Varie, 3 agosto 2006
Tags : Ennio De Concini
DE CONCINI Ennio Roma 9 dicembre 1923, Roma 17 novembre 2008. Sceneggiatore. Tra i suoi film: L’ebreo errante (Alessandrini, 1947), Il grido (Antonioni, 1957), La maschera del demonio (M
DE CONCINI Ennio Roma 9 dicembre 1923, Roma 17 novembre 2008. Sceneggiatore. Tra i suoi film: L’ebreo errante (Alessandrini, 1947), Il grido (Antonioni, 1957), La maschera del demonio (M. Bava, 1960), Divorzio all’italiana (Germi, 1961). Diresse Gli ultimi giorni di Hitler (1973) • «[…] una di quelle figure leggendarie che riunivano in sé grandezze e bizzarrie di un’intera categoria e che da sole sembravano riassumere la più avventurosa stagione mai vissuta dal cinema italiano. […] Negli anni di maggior gloria aveva vinto un Oscar per Divorzio all’italiana, il capolavoro di Pietro Germi che rese inevitabile definire commedie appunto ”all’italiana” tutti i film nei quali l’acutezza della critica di costume si sposava alla leggerezza, al divertimento e non di rado a una punta di crudeltà. Ma De Concini non era uomo da legare il suo nome a un solo genere come avrebbero fatto Rodolfo Sonego, Ruggero Maccari o i proverbiali Age e Scarpelli. La sua cifra era la generosità, l’eclettismo e se vogliamo l’eccesso con cui passava in rassegna i generi e i filoni più diversi, alternando film importanti o almeno ambiziosi ad altri men che alimentari, sfruttando senza risparmio ”negri” e collaboratori all’occorrenza, ma sfiorando quasi tutti gli infiniti rivoli e rivoletti in cui si diversificava in quegli anni la sovrabbondante produzione cinematografica italiana. Dagli Ercole e Maciste ai melodrami di Matarazzo, dagli esordi di Leone (Il colosso di Rodi) agli pseudo-documentari sexy avviati da Blasetti (Europa di notte, scritto con Gualtiero Jacopetti), dai sogni di evasione esotica del boom (Odissea nuda di Franco Rossi, uno dei registi a cui resterà fedele: sarà sempre lui, negli anni della tv, a scrivere il non dimenticato Storia d’amore e di amicizia, prima di creare il commissario Cattani nella Piovra 1 e 2), alle collaborazioni con Lattuada (La lupa, da Verga, sceneggiata con Malerba e Moravia: nel ”mestiere” per cui De Concini era famoso entrava anche una robusta cultura letteraria), o col già ricordato Germi (Il ferroviere, poi Un maledetto imbroglio dal Pasticciaccio di Gadda). Un panorama davvero a 360 gradi. Ma De Concini, detto da amici e colleghi ”Olimpo, esterno giorno” per la disinvoltura con cui sceneggiava qualsiasi cosa adattandosi prontamente alle esigenze economiche dei produttori (salvo inventare gli espedienti più fantasiosi per incassare gli anticipi), era anche pronto a lavorare con gli americani negli anni della Hollywood sul tevere (Mambo di Robert Rossen) così come a tenere a battesimo Pontecorvo (La grande strada azzurra) e Montaldo (Tiro al piccione). Suggerendo a Salce uno dei film più belli e invisibili di quegli anni, il geniale Colpo di stato, girato nel fatidico 1969 con spreco di idee e attori poco noti. Fino a dirigere in proprio almeno un film inclassificabile e a dir poco in anticipo, Gli ultimi dieci giorni di Hitler, con il grande Alec Guinness nei panni del Fuhrer. Da molti anni ormai viveva autorecluso nella sua casa studio, senza quasi uscire. Dietro la sua leggendaria prolificità, e la sua disinvoltura, c’era anche un dramma personale: un figlio gravemente malato e bisognoso di cure, scomparso […] lasciandogli un vuoto che possiamo solo immaginare» (F. Fer., ”Il Messaggero” 18/11/2008) • «[...] il più prolifico sceneggiatore del cinema italiano [...] Schivo, riservato, umile e generoso, che ai clamori della ribalta preferiva le passeggiate silenziose nel piccolo borgo di Albaneto. E lì, in quel minuscolo centro di cinquanta famiglie, alla porte di Leonessa salivano tutti, personaggi noti e meno noti, amici, vip, grandi attori e registi. Tutti per un consiglio, una visita, ma soprattutto alla ricerca di idee. E di idee Ennio ne aveva tantissime, e grazie alle idee aveva fatto la sua grande fortuna di autore ma anche quella di decine di produttori. Era ”il maestro”. Per tutti, indiscusso, riverito, osannato, talvolta addirittura inarrivabile. Gli amici, da Risi a Montaldo, lo definivano il ”più grande architetto del cinema”. Ma De Concini era anche altro e, soprattutto, uno straordinario cantore di emozioni. Uno scrittore di razza, colto e raffinato [...] che nella sua lunga carriera ha raccontato pagine straordinarie di cinema ma anche di televisione. Nei suoi lavori guardava l’Italia, un Paese diverso, in continua evoluzione. Sua l’intuizione della Piovra televisiva, ma anche di Storia d’amore e di amicizia, di Operazione San Gennaro, e di Divorzio all’italiana [...] Amava riflettere, isolarsi nella scrittura, pensare e soprattutto sperare. Era enigmatico, curioso, alla continua ricerca di se stesso, dell’aldilà. E nei suoi lavori raccontava i suoi dubbi, le incertezze dell’uomo, la precarietà della vita. Avrebbe voluto fare solo lo scrittore e invece diceva di essersi ritrovato, grazie al cinema, come ”un fallito di successo”. Di grande successo, con oltre 200 film scritti. Aveva iniziato come aiuto regista in Sciuscià, poi la scrittura. Arrivò il successo, i successi uno dopo l’altro come perle in fila di una lunga collana: Mambo, L’ombrellone, La lunga notte del ”43, Il ferroviere, Italiani brava gente, Il grido. Ma anche film epici, storici, quelli che De Concini chiamava ”i sandaloni”, come Il Colosso di Rodi. E tanta televisione. Di tutti i generi: da Disperatamente Giulia a Little Italy, fino a Storia d’amore e d’amicizia» (Paolo Festuccia, ”La Stampa” 18/11/2008).