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 2006  luglio 23 Domenica calendario

Agosto ’69, la ragazzina che morì di fame per amore. La Stampa 23 luglio 2006. Cominciò così, con un titolo su La Stampa a sei colonne di «spalla», quello in alto a destra della pagina, un giorno che pareva prologo a una tragedia: martedì 17

Agosto ’69, la ragazzina che morì di fame per amore. La Stampa 23 luglio 2006. Cominciò così, con un titolo su La Stampa a sei colonne di «spalla», quello in alto a destra della pagina, un giorno che pareva prologo a una tragedia: martedì 17. L’anno, il 1968; il mese, dicembre. «Una tredicenne astigiana rapita di notte da sconosciuti penetrati nella sua camera». Maria Teresa Novara era figlia di contadini, abitava in una cascina a Bricco Barrano. Sul visetto fresco, un’espressione scanzonata, frequentava la terza media, aveva un fidanzatino, i suoi sogni, una vita normale. Spesso era ospite degli zii, titolari di una tabaccheria, a Cantarana di Villafranca. Nascosto dalle tenebre, qualcuno era entrato nella sua camera e l’aveva portata via. Tutto qui. Ma non si era ancora aperta la stagione della caccia all’ostaggio. Eppoi, forse, non era andata neppure così. A quel fatto, avvenuto in un angolo di Piemonte, pochi prestarono attenzione e gli annuari neppure lo riportarono. Rapimento, omicidio mascherato, ladri riconosciuti che, per coprirsi le spalle, si erano trascinati dietro la ragazza. Si pensò anche a una tragedia scoppiata in seno alla famiglia. Le tracce trovate dai carabinieri non furono di alcun aiuto: una scala a pioli appoggiata alla finestra, un sacco «con tutti gli abiti» sul pavimento della stanza, la catena del cancello tranciata, l’arrivo di una lettera firmata Teresa e spedita da Quarto d’Asti all’indomani della scomparsa: «Sono con gente che mi farà guadagnare molti soldi. Parto per destinazione ignota». Naturalmente, neppure una garanzia che l’avesse scritta lei. I giorni scivolavano lenti e ognuno portava con sé un’ipotesi nuova che pareva quella buona, ma evaporava in fretta. Indagini in ogni direzione, si continuava a ripetere, e voleva dire che non c’era idea di dove cercare. Si era rivelato fallace anche il sospetto che nell’affaire fosse coinvolto lo zio tabaccaio, Pasquino Borgnino. Fra la fine dell’anno e i primi di gennaio La Stampa mandò a Villafranca il fior fiore dei giornalisti investigativi: Mario Bariona, Giuliano Marchesini, Carlo Moriondo e Aldo Popaiz. «Può in Italia sparire così una ragazzina?» Il titolo del paginone rifletteva ciò che avevano trovato: il buio fitto. Ma, come si dice banalmente, quella volta la verità superò la fantasia. A poco a poco si era affievolta pure l’eco delle notizie su Maria Teresa Novara. Mesi dopo, in una Torino rovente, si era verificato un tragico fatto di cronaca. Per sfuggire ai carabinieri, tale Bartolomeo Calleri, si era tuffato nel Po, ma non sapeva nuotare ed era affogato. Aveva 34 anni, era un piccolo malavitoso, un ladruncolo che proprio quel giorno aveva appena messo a segno nel Chierese quello che sarebbe stato l’ultimo colpo della sua grigia carriera. Era lunedì 4 agosto 1969. Subito non si capì il motivo del suo disperato tentativo di fuga. Il complice, Luciano Rosso, era stato preso. Tutto pareva aver il gusto di un fatto di ordinaria cronaca nera, privo di spunti interessanti per un’indagine. Dalle ricerche emerse che Calleri possedeva una cascina nella campagna di Canale d’Alba. Come da prassi, i carabianieri fecero un sopralluogo, senza trovare qualcosa di significativo. Ma qualcosa non quadrava e così venne deciso un secondo sopralluogo. Mercoledì 13, in una cella sotterranea, alla quale si accedeva attraverso una botola sigillata con un battente di ferro, fu trovato il corpo della ragazzina. Morta di fame da poche ore, avrebbe stabilito l’autospia: se trovata subito, forse l’avrebbero salvata. Il brigadiere Giuseppe Versasco, comandante della stazione dei carabinieri di Canale, venne sospeso. Perché Maria Teresa si trovava lì? Pochi dubbi sul fatto che Calleri, in quella notte d’inverno, l’avesse rapita o aiutata a fuggire. Pochi per il magistrato Mario Bozzola, ancor meno per il vecchio medico condotto, Casimiro «Mirin» Gambini che, a Villafranca, aveva aiutato a nascere un sacco di gente, anche Maria Teresa. «Era soltanto una bambina, senza personalità. Niente di niente. Tutto il giorno in bottega ad aiutare lo zio, usciva solo per andare in chiesa. stata lei a scappare. Se uno le diceva ”vieni”, lei andava. Quello là, il Calleri, le aveva fatto girare la testa. E lei c’era cascata. Due giorni dopo l’avevano vista in giro con lui per balere». Chissà se era vero, che l’avevano vista a ballare. Di certo, nella cascina del Calleri c’erano passati i suoi amici, tanti, si disse, troppi. Anche Antonio Borlengo, un contadino quarantunenne che abitava a non più di 200 metri e che aveva lavorato pure per Calleri. L’aveva vista, «ma non sapevo chi fosse». Eppure, in quella cascina c’era tornato «perché avevo sentito di un ladro annegato in Po e che si trattava di Bartolomeo. Con mio cugino siamo saliti a dare un’occhiata, ma non abbiamo trovato nulla. Non immaginavo che la ragazza potesse essere là sotto». Era finito dentro per favoreggiamento. Si volle dire che non lo immaginava nessuno, fra quelle colline, che lei fosse lì, prigioniera o chissà che cosa, ma forse lo sapevano in tanti, troppi. E questo era stato il grande cruccio del magistrato. Perché era finita nel peggiore dei modi, con uno strazio infinito. E quel titolo su La Stampa ci ricorda che cominciò così.Rapine, delitti passionali, sequestri, crimini politici, stragi di camorra, omicidi senza ragione, insomma tutto ciò che sui giornali viene catalogato come «cronaca nera», è diventato l’oggetto di un singolare programma in quattro puntate che, partendo da uno scatto fotografico, ripercorre i fatti e i fattacci della nostra Italia, dagli Anni Sessanta agli Ottanta. A legare immagini e racconti Michele Placido. Protagonisti del programma, naturalmente, sono i fotografi di nera che con le loro immagini hanno raccontato delitti eccellenti e delitti comuni. Dietro l’obiettivo, professionisti come Francesco Cito, Giovanni D’Aco, Sergio Solavaggione e Letizia Battaglia che hanno lavorato per le maggiori agenzie internazionali, ma anche fotoreporter di quotidiani come «La Stampa». Quattro le città viste attraverso la lente della cronaca nera, Torino, Palermo, Roma, Napoli. «Scatti di nera» va in onda la domenica, da oggi, alle 21,55 su FoxCrime, Canale 112 di Sky. Vincenzo Tessandori