albergo, e basta. Quelli di Roma, qualche volta, li mandiamo a prendere con la macchina. E questo è tutto. Anzi, mi dà l’occasione per aggiungere una cosa sul talk-show”. Dica. ’Il talk-show deve essere onesto, gli ospiti non possono essere pagati per partecipare. Queste trasmissioni che vanno su Retequattro, questi finti talk-show - come C’eravamo tanto amati o Io, tu e mamma - io non li sopporto. Quella sì che è tv spazzatura, gli ospiti fingono di litigare e in realtà prendono i soldi”. Beh, non mi dica che lei non ha mai pagato una star per farla partecipare. ’Mai”. Non ce n’è nessuna che abbia chiesto soldi? ’Monica Vitti, una volta. Ma io le dissi di no e lei restò a casa. Poi ha scritto il libro ed è venuta a parlarne. Gratis”. Che ne pensa dei suoi colleghi? Che so, Marzullo. ’Io sono un difensore di Marzullo e non ho mai capito questo accanimento contro di lui. Non ho capito la sospensione del suo programma, non ho capito la sospensione di Prisma, condotto da uno dei giornalisti più bravi e preparati della Rai, Vincenzo Mollica”. Santoro? ’Bravissimo. Ho visto che anche lui ha portato piccole modifiche al Rosso e nero. Modifiche che mi paiono suggerite dagli stessi ragionamenti che abbiamo fatto noi”. Guzzanti? ’E’ un grande giornalista quando scrive, però in televisione deve fare pratica. Per esempio, parla troppo, la gente che guarda la tv dopo un minuto frigge, si stufa, se ne va e lui non ha ancora afferrato questo aspetto del problema. Però imparerà. E comunque non è detto che un grande giornalista della carta stampata risulti ugualmente grande in tv. Faccio l’esempio su me stesso: io, che vado così bene in televisione, sono assolutamente medio quando scrivo. Anzi, forse addirittura sotto media”. Riotta? ’Forse c’è questo, il conduttore di un talk-show non può essere imparziale, deve avere una passione, un punto di vista. Perchè se no il pubblico non si identifica, non parteggia”. E’ per questo che va un po’ meno bene di Lerner? ’Forse sì. D’altra parte Lerner è un campione. Sa che fui io, una volta che era stato nel mio salotto, a dirgli: "Gad, ma non hai mai pensato di provare la tv?" Lui, durante la serata, aveva parlato in modo molto serrato, molto efficace”. Lei è un grande scopritore di talenti. ’Eh sì, ne ho lanciati almeno una trentina. Sgarbi, Giobbe Covatta, quel povero Nick Novecento che è morto quando stava per assaporare il successo, Riondino, Gioele Dix, Stefano Zecchi...” Come li trova? ’C’è un mio uomo, Giorgio Gambino, che gira incessantemente per teatri e teatrini, festival, cabaret e ci segnala quello che gli sembra interessante. Poi li vede il mio coautore, Silvestri, e infine, se superano anche questo esame, li chiamo in trasmissione. La trasmissione è una specie di prova finale”. Se lei fosse un aspirante giornalista televisivo pensa che Berlusconi la prenderebbe? ’Che vuol dire?” Lei pesa cento chili, non porta mai la cravatta... e sulle reti Fininvest c’è questa ossessione per i fighettoni, tutti giovani, lisci e abbronzati. ’Già, il culto della bellezza che va di moda adesso. Che scemenza. La gente ama un conduttore di talk-show prima di tutto perchè si identifica in quello che dice. E poi c’è l’autorevolezza o l’autorità, cioè in definitiva la credibilità di chi parla dal piccolo schermo. Per questo dico che il conduttore di talk-show non può essere neutro, ma schierarsi, appassionare, dire o far capire quello che pensa. Questo, mentre dà voce a tutti”. Berlusconi l’ha mai condizionata? ’Mai. Sono stati dieci anni di autonomia prodigiosa”. Neanche sulle cravatte? ’Nemmeno su quelle. Io all’inizio ho provato a mettermele per fargli piacere, so che ci tiene tanto. Ma non ho collo, come faccio, dopo un paio d’anni ho smesso. Lui non m’ha mai detto una parola”. E il partito di Berlusconi? ’Se si tratta di aiutare qualche candidato meritevole o di creare una pattuglia di deputati che difenda l’azienda e ne rappresenti gli interessi, non ci vedo niente di male: è una cosa normale in tutte le democrazie occidentali. Se Berlusconi volesse scendere in campo personalmente - ma tutto lo esclude, lo dico a titolo accademico - sarebbe un’altra cosa. Intanto dovrebbe smettere di fare l’editore e sarebbe un peccato. E forse bisognerebbe anche mettersi intorno a un tavolo, per chiarire la posizione e, soprattutto, l’autonomia di ciascuno di noi”. Che gliene pare di questa lotta tra giornali e tv di Berlusconi e quelli di De Benedetti? ’Insensata. E ci sono colpe da tutt’e due le parti. Io, comunque, continuerò a invitare, come ho sempre fatto, sia i giornalisti di "Repubblica" che quelli dell’"Espresso" ogni volta che mi sembrerà necessario o giusto”. Che ne pensa dell’attuale Rai e dei professori che la governano? ’Un poco singolari, no? In Rai ci sono dei signori professionisti e loro sono arrivati con l’aria di dire: ora ve la facciamo vedere noi... Per esempio, il licenziamento di Sodano non sta in piedi, Sodano è uno dei più straordinari organizzatori del day-time e della fiction che ci siano in circolazione. Hanno fatto Minoli direttore di rete, e meno male: il format di Mixer è semplicemente strepitoso. E Guglielmi non ha inventato di sana pianta una televisione? Il problema della Rai, in sostanza, è Raiuno e hanno fatto bene a chiamare alla direzione di quella rete Criscenti e Freccero, il loro apporto sarà sicuramente salutare. Ma mettere Delai a capo di tutta la rete, mah: non so cosa potrà capire di televisione un sociologo del Censis, per quanto intelligente. Quanto al resto, è giusta la politica dei risparmi ed è giusto tentare di rispondere a certe domande, ad esempio questa: come mai la Fininvest fa con quattromila persone quello che la Rai fa con quattordicimila? Insomma, i professori fanno bene a tagliare e a risparmiare, ma per carità non buttino a mare i grandi professionisti che stanno in Rai, perchè questo sarebbe un male per tutti. Uno come Guardì, per esempio, che fa Scommettiamo, I fatti vostri, la mattina del secondo, è capace di fare concorrenza a tutta la Fininvest da solo”. E’ giusto che ci siano tutte queste reti televisive? ’Io vedo un futuro con due reti alla Rai e due alla Fininvest. Quanto al terzo polo, mi domando chi metterà i soldi per costituirlo, mi dispiacerebbe se alla fine se lo prendessero degli stranieri. Vedo bene, invece, uno sviluppo regionale, con tg locali molto forti, simili a quelli che faceva la sarda Videolina”. I giornali parlano troppo di tv? ’Ma cosa vuole, la tv è diventato il principale passatempo degli italiani, 26 milioni di persone tutte le sere davanti al video. Non so come potrebbero fare altrimenti, i quotidiani”. E sul paese? E’ ottimista? ’Al fondo sì. E poi gli italiani mi piacciono tanto...” Che cosa c’è dietro l’angolo? Lo dica lei, una volta tanto. ’Le darò la risposta che diede a me Pajetta: dietro l’angolo c’è un altro angolo e poi un altro ancora...” Giorgio Dell’Arti