Varie, 25 luglio 2006
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DUNGA (Carlos Caetano Bledorn Verri) Rio Grande do Soul (Brasile) 31 ottobre 1963. Ex calciatore. Mediano dotato di gran visione di gioco, leadership e un tiro dalla distanza potente e preciso, iniziò la sua carriera all’Internacional nel 1980, per poi passare al Corinthians, al Santos e al Vasco da Gama
DUNGA (Carlos Caetano Bledorn Verri) Rio Grande do Soul (Brasile) 31 ottobre 1963. Ex calciatore. Mediano dotato di gran visione di gioco, leadership e un tiro dalla distanza potente e preciso, iniziò la sua carriera all’Internacional nel 1980, per poi passare al Corinthians, al Santos e al Vasco da Gama. Nel 1987 arrivò in europa a Pisa. Giocò in seguito nella Fiorentina (1988-1992), nel Pescara (1992-1993), nello Stoccarda (1993-1995), in Giappone allo Jubilo Iwata, di nuovo all’Internacional con cui nel 2000 chiuse la carriera da calciatore. Con la maglia della nazionale brasiliana conta 91 presenze e 6 gol. Al Mondiale di Usa ’94 fu il capitano dei verdeoro nella maggior parte delle partite, in finale contro l’Italia mise a segno il terzo rigore della serie. Indossò la fascia da capitano fino a Francia ’98, e nella semifinale contro l’Olanda mise a segno il quarto rigore della serie. Con il Brasile giocò anche un altro Mondiale, Italia ’90, e conquistò la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984. Dal 2006 al 2010 fu ct del Brasile. Dunga significa cucciolo (uno dei sette nani) • «Il più “antibrasiliano” (per concezione tecnica e filosofia, vogliamo dire) degli allenatori brasiliani [...] In molti, quando gli venne affidata la ingombrante e affascinante panchina verdeoro, sorrisero, con ironia: “Questa è una barzelletta, durerà al massimo sei mesi, non di più”. Ma non ci fu nessuna caduta degli dei, nessuna fine della meraviglia o dello spettacolo: Dunga, offeso criticato deriso, ha risposto sul campo - così come faceva da calciatore - con i risultati. E che risultati: Coppa America 2007, Confederations Cup 2009 [...] Il “Cucciolo” ha capito la lezione della storia: inutile divertire per correre il rischio di far divertire gli altri, giusto mantenere il dna dell’allegria e dell’ improvvisazione, ma soprattutto in difesa e a centrocampo far tesoro della cultura europea. [...] Dunga è arrivato da noi: ha lottato, ha studiato, capendo che anche difendere non rappresenta un oltraggio alla tradizione. Così, eccolo il Brasil vestito di saggezza e di felicità, eccolo il Brasil che ha riscoperto il fascino del portiere (non più elemento estraneo, ma campione con pari dignità degli altri), una retroguardia di ferro e fuoco e di gente là in mezzo da “sturm und drang”, con il rischio perenne del cartellino rosso, ma fondamentale per evitare tracolli [...]» (Darwin Pastorin, “l’Unità” 11/9/2009).