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 2006  agosto 01 Martedì calendario

Lo Stato parallelo del Partito di Dio. Il Sole 24 Ore 1 agosto 2006. Beirut. Nell’ufficio stampa degli Hezbollah, prima dei bombardamenti, Ibrahim Haider aveva davanti cinque telefoni, due fissi e tre cellulari, dai quali rispondeva in simultanea parlando quattro lingue: più che un militante di Allah sembrava un broker di Borsa

Lo Stato parallelo del Partito di Dio. Il Sole 24 Ore 1 agosto 2006. Beirut. Nell’ufficio stampa degli Hezbollah, prima dei bombardamenti, Ibrahim Haider aveva davanti cinque telefoni, due fissi e tre cellulari, dai quali rispondeva in simultanea parlando quattro lingue: più che un militante di Allah sembrava un broker di Borsa. Oggi Haider accompagna i giornalisti tra le rovine del quartier generale dove pulsava il cuore dello Stato Hezbollah.. "Definirlo uno Stato non è un esagerazione: il partito di Dio controlla un territorio, ha un esercito forte, gestisce i servizi, riscuote le tasse, amministra la giustizia islamica, e in campo scolastico spende sei volte di più dello Stato libanese. A tutto questo bisogna aggiungere che ha tre ministri, 14 parlamentari e controlla un terzo dei consigli comunali", dice Ahmad Nizar Hamzeh, professore all’American University che ha provato a stilare un bilancio della "Hezbollah Land". Lo Stato degli islamici anche nell’emergenza appare ben più efficiente di quello libanese. Nel parcheggio dell’”Abc”, centro commerciale di Ashrafieh, Nehnat Barheddine, vedova settantenne, è accampata con altri sfollati: la sua abitazione in un palazzo della cintura sciita è stata sbriciolata dalle bombe: "Ho trasferito la proprietà agli Hezbollah - dice la signora - che mi hanno versato una somma di denaro in banca e adesso sono in lista per un altro appartamento". La macchina statale conta su quattro fonti di finanziamento. "Un miliardo di dollari arriva dall’Iran ma da questa cifra sono escluse le spese militari, superiori a quelle dei programmi sociali e di sviluppo", è la stima di Nizar Hamzeh. I fondi iraniani sono erogati dalle Bonyad, le Fondazioni, che rispondono direttamente alla Guida Suprema Alì Khamenei. Le tasse religiose sono la seconda fonte: si tratta delle ”khums” i versamenti su un quinto del reddito, calcolato sottraendo le spese familiari. Al terzo posto ci sono le donazioni da parte di individui, società, banche, raccolte in Libano e all’estero. Tasse e donazioni si aggirano intorno al miliardo di dollari. Il quarto capitolo del bilancio si chiama ”Hezbollah Corporation”: gli investimenti nell’economia libanese. "Gli Hezbollah - spiega Hamzeh - rifiutano, secondo i principi islamici, il pagamento di interessi ma acquistano partecipazioni nelle imprese. In questo modo hanno costituito reti di supermercati, stazioni di benzina, ristoranti, compagnie edili e agenzie di viaggio".  un universo di mullah, mercanti e militanti. Ma se lo sciismo, con la catena dei 12 Imam e il martirio, è l’ideologia trainante, ispirata alla rivoluzione khomeinista, qual è l’Hezbollah-pensiero in economia? "Siamo a favore di un ”mercato sociale” ma contrari al socialismo, che non funziona. Siamo per il welfare e la partecipazione dei lavoratori alle imprese, un po’come nei Paesi scandinavi", sosteneva tempo fa Halim Fadallah, del Centro studi di Beirut. Ma c’è anche una finanza Hezbollah ”offshore”. Dove mette i soldi un movimento nella lista nera americana del terrorismo? La maggior parte dovrebbe essere nella Saderat Bank di Teheran, dove però rischiano il congelamento per le sanzioni Usa all’Iran. In realtà i depositi vengono girati con triangolazioni su conti esteri, dal Golfo all’Asia, conosciuti solo dai capi. Il bilancio Hezbollah è approvato dal Consiglio della Shura, l’organo supremo guidato da Nasrallah di cui fanno parte sei religiosi e un laico. La Shura è eletta dal Consiglio centrale di 200 membri ed è affiancata dalle Fondazioni. La Jihad al Binna, fondazione per le Costruzioni, ha edificato o ristrutturato 9.600 alloggi, 800 negozi, due ospedali, 24 scuole, 56 moschee, 78 cooperative agricole. La Fondazione di Martiri, affiliata all’omologa di Teheran, ha un bilancio di 3 milioni di dollari, assiste 2mila famiglie di combattenti e 1400 orfani. La Fondazione dei Feriti si occupa di 11mila persone e distribuisce 6800 salari di invalidità. Il Comitato Khomeini ha curato 112 mila indigenti, 3500 orfani, distribuito 2mila borse di studio. La Fondazione Sanità, 5 milioni di dollari di budget, controlla 6 ospedali, 35 dispensari, 10 cliniche dentali e ha assistito 410mila persone. Fiore all’occhiello del welfare Hezbollah è l’Unità Educativa: 15 milioni di dollari in scuole gratuite, 3 milioni l’anno, contro i 500mila dello stato libanese. Un network di scuole primarie (Al Mustafa), secondarie (Al Madhi), istituti tecnici e accademie religiose che costituisce un eccezionale strumento di propaganda. Gli Hezbollah hanno costituito anche un sistema giudiziario islamico, a cui ricorrono coloro che non possono permettersi spese legali. Vengono trattati pure gli omicidi: la corte agisce più da mediatore che da giudice e propone sempre il ”diyyah”, il prezzo del sangue, un versamento alla famiglia della vittima, da un minimo di 15mila a 70mila dollari. Questo è il formidabile apparato Hezbollah: 5mila guerriglieri, 200mila iscritti, un milione di seguaci tra gli sciiti, un altro Libano rispetto a quello della Rivoluzione dei Cedri, al Libano cristiano e sunnita, a quella fragile società affluente che fino a tre settimane fa passeggiava spensierata tra il centro finanziario Solidere e la marina della Corniche. Alberto Negri