Note: [1] Stefano Cingolani, La Stampa 27/7; [2] Armando Zeni, La Stampa 27/7; [3] Franco Carlini, il manifesto 27/7; [4] Oscar Giannino, Libero 27/7; [5] Walter Galbiati, la Repubblica 28/7., 29 luglio 2006
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 31 LUGLIO 2006
Un nuovo tsunami tecnologico è in arrivo. Stefano Cingolani: «Gli americani la chiamano ”all-access economy”. Ci si è buttato a pesce Rupert Murdoch (non lo chiamano a caso lo squalo). Così, investe nella banda larga sfidando British Telecom, si compra MySpace. Chi occuperà lo spazio di questa nuova economia dell’accesso? Tronchetti ha la rete, i servizi telefonici e possiede una tv che ha tenuto congelata. Per non turbare Berlusconi, dicono i maligni. Ma lui smentisce. De Benedetti ha le news, non l’intrattenimento né la televisione. Il sogno di un passaggio rapido al digitale terrestre si allontana, riaprendo spazio alla sistemazione dell’intero sistema. L’analogico e la trasmissione in chiaro riprendono fiato. Una Telecom in difficoltà potrebbe mettere sul mercato La 7: la Borsa ne parla e traccia scenari». [1]
Risultato operativo in calo del 4,5%, debiti sopra i 41 miliardi: sono numeri del primo semestre 2006 Telecom Italia presentati la settimana scorsa. Armando Zeni: «Non solo hanno scatenato un forte ribasso del titolo ma hanno ridato fuoco alle polveri nel grande gioco di cosa succederà domani: resisterà la Pirelli di Tronchetti, sarà costretta a cercare nuovi soci, sarà sbalzata di sella da nuovi raider?». [2] Il fatturato della sola Telecom Italia ammonta al 2,4% del Pil nazionale. Franco Carlini: «Se si guarda al suo impatto generale (con l’indotto), esso arriva a 47,8 miliardi di euro equivalenti al 3,75% del Pil. L’occupazione generata, poi, arriva a 378 mila addetti. Il suo patrimonio è costituito in larga misura dall’eredità delle vecchia Sip e Stet (che erano aziende di stato) e consiste nell’arrivare con i suoi cavi di rame nelle case degli italiani. A questo si è aggiunto il dinamismo della mobile Tim, che detiene il 43 per cento del fatturato cellulare italiano (Vodafone 33, Wind 19, H3g 5)». [3]
Il tracollo di Telecom sarebbe un guaio per l’intero Paese. Carlini: «E la scalata da parte di imprese straniere (per esempio la spagnola Telefonica) verrebbe considerata un insulto nazionale, tanto più considerando che l’italiana Omnitel venne ceduta ai tedeschi e poi all’inglese Vodafone nelle scalate di Colaninno, che Enel ha ceduto Wind a un investitore egiziano e che H3g è cinese. Qui non c’entra il nazionalismo, ma la banale considerazione che le tecnologie della comunicazione integrata e convergente sono uno dei fattori strategici di successo già ora e negli anni a venire». [3]
Telecom ha un problema finanziario. Oscar Giannino: «Tronchetti è alla guida di un gruppo il cui debito tra Pirelli, Olimpia e Telecom splafona verso la cinquantina di miliardi di euro. Ha dovuto vendere tutto il vendibile, per ricomprarsi dai soci Olimpia le azioni che questi dismettono, lasciandolo solo di volta in volta allo scadere dei patti. Ultima vendita, la Brasil Telecom. La quotazione in Borsa di Pirelli penumatici, che doveva tirar su qualche altro centinaio di milioni da destinare a valle, per rafforzare un controllo in Olimpia su Telecom sempre più debole, è fallita». Olimpia, la scatola che controlla (18%) Telecom, è composta dai Benetton (20), Unicredit e Banca Intesa (4,7), Pirelli (retta da un patto di sindacato in cui sono presenti oltre alla Camfin di Tronchetti, Ras, Capitalia, Intesa, Mediobanca, Fonsai, Benetton, Moratti. 70). [4]
La settimana scorsa Tronchetti Provera ha avuto dal consiglio di amministrazione Pirelli il via libera per vendere il 39% della divisione pneumatici. A comprare 100 milioni di azioni saranno quattro banche italiane (Capitalia, Intesa, Mediobanca, Banca Leonardo) e due straniere (Jp Morgan, Lehman Brothers). Incasso totale: 740 milioni di euro. Walter Galbiati: «La necessità di far cassa in vista dei numerosi impegni finanziari ha prevalso sulla volontà di tenersi in casa per intero un business che non solo rappresenta l’anima del gruppo Pirelli, ma anche la maggior parte del fatturato della holding». [5]
Il 12 luglio Pirelli ha sborsato 536 milioni di euro per liquidare la Hopa di Emilio Gnutti da Olimpia. Galbiati: «A ottobre toccherà alle banche, Intesa e Unicredit, incassare ben 1,1 miliardi di euro per la loro partecipazione nella holding che controlla Telecom. Ma gli impegni non sono finiti qui, perché già il 23 novembre Pirelli potrebbe dover tirar fuori altri 200 milioni per ricomprare obbligazioni convertibili Telecom da Credit Agricole Lazard financial products bank e a dicembre ancora 142 milioni di euro per ricomprare da Jp Morgan 47,1 milioni di titoli Telecom valorizzati 3 euro. Qualche mese dopo, ad aprile 2007, Pirelli dovrà affrontare altri due scogli: il 4 aprile scadrà il maxibond da 500 milioni emesso nel 2002 e il 20 aprile scatterà l’impegno per riacquistare altri 135 milioni di titoli Telecom da Caboto (gruppo Intesa) a 2,37 euro, pari a circa 320 milioni. In tutto oltre 2,2 miliardi di euro in dieci mesi. Insomma per Tronchetti Provera sta arrivando al pettine il nodo Telecom, un’acquisizione pagata cara, e, dopo cinque anni, non ancora apprezzata dalla Borsa». [5]
Il titolo Telecom vale poco più di 2 euro contro i 4 euro scritti nel bilancio Pirelli. Carlini: «Gli osservatori dicono che quando scendesse ancora a 1,8 la minaccia di una scalata straniera sarebbe realistica». [3] Zeni: «Scendere sotto la soglia psicologica dei 2 euro per Telecom potrebbe rendere un po’ più concreta quell’Opa che per ora circola più come ipotesi di maniera che come progetto fattibile. Chi, anche tra i colossi stranieri di cui ogni tanto si vocifera, si chiede un analista, potrebbe lanciare un’Opa su Telecom finché la capitalizzazione resta attorno ai 40 miliardi di euro?». [2]
Più che il pericolo Opa, per Telecom c’è il rischio ricapitalizzazione. Zeni: «Secondo questo scenario, avendo in carico le azioni Telecom in Olimpia a 4,2 euro per azione e in Pirelli a 4 euro, Tronchetti sarebbe costretto a svalutare di corsa le partecipazioni in Telecom e subito dopo a mettere mano al portafoglio per una onerosissima ricapitalizzazione: ma quanti azionisti, è la domanda di molti analisti, lo seguirebbero in questo caso e soprattutto dove troverebbe i quattrini la Pirelli che, fallita la quotazione degli pneumatici, è costretta a trattare con le banche un collocamento a fermo di un 35-40% del capitale della Tyre per portare a casa i miliardi necessari a finanziare l’uscita da Olimpia di Hopa, di Unicredito e di Intesa?» [2]
Un’ipotesi è quella di usare La7. Carlini: «Il quadro di governo, con la riforma imminente della legge Gasparri, annunciata dal ministro Gentiloni, è infine favorevole allo sviluppo di un terzo polo editorial-televisivo robusto e concorrente, della qual cosa non si può che essere contenti. Ma servono nuovi capitali e perché non chiederli allora al gruppo Rcs, dove Pirelli figura con un suo 4,8 per cento? Nella recente riunione del patto di sindacato, Tronchetti Provera è tra quelli che ha spinto per il ridimensionamento (vedi allontanamento) dell’amministratore delegato Colao. Forse perché questi non giudicava matura né industrialmente valida l’avventura televisiva? possibile. Va notata anche la prontezza con cui nei giorni scorsi Tronchetti Provera ha voluto precisare che i suoi rapporti con Murdoch (Sky) riguardano solo l’acquisto di diritti televisivi da riversare sulla internet tv Alice e sui cellulari multimediali». [3]
Ci fosse un ingresso di Sky in Telecom, scatterebbe l’obbligo di liberarsi della 7 (antitrust). Carlini: «Sarebbe tuttavia un’operazione finanziaria magistrale: un nuovo socio in Telecom, con capitali freschi, e un ulteriore incasso dalla vendita della 7 a Rcs. Col che i problemi di finanza dell’ex monopolista potrebbero essere a soluzione. Alla televisione numero 7 guarda comunque anche il gruppo espresso, e questo spiegherebbe sia l’animosità della Repubblica, sia l’ansia di alcuni soci di Rcs». [4]
Giorni fa è volato da un cavalcavia sopra via Cilea a Napoli Adamo Bove, dirigente della sicurezza Telecom. La settimana scorsa Tronchetti Provera ha mandato un videomessaggio a tutti i dipendenti per spronarli a sentirsi orgogliosi di appartenere a uno dei più grandi gruppi italiani. Giannino: «Ma con una terrificante accusa esplicita, e cioè che praticamente il responsabile del fatto che ad Adamo Bove siano saltati i nervi - facciamo finta di crederci - sia l’’editore senza scrupoli”, lo ha chiamato, e cioè Carlo De Benedetti, il padrone di Repubblica, il giornale che da mesi e mesi con la coppia D’Avanzo-Bonini sulle indagini Sismi e intercettazioni, e con Giovanni Pons nelle pagine finanziarie, picchia come un maglio sui guai sempre più foschi del gigante telefonico». [4]
Tronchetti Provera e De Benedetti non si sono mai amati. Cingolani: «La fragile e lunghissima catena che controlla il gruppo telefonico è stata scandagliata puntualmente sui giornali del gruppo Espresso. Così come ogni rumor di possibile scalata. Dicono che la rottura definitiva sia maturata a settembre con l’uscita di Marco De Benedetti, dopo la fusione Telecom-Tim. Ma c’è chi fa risalire l’atto finale alla cena della scorsa estate tra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi e all’idea di creare insieme un fondo di investimenti per aziende in crisi. Ed era nata la voce, forse più credibile di altre, che il vero bersaglio fosse Telecom. La ”bicamerale degli affari” svanì nel nulla. Il sospetto no. E con lui il veleno». [1] Giannino: «De Benedetti non ha i muscoli finanziari né la voglia di imbarcarsi in un’Opa su Telecom. Ma all’editoriale Espresso le due reti tv di Telecom, La7 e Mtv, farebbero gola come la fanno a tutti i maggiori gruppi editoriali italiani esclusi sinora dalla tv». [4]
Rcs più La7 è una delle strade per salvare Telecom prima che i debiti la collassino. Ma ce n’è almeno un’altra. Carlini: «Quella dello scorporo dell’infrastruttura di rete dai servizi. La quale rete fissa dovrebbe valere, secondo la contabilità europea 14 miliardi, ma potrebbe persino raddoppiare: ”se qualcuno ha 30 miliardi da darci gliela vendiamo subito” scherza un dirigente». [3]
Le reti di nuova generazione richiedono onerosi investimenti. Chi li farà? Carlini: «Telecom Italia da sola non sarà in grado. Da qui la possibilità di riproporre una rete pubblica (o semipubblica) che garantisca il nuovo servizio universale e che sia agnostica, cioè imparziale, rispetto a tutti i concorrenti. Alla fin fine, lo ha detto anche Tommaso Padoa Schioppa, l’esperienza migliore delle vecchie partecipazioni statali non era tutta da buttare ed è stata un volano della crescita industriale italiana (persino quando vendeva sottocosto il lamierino alla Fiat per fare automobili)». [3]