Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  luglio 23 Domenica calendario

Bimbe che scrivono sui razzi La rabbia araba corre sul web. Corriere della Sera 23 luglio 2006. Gerusalemme

Bimbe che scrivono sui razzi La rabbia araba corre sul web. Corriere della Sera 23 luglio 2006. Gerusalemme. «Una società rischia di perdere la sua anima, quando ai bambini viene insegnato che armi e guerra significano giustizia e progresso». Il Philadelphia Inquirer ha pubblicato due foto, una a fianco all’altra. Da Israele: le ragazzine di Kiryat Shmona, al confine nord, disegnano la bandiera bianca e azzurra dello Stato ebraico sui proiettili di artiglieria, dove si legge «Per Nasrallah con amore». Dal Libano: una madre tiene in braccio il figlio appena nato, lo ha chiamato Raad, come i missili che gli Hezbollah sparano sulle città israeliane, tra cui Kiryat Shmona, dall’altra parte della frontiera. «Preghiamo – continua il quotidiano americano – che il piccolo Raad cresca e diventi un pacifista, assieme a quelle ragazzine al suo fianco». Le immagini di Kiryat Shmona, scattate dal fotografo Sebastian Scheiner dell’Associated Press, sono state rilanciate sul Web dai siti arabi per dimostrare che gli israeliani educano i loro figli alla violenza. Haitham Sabbah, un giordano-palestinese che vive in Bahrain, ha pubblicato le foto sul suo blog, accompagnate dal commento «Odio, disgusto... non so quali parole possano descrivere questa scena. E dicono che siamo noi a insegnare ai nostri piccoli a disprezzare gli israeliani. Grazie, bimbi israeliani, abbiamo ricevuto i vostri doni. Vedete?». E mostra il cadavere di un bambino libanese tra le macerie. Haitham è stato tra i primi a riprendere le immagini e il suo blog ha ricevuto così tante visite che per qualche ora è rimasto inaccessibile. «Ho queste foto (decine di persone me le hanno mandate) da diversi giorni. Ho esitato prima di pubblicarle. Volevo verificare la fonte. Non potevo crederci, chiamatemi ingenuo. Non potevo credere che avrebbero consentito ai bambini di scrivere messaggi sulle bombe. Ebbene sì. Come possono osare parlare di pace?», scrive Asad nel suo sito personale, Arabo Arrabbiato. Per molti, le foto hanno rappresentato una risposta agli scatti dei piccoli palestinesi che imbracciano un Kalashnikov giocattolo o indossano una finta cintura da kamikaze. «Alla fine sviluppiamo una sorta di apatia verso le immagini scioccanti – scrive Roba Al-Assi, giordana – perché ai bambini arabi non vengono nascoste. Siamo cresciuti con loro e sono parte delle nostre vite: in televisione, su giornali, nelle campagne pubblicitarie. Ma questa foto è qualcosa di più grave». La Columbia Journalism Review ha dedicato un editoriale alla polemica. «Per quelli che già odiano Israele, è solo una conferma alle loro peggiori fantasie – scrive Gal Beckerman ”. Molti siti Internet hanno scritto che le ragazzine israeliane stavano scrivendo un messaggio ai bambini libanesi, come se fosse un fatto accertato. La realtà è sempre più complicata della propaganda». La rivista, pubblicata dalla Columbia University a New York, offre la ricostruzione delle ore precedenti a quegli scatti fatta da Lisa Goldman, una blogger-giornalista di Tel Aviv, che ha intervistato Shelly Paz, una reporter di Yedioth Ahronoth, presente quando le foto sono state prese. «I messaggi erano tutti diretti a Nasrallah e scritti dai genitori – è la testimonianza raccolta da Lisa ”. Il problema è che nessuno di loro, dopo giorni passati sotto le bombe, nei rifugi, isolati e impauriti, si è fermato a pensare "proiettili uguale morte di altri esseri umani". E hanno lasciato che anche i bambini si avvicinassero a disegnare le bandiere». « stata un’idea stupida lasciare che le ragazzine si facessero fotografare vicino alle bombe – commenta Goldman nel suo sito – ma le persone sotto stress emotivo possono fare cose stupide. Mi spaventa il clima di odio che spinge a guardare una foto e a ricavarne subito la conclusione che gli altri, la società dall’altra parte, rappresenta il male assoluto». Davide Frattini