Onda n.31 2006, 28 luglio 2006
La nostra Africa. ARTE, CULTURA, tradizioni ANTICHISSIMI e rituali misteriosi. Ma anche commerci e iniziative imprenditoriali proiettate verso il futuro
La nostra Africa. ARTE, CULTURA, tradizioni ANTICHISSIMI e rituali misteriosi. Ma anche commerci e iniziative imprenditoriali proiettate verso il futuro. l’Africa raccontata da Syusy Blady e Patrizio Roversi nel programma in cinque puntate Turisti per caso. La nostra Africa (dal 20 agosto ogni domenica su Raitre alle 21.15). «Quando la gente pensa all’Africa ha in mente solo fame, analfabetismo, povertà», ci dice Syusy. «Ma l’Africa è anche un continente di bellezze naturali, archeologiche e culturali tutte da scoprire. Solo grazie alla conoscenza e alla valorizzazione di questi elementi, possiamo aiutare davvero il popolo africano». Proprio per questo, mentre Patrizio esplora l’Etiopia per parlarci della religione copta e delle storie degli italiani che vivono laggiù, Syusy ha deciso di svelarci il Continente nero non tanto con lo sguardo scanzonato della ”turista per caso”, quanto con la passione e la curiosità dell’antropologa. A partire dalla scelta del compagno di viaggio: il trentenne Jesus, che vive in Italia da 22 anni e da allora non è mai tornato in Senegal, nel villaggio di pescatori dove è nato. Come mai ha scelto proprio Jesus e non una persona del posto? «Ho pensato che Jesus, con le sue radici africane e la sua cultura occidentale, fosse la guida ideale per comprendere le tradizioni del Senegal. Con lui sono partita dall’Italia con destinazione Dakar». Che cosa l’ha colpita di più della capitale del Senegal? «Ho scoperto che le donne del posto hanno una mentalità imprenditoriale invidiabile. Fanno quasi tutto loro: gli uomini sono soprattutto dediti alla pesca, mentre le donne hanno messo in moto attività di sartoria e tintura dei tessuti secondo il metodo tradizionale. Non solo: quando i pescherecci rientrano al porto, verso mezzogiorno, le donne vanno a comprare il pesce fresco (sardine, pesci troppo piccoli per essere esportati, oppure quello che è rimasto invenduto): lo puliscono, lo affumicano, lo vendono al mercato da dove parte per i villaggi più remoti del Paese, per il Mali e il Burkina Faso: ed è l’unica fonte di proteine per gli abitanti di quelle zone». Tappa successiva del viaggio senegalese? «Appena fuori Dakar abbiamo incontrato il villaggio di Jesus, di etnia Lebu e religione animista. Lì ho assistito alla cerimonia di iniziazione di Jesus: il passaggio dalla vita da scapolo a quella di ammogliato (con lui c’era anche la moglie, con cui si era unito in nozze già in Italia). Nella seconda puntata del programma, vedrete proprio l’incontro di Jesus con la sua gente e i suoi familiari e lo svolgimento del rito. E vi assicuro che non si tratta di una cerimonia a uso e consumo dei turisti ma di un rituale vero, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Ci racconta come si è svolto? «Tutto il villaggio era raccolto a un gigantesco baobab, nell’aria risuonava il tocco ritmico dei tamburi. La nonna di Jesus eseguiva danze sacre, mentre le zie in trance borbottano frasi rituali. Ancora una volta, questa landa sperduta del mondo ci ha ricordato il ruolo centrale delle donne. Donne sacerdotesse custodi di una ritualità antichissima e della sacralità della natura. Quali sono state le sue emozioni di fronte a uno spettacolo così forte, almeno per una donna occidentale? « stata un’emozione davvero intensa. Mi ha richiamato alla mente qualcosa di arcaico e al tempo stesso universale». Ci racconti ora della terza puntata, dedicata al Mali. «Siamo stati a Bamako, la capitale. Il centro è piccolo ma invaso da mercati, traffico caotico e tante curiosità. C’è il mercato centrale, colmo delle più svariate mercanzie, dalle stoffe agli utensili di ogni genere, dall’incenso alle scarpe di plastica. C’è il mercato dei generi alimentari, dove splendidi manghi si offrono insieme a lussureggianti insalate, rossi peperoncini e spezie dai profumi violenti. C’è il mercato artigianale, dove si lavorano prodotti primi locali: oro, pelle, cotone, legno, osso. C’è il mercato della medicina tradizionale, dove si offrono erbe fresche ed essiccate ma anche becchi d’uccello, unghie di scimmia, brandelli di pelle, denti di caimano...». Il Mali è molto famoso anche per la musica tradizionale... «Lo struggente blues del Niger, che non è prerogativa maschile ma anche di splendide fanciulle dalla pelle d’ebano. La loro musica è vendutissima in patria e nei paesi ex coloniali (la Francia su tutti), e sono loro le nuove eroine della ”world music”. ”Cantare il blues è raccontare la vita di tutti i giorni, dei figli del Mali, della vita nei campi, della fatica di tirare su l’acqua dal pozzo e del miglio pestato ancora nei mortai”, ci hanno raccontato. Da Bamako è poi iniziato il nostro viaggio in piroga sul Niger verso Timbuctu. Timbuctu, che vanta una grande biblioteca universitaria islamica, è anche nota come ”la porta del deserto” . Tra le dune abbiamo incontrato carovane di centinaia di cammelli che trasportavano sale, oro, avorio, verso il Marocco e l’Algeria. A questo punto siete partiti per la Libia, nota agli antropologi soprattutto per le sue pitture rupestri... «Sono migliaia i siti d’arte rupestre distribuiti nei Paesi sahariani, ma la maggior concentrazione si ha proprio nell’area dell’Akakus libico, tanto che l’Unesco ha dichiarato quest’area, già parco naturale dal 1973, patrimonio culturale dell’umanità. un altopiano di circa 900 metri d’altezza, con cime che superano i 1.300 metri, lungo 150 chilometri e largo 30, nell’estremo sud della Libia. La sua è una morfologia tormentata: si tratta di una sorta di gigantesca cattedrale gotica, con pinnacoli e guglie scolpiti e lavorati dalla natura e graffiti e pitture creati sulle sue pareti dagli uomini delle caverne». Altre scoperte che durante il viaggio africano l’hanno affascinata in particolar modo? «A nord-est di Bamako, nella zona centrale del Mali, vive un’etnia tra le più singolari del continente africano che conserva gelosamente le vecchie credenze animiste e gli antichi costumi tribali: sono i Dogon, popolazione molto isolata che abita nel deserto su una falesia ripidissima. Vivono principalmente di agricoltura e di allevamento, ma sono anche abili intagliatori di legno: questa abilità si manifesta soprattutto nel ritrarre figure femminili ma sono molto apprezzate anche le porte e le splendide ed elaborate maschere rituali. La peculiarità antropologica che differenzia questa etnia da altri popoli tribali, consiste nel fatto che gli anziani dimostrano di possedere delle complesse cognizioni astro-cosmogoniche incredibilmente precise e dettagliate che ancor oggi stupiscono i nostri scienziati». A questo punto, dopo tante scoperte, non vi sarete negati l’esperienza di un rito wodoo... «Certo che no, e nell’ultima puntata, girata in Togo, vi mostreremo anche quella». Roberta Mercuri