Gina Kolata, la Repubblica 31/7/2006, pagina 19, 31 luglio 2006
Più alti, più sani, più intelligenti: così siamo cambiati in 100 anni. la Repubblica, lunedì 31 luglio Nel 1862 Valentin Keller si arruolò a Hamilton, in Ohio, in un´unità di soldati dell´Esercito dell´Unione
Più alti, più sani, più intelligenti: così siamo cambiati in 100 anni. la Repubblica, lunedì 31 luglio Nel 1862 Valentin Keller si arruolò a Hamilton, in Ohio, in un´unità di soldati dell´Esercito dell´Unione. Aveva 26 anni, era un uomo esile, era alto poco più di un metro e 60, e aveva appena preso la cittadinanza americana. Sulle carte per l´arruolamento scrisse che di professione faceva il sarto. L´anno seguente Keller fu congedato con onore, malato e a pezzi. Aveva un disturbo polmonare ed era talmente bloccato dall´artrite all´anca da camminare a stento. Morì all´età di 41 anni di idropisia, il che significa che probabilmente ebbe un arresto di cuore congestizio, qualcosa di non direttamente collegabile al servizio prestato sotto l´esercito. Sua moglie Otilia, 39 anni, morì un mese prima di lui e sul suo certificato di morte si scrisse che venne a mancare per "esaurimento". Ai tempi di Valentin Keller, le persone si aspettavano di contrarre qualche malattia cronica verso i 40 o i 50 anni di età. I discendenti di Keller ebbero problemi polmonari, cardiaci e al fegato. Morirono tra i 50 e i 60 anni di età. Adesso, però, le cose sono cambiate: i baby boomer della sua famiglia stanno raggiungendo la mezza età, alcuni l´hanno già superata e nel complesso stanno bene. «Mi sento bene», afferma il bis-bis-bis-bisnipote Craig Keller che ha 45 anni e dice di non avere alcun problema di salute, al pari della moglie Sandy anch´ella 45enne. La famiglia Keller esemplifica assai chiaramente quella che potrebbe rivelarsi come una delle più straordinarie svolte nell´esistenza degli uomini: la trasformazione da esseri bassi, relativamente deboli e malaticci a esseri umani così grandi, grossi e robusti che i loro antenati paiono al confronto quasi irriconoscibili. Nuove ricerche in corso in tutto il mondo stanno iniziando a rivelare il quadro di un´umanità talmente diversa da quella di un passato ancora abbastanza recente che gli scienziati affermano di esserne sbalorditi. Nel corso degli ultimi cento anni, spiega il ricercatore Robert W. Fogel dell´Università di Chicago, nel mondo industrializzato gli esseri umani hanno subito una «forma di evoluzione unica, non soltanto per il genere umano, ma unica per le 7.000 generazioni circa di esseri umani che hanno abitato la Terra». Da quanto si sa al momento la differenza non comporta mutamenti a livello dei geni, bensì cambiamenti nel corpo umano: si rivela in molti modi, da quelli ben noti e dati quasi per scontati – come una maggiore altezza e una vita più lunga – a quelli meno evidenti, che emergono soltanto mettendo a confronto le schede sanitarie. Dagli studi più recenti emerge che il dato più sorprendente è che molte malattie croniche, come quelle cardiache, quelle polmonari e l´artrite compaiono in media da 10 a 25 anni più tardi rispetto al passato. Inoltre, tra gli anziani oggi ci sono minori disabilità. Tutto ciò non dipende soltanto dal fatto che le cure mediche, per esempio l´intervento chirurgico per la rimozione della cataratta, funzionano. I corpi degli esseri umani semplicemente non cedono più come in passato. Anche il cervello umano pare aver fatto progressi: l´indice di intelligenza medio è andato crescendo per decenni, e da almeno uno studio è emerso che per un essere umano le possibilità di essere affetto da demenza senile in tarda età sono sensibilmente diminuite negli ultimi anni. Le ragioni finora addotte per questo cambiamento sono tanto inattese quanto il cambiamento stesso. Parte della spiegazione è da cercarsi nelle migliorate cure mediche: alcuni studi dimostrano che questi meccanismi paiono essere messi in moto da eventi che accadono molto presto nel corso della vita, addirittura ancora nel ventre materno, e si manifestano durante la mezza età o anche nella vecchiaia. Meno malattie cardiovascolari, inoltre, portano a una minor demenza senile Si ipotizza anche che le malattie cardiovascolari possano costituire un fattore di rischio per l´Alzheimer. Tutti questi risultati non valgono soltanto per gli Stati Uniti: ampi e meticolosi studi condotti in Finlandia, Gran Bretagna, Francia, Svezia e Paesi Bassi confermano tutti che queste stesse cose sono riscontrabili anche in quei Paesi. Si sta anche iniziando a riscontrarli nel mondo sottosviluppato. Differenze ancora più cospicue sorprendono gli scienziati in relazione alla portata del cambiamento: nel 1900 il 13 per cento delle persone che aveva raggiunto i 65 anni poteva aspettarsi di compierne 85. Oggi circa la metà delle persone che hanno raggiunto i 65 anni può aspettarsi di vivere così a lungo. Inoltre le persone sono fisicamente diverse: gli uomini americani, per esempio, sono circa 10 centimetri più alti rispetto a 100 anni fa e pesano 25 chili di più. inevitabile che gli scienziati si chiedano a questo punto che cosa accadrà ancora in futuro. Le persone che oggi entrano nella mezza età appartengono alla prima generazione che è cresciuta vaccinandosi nell´infanzia e curandosi con gli antibiotici. I loro primi anni di vita sono stati molto migliori di quelli vissuti dai loro genitori. Dalle indagini risulta che molto prevedibilmente questi individui vivranno più a lungo e con meno sofferenze e tribolazioni di qualsiasi altra generazione precedente. Gli scienziati erano soliti affermare che la ragione per la quale oggi si vive di più è che la medicina tiene in vita più a lungo, seppur in condizioni peggiori. Ma studi come quello che il dottor Fogel dirige su schede sanitarie di veterani dell´Esercito dell´Unione hanno indotto a qualche ripensamento in proposito. Lo studio è condotto su un campione di circa 5.000 veterani dell´Esercito dell´Unione – appartenenti alla prima generazione a raggiungere i 65 anni di vita nel XX secolo - i cui dati sono stati messi a confronto con quelli di individui nati in anni più recenti. L´80 per cento al compimento dei 60 anni di età sviluppava una malattia cardiaca, rispetto a meno del 50 per cento oggi. Il mal di schiena colpiva il 55 per cento dei veterani dell´Esercito dell´Unione che compiva i 65 anni, mentre oggi la percentuale per la stessa fascia di età è del 35 per cento. «La vera domanda è questa: "Sì, ci sono differenze e sono anche molto grosse. Ma perché ci sono?"» dice la dottoressa Costa. «Questa è una domanda da un milione di dollari» risponde David M. Cutler, esperto di economia della salute a Harvard. «Forse, anzi, si tratta di una domanda da un trilione di dollari. Ma finora nessuna risposta è tale da poterla unanimemente ritenere corretta». Gina Kolata (Copyright la Repubblica - New York Times Traduzione di Anna Bissanti)