Varie, 3 agosto 2006
D’AGATA
D’AGATA Mario Arezzo 29 maggio 1926, Firenze 4 aprile 2009. Pugile • «[...] Il 28 giugno 1956 sul ring insoli to dello Stadio Olimpico di Roma, Mario D’Agata era diventa to il secondo pugile italiano a conquistare un titolo mondiale. Aveva battuto per k.o. tecni co alla 7ª ripresa il tunisino Robert Cohen, campione del mondo dei pesi gallo. L’impresa di D’Agata fu importante per due ragioni. Perché giungeva a 23 anni di distanza da quella com piuta da Primo Carnera, ma anche perché allora c’era un solo campione per ognuna delle otto categorie di peso. D’Agata è rimasto campione del mondo solo per alcuni mesi perché il 1˚ aprile 1957 fu sconfitto ai punti sulle 15 riprese da Alphonse Halimi sul ring di Parigi. Quel match suscitò alcune polemiche per ché fu caratterizzato da un blackout elettrico che impose la sospensione dell’incontro per alcuni minuti. Qualcuno ipotizzò una specie di boicottaggio ai danni del nostro pugile, la cui qualità migliore era la continuità d’azione ma onesta mente credo che Halimi, più giovane e più potente, avrebbe vinto in ogni modo. La ferita Nel 1955 D’Agata era stato protagonista di una vicenda mai completamente chiarita nella quale era stato colpito da una fucilata. Le prime notizie erano state allarmanti al punto che essendo allora agli esordi come giornalista avevo iniziato il tradizionale coccodrillo: ”Mario D’Agata era nato ad Arezzo nel maggio del 1926….”. Non avrei mai immaginato allora che D’Agata avrebbe poi combattuto, nel 1962, in una riunione da me organizzata al Palazzo dello Sport di Roma . stato quello l’ultimo incontro di una carriera che comprende 68 incontri con 54 vittorie, 3 pareggi ed 11 sconfitte). D’Agata era sordomuto e da professionista prima di diventare campione del mondo era stato campione d’Italia e d’Europa sempre nei pesi gallo. [...]» (Rino Tommasi, ”La Gazzetta dello Sport 5/4/2009) • «[...] nel 1957, sul ring di Parigi, c’è una lampada che brilla sopra la furia di un campione del mondo che difende il suo titolo. Ma la lampada si guasta, la luce si spegne, il combattimento viene interrotto. Il francese Halphonse Alimi, che stava prendendone di santa ragione, vede in quello stop un fraterno dono del cielo. Si rinfranca, addirittura gli si scoloriscono i lividi, risorge e quando il match riprende è un boxeur pronto all’arrembaggio. A D’Agata, invece, è sfiorita la passione. Mario ha 31 anni e Halimi lo sconfigge. cominciata tardi la sua odissea pugilistica nel silenzio. sordomuto da sempre, la federboxe non vorrebbe neppure che passasse nei professionisti. Ma chi ferma quel peso gallo che ha la forza, la durezza d’un carrarmato? Quando incontra il sardo Zuddas per il titolo italiano trasforma il match in guerra, raffiche di pugni, un duello rusticano trattenuto a stento nei lacci del regolamento. Mario ha 27 anni, deve fare in fretta, la fretta è il suo assillo. Dopo venti vittorie va a misurarsi con il pied-noir Robert Cohen, un tunisino tecnico, pestante e favorito dall’aria di casa. una scivolata per D’Agata ma figuriamoci se si demoralizza. Nel ”55 a Milano conquista il titolo di campione d’Europa battendo André Valignat che cerca scampo a forza di testate e gomitate. L’arbitro lo spedisce a casa e Mario bacia la sua prima grande corona. Ha 29 anni, deve sbrigarsi o il mondiale diventa una chimera. Nel ”56 ritrova Cohen a Roma. E questa volta l’aria cambia. Ma il titolo bisogna difenderlo. Mario deve scegliere tra Raul Macias e Alphonse Halimì, tra Messico e Francia, sceglie il denaro europeo. Con la luce del ring si spegne anche D’Agata. Continuerà a combattere, tirerà avanti fino a 36 anni raccontando soltanto a se stesso gioie e dolori. Sarebbe stato bello ascoltarlo dopo quegli azzannanti combattimenti. Ma bastava, doveva bastare, fissarlo bene negli occhi. Alla fine del massacrante match contro Joe Becerra, gli occhi di D’Agata brillavano in una maschera di sangue, dicevano ”picchiatemi pure, picchiate duro, tanto io non finirò mai”» (Gianni Ranieri, ”La Stampa” 5/4/2009).