Plus Il Sole 24 Ore 22/07/2006, pag.4 Gianfranco Ursino, 22 luglio 2006
Le pepite chiuse in cassetto. Plus Il Sole 24 Ore 22 luglio 2006. Mai fermarsi al primo intralcio. questo il consiglio da seguire quando ci si reca in banca per investire i propri risparmi
Le pepite chiuse in cassetto. Plus Il Sole 24 Ore 22 luglio 2006. Mai fermarsi al primo intralcio. questo il consiglio da seguire quando ci si reca in banca per investire i propri risparmi. Spesso non basta arrivare allo sportello con le idee chiare sulle proprie esigenze finanziarie, in quanto ci sarà l’impiegato di turno che cercherà di dirottarci sul prodotto da piazzare del momento. Più che i bisogni del cliente, a guidare la consulenza bancaria sono le politiche commerciali dell’istituto di credito che spinge a collocare i più remunerativi prodotti della casa, con elevate commissioni giustificate dall’attività di gestione fornita. Lo sportellista non ha alcun particolare interesse commerciale alla diffusione di strumenti finanziari dove la banca si pone come negoziatrice come gli etf, certificates, fondi immobiliari, titoli di Stato e obbligazioni sovranazionali: tutti servizi a basso margine per la banca. Non è raro che chi si rivolge in banca per acquistare un Etf riceva risposte evasive, per scoraggiare un investimento che porta al massimo nelle casse della banca lo 0,7 per cento. Altri strumenti finanziari, come le polizze assicurative e i fondi comuni della casa, magari anche ottimi prodotti ma che garantiscono al sistema ben altre commissioni. L’attività di mera intermediazione non è ben vista dall’istituto di credito, soprattutto per i prodotti orientati sul lungo periodo, come per esempio i fondi immobiliari o la stessa emissione obbligazionaria della Bei con scadenza 2016. Investimenti che congelano il patrimonio e rappresentano un minor ricavo per l’intermediario che basa buona parte dei propri volumi sulla movimentazione dei portafogli dei clienti. Denaro che per la banca non rende. Le reti distributive tendono a vendere principalmente prodotti in fase di collocamento, dove è prevista una specifica commissione per chi li vende, alta o bassa che sia. L’intermediario è quindi incentivato a vendere il prodotto sul mercato primario con una remunerazione più alta rispetto a quella che può ricavare da un portafoglio di trading. "Sul secondario - precisa Carlo Mazzola, presidente della società di consulenza finanziaria indipendente Norisk - c’è la possibilità inoltre di far vedere al cliente l’esistenza di un mercato in linea di massima più efficiente della vendita in fase di collocamento. Un mercato in cui domanda e offerta sostanzialmente si incontrano molto più liberamente che sul mercato primario". Se non altro perché non c’è l’obbligo a vendere il proprio prodotto glorificando i vantaggi rispetto agli altri già presenti sul mercato, sui quali è possibile avere anche un riscontro sul reale andamento. "Un’altra ragione per non fare entrare prodotti efficienti nei portafogli dei clienti - continua Mazzola - e quello di evitargli il confronto in futuro con i propri prodotti". Il rischio è quello di far vedere al cliente che fra tre anni l’Etf che ha in portafoglio, ha reso di più del corrispettivo fondo comune del gruppo. Per superare l’ostacolo operativo anche l’investitore più evoluto, che giunge allo sportello con le idee chiare su dove investire (vedi servizi alle pagine 22-23), deve prepararsi a insistere per ottenere il prodotto desiderato. Gianfranco Ursino