La Stampa 01/07/2006, pag.15 Raffaella Silipo, 1 luglio 2006
Quelli che non buttano via niente. La Stampa 1 luglio 2006. Travolti dai ricordi. Vestiti, scatoloni, chincaglieria, libri e giornali che accumuliamo in modo maniacale e un giorno ci si rivoltano contro, come è accaduto ieri a una donna milanese ricoverata in ospedale dopo essere stata investita dagli oggetti stipati nel suo alloggio
Quelli che non buttano via niente. La Stampa 1 luglio 2006. Travolti dai ricordi. Vestiti, scatoloni, chincaglieria, libri e giornali che accumuliamo in modo maniacale e un giorno ci si rivoltano contro, come è accaduto ieri a una donna milanese ricoverata in ospedale dopo essere stata investita dagli oggetti stipati nel suo alloggio. Un caso estremo, certo, ma non così raro: chi di noi non ha mai tentato di nobilitare il disordine sulla scrivania ribattezzandolo «caos organizzato»? E che dire di quelle case dove a prima vista tutto sembra in ordine, ma che nascondono nei ripostigli e negli armadi l’accozzaglia più improbabile di oggetti inutili? L’esercito dei «clutterholic» - il nome inglese deriva da «clutter», che significa accumulo - è sempre più numeroso: secondo una ricerca americana l’80 per cento delle cose che possediamo non viene mai usato. Montagne di libri che non leggeremo, vestiti che non indosseremo, cibi che non assaggeremo. «Colpa del modello occidentale di vivere, un modello tumorale» dice l’architetto Pierfrancesco Ros, esperto di «space clearing», disciplina che aiuta a ritrovare la semplicità nello stile di vita: «Cerchiamo la felicità attraverso il possesso di simulacri, ci riempiamo di cose inutili per mettere a tacere il senso di vuoto, proiettiamo sugli oggetti i nostri bisogni». Perfezionisti, nostalgici, insicuri, depressi, i «clutterholics», sepolti e appesantiti dalla quantità di oggetti e di passato, non riescono più a distinguere le loro priorità. Ciascuno a suo modo: «I depressi accumulano roba sul pavimento - spiega la dottoressa Lucia Larese - come un peso che li immobilizza. I nostalgici hanno paura ad affrontare i cambiamenti e trattengono peluche dell’infanzia o vecchi biglietti d’aereo, i perfezionisti collezionano oggetti per ”ordinare il mondo” e in qualche modo controllarlo, gli insicuri cercano l’identità in oggetti di status symbol, penne e orologi preziosi, vestiti firmati». Il denominatore comune della sindrome da accumulo sarebbe un disturbo dell’attenzione che impedisce di valutare rapidamente una situazione e selezionare ciò che ci serve e ciò che no. Non a caso uno dei primi suggerimenti dello «space clearing» per liberarsi delle zavorre è imparare a decidere subito, a fare scelte senza rimandare, «perché le cose rimaste in sospeso ci sottraggono energia e ci confondono» spiega ancora Ros: «Noi suggeriamo tutta una serie di rituali perché la pulizia e l’ordine esteriori corrispondano davvero a un rinnovamento interiore: in fondo è qualcosa che somiglia al digiuno religioso o al silenzio della meditazione». Prima cosa, partire dai piccoli gesti: buttare all’aria tutto l’armadio serve solo a scoraggiarsi. Meglio aprire un cassetto, toccare gli oggetti a uno a uno e sentire se ancora ci parlano: «Bisogna imparare a lasciare andare le cose con amore, così come si dovrebbe fare con le relazioni finite, i lavori che non ci danno più nulla. Trattenere il passato impedisce l’evoluzione». Avviso a chi convive con un «clutterholic»: mai, assolutamente passare alle maniere forti, buttare via in un attimo le cose accumulate in anni. «E’ un atto imperdonabile, di estrema aggressività - conclude Ros, facendoci sospettare che forse in passato è stato contagiato anche lui dalla sindrome -. Non solo: in questo modo la negatività vi si ritorce contro. Lo ”space clearing” è un percorso di maturazione che bisogna fare da soli. Bisogna ritornare all’essenziale, capire che nella vita non si può avere tutto: basta avere quello che qui e ora è importante per noi». Raffaella Silipo