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 2006  luglio 22 Sabato calendario

Attardi Ugo

• Sori (Genova) 12 marzo 1923, Roma 20 luglio 2006. Artista • «Il Novecento ci ha abituati ad artisti che iniziano la carriera dipingendo figure e poi, a un certo punto, hanno come un’illuminazione. Così abbandonano la pittura tradizionale per cercare tecniche e linguaggi nuovi. A Ugo Attardi [...] è successo esattamente l’inverso. Dopo aver attraversato l’avanguardia nel dopoguerra, ricco di promesse e fervido di dibattiti culturali, fa la sua scelta di campo a favore dell’astrattismo. Eccolo fondare con Accardi, Dorazio, Turcato, Sanfilippo, Consagra, Maugeri e Manisco il gruppo Forma Uno. Siamo nel 1948, ma a Attardi bastano pochi anni per capire che il problema per lui non è il rapporto squisitamente formale suggerito da un’opera d’arte, ma ciò che questa può narrare, esprimere, significare. degli anni Cinquanta la sua svolta in senso realistico. Niente più incastri geometrici, ma donne, uomini, paesaggi, città dipinti anche con un certo pathos, espressione di un’interiorità. Sono quadri infuocati. Da allora e per più di cinquant’anni, il suo immaginario si è nutrito delle storie dell’umanità, senza distinzione tra quelle minime, di figure adagiate su divani o di donne africane messe in posa come idoli, e quelle eroiche di personaggi leggendari come Ulisse o Che Guevara. Al primo ha dedicato diverse illustrazioni e grandi sculture, come quella che si trova nel Battery Park a New York; al secondo un’opera del ’68 in legno policromo, in cui l’immagine del Che si sovrappone a quella del Cristo morto di Mantegna. Perché ogni dolore si assomiglia. Ugo Attardi era nato a Sori, in provincia di Genova, nel 1923 da genitori siciliani. Il padre faceva parte della Federazione dei Marittimi e combatteva per i diritti dei portuali. quindi il fascismo a decidere la formazione di Ugo, quando rimanda tutta la famiglia in Sicilia, a Santo Stefano Quisquina. I problemi economici, l’incertezza e gli stenti non distolgono il giovane dall’idea di diventare pittore. Frequenta l’Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura di Palermo, ma non finisce gli studi. Però nel frattempo è la guerra che termina, e Attardi arriva a Roma dove lo ospita Pietro Consagra, che a sua volta vive presso Renato Guttuso. Un bel gruppetto di siciliani alla scoperta del mondo è quello che si ritrova tra via Margutta, via del Babuino e piazza del Popolo. Ci sono anche Carla Accardi e Antonio Sanfilippo, che arrivano da Trapani. L’avventura comincia con loro, ma prosegue su un cammino solitario, appartato ma sempre attento al ruolo sociale della pittura, della scultura e anche della letteratura. Nel ’58, infatti, Attardi collabora alla rivista Città aperta. I suoi compagni di viaggio, questa volta, sono Elio Petri e Pier Paolo Pasolini, Ugo Pirro e Italo Calvino, Tommaso Chiaretti e Mario Socrate. Pochi anni dopo, nel ’61, promuove il gruppo Il Pro e il Contro con Vespignani, Gianquinto, Guccione, Calabria. La loro convinzione è che la pittura possa essere nello stesso tempo realistica e moderna e non abbia necessariamente bisogno di stravaganze e trasgressioni per essere in sintonia con la contemporaneità. Attardi è sempre stato convinto della bellezza della narrazione, del racconto attraverso le opere. E anche per questo ha scritto romanzi: il suo L’erede selvaggio, del ’70, ha anche vinto un Premio Viareggio. Negli ultimi tempi era affaticato, ma continuava a disegnare donne bellissime, nude, indolenti, solenni, non smetteva di rifugiarsi nel suo sogno, nel suo mondo di innocenza, di bellezza ideale. Scriveva un’autobiografia e intanto raccontava al giovane storico dell’arte Marco Tonelli le sue emozioni, i pensieri, la sua infanzia e, soprattutto, i suoi amori, perché è quest’ultima la parola che Attardi usava di più. La contrapponeva alla violenza del mondo, senza paura di essere retorico. [...]» (Lea Mattarella, ”La Stampa” 22/7/2006). «Nel 1971, da Rizzoli, aveva pubblicato L’erede selvaggio, una sorta di libro autobiografico, che ottenne il Premio Viareggio di narrativa. ”Mio padre era stato trovato, un mese dopo il suo arresto, nel fondo di un fossone, verso Salemi: era tutto coperto di sassi. Quelli che l’avevano portato via non erano sbirri; s’erano finti tali; in realtà erano infami sicari”. Un passo importante, questo di Attardi, perché proprio da qui è possibile risalire alle radici della violenza che, assieme, all’erotismo, ha dominato tutta la sua produzione: sculture, dipinti, disegni e quant’altro. Attardi era nato a Genova per caso. I suoi erano di Palermo. Ancora in fasce tornato in Sicilia. E qui era rimasto sino al 1945, quando lasciata l’Accademia di Belle arti, era emigrato a Roma, città che, per un giovane artista come lui, era l’inizio di tutte le avventure. Qui c’era già Renato Guttuso, nella cui casa Attardi divide una stanza con Pietro Consagra. Violenza ed erotismo, s’è detto. Proprio su questo impatto delirante, ossessivo si snoda quasi tutta la sua produzione di artista plastico. Che affascina, trascina, coinvolge. Fra cronaca e invenzione, Attardi deforma i protagonisti di un mondo folle e sconvolto, filtrando tutto con l’amore che si muta in eros. Ma la violenza trova in lui una sorta di sacerdote-stregone che deforma uomini e cose (mani tronche, virilità mortificate), colti nell’attimo antecedente il furore amoroso, o la ”lotta selvaggia che precede l’assassinio”, come aveva colto lo storico dell’arte Mario De Micheli» (Sebastiano Grasso, ”Corriere della Sera” 22/7/2006). «Quasi sessant’anni fa Ugo Attardi fu tra i promotori e i fondatori del gruppo astrattista romano ”Forma” ma ben presto era rientrato nel movimento realista per poi sviluppare una figurazione su temi fortemente drammatici, erotici e politico-sociali a cui è rimasto fedele fino agli ultimi giorni [...] Il padre era un sindacalista e fu costretto dal fascismo a tornare nelle terre d’origine. Ugo aveva trascorso l’infanzia a Palermo. Si trasferì a Roma nel 1945. Era ospite di Pietro Consagra che a sua volta usufruiva dell’aiuto di Renato Guttuso. Fu in quella Roma carica di fermenti artistici che con lo stesso Consagra, Carla Accardi, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato fondò ”Forma 1”, il primo gruppo astrattista italiano del secondo dopoguerra, duramente contestato dal Partito comunista. Ma la strada di Attardi non era quella dell’astrattismo, si indirizzò verso un personale espressionismo esistenziale. A partire dagli anni Cinquanta Attardi partecipò più volte alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, allestì grandi mostre personali nei più importanti spazi espositivi italiani. Nel 1961 aderì al gruppo ”Il Pro e il Contro”, accanto a Calabria, Farulli, Gianquinto, Guccione e Vespignani. Un viaggio in Spagna lo portò verso una riscoperta dei classici e all´approfondimento degli studi storici. Sono questi gli anni del romanzo L’erede selvaggio, pubblicato nel 1970 e con il quale vinse il Premio Viareggio per la narrativa. Ma l’attività preminente di Attardi fu quella di scultore (L’Addio Che Guevara del 1968, alcuni gruppi lignei tra cui L’Arrivo di Pisarro del 1968-71 e sensualissimi bronzi, come La Maga del 1974). I suoi monumenti sono collocati nelle principali capitali europee e mondiali. Solo per ricordarne alcuni: Il Vascello della Rivoluzione, realizzato nell’88, si trova a Roma, presso il Palazzo dello Sport [...] Nelle Americhe, del ’92, a Buenos Aires; il celebre Ulisse, del ’97, a New York; il Cristo, del 2002, è entrato a far parte della collezione dei Musei Vaticani. Nel 2004, una scultura di Ugo Attardi raffigurante Enea è stata donata al popolo maltese e collocata all’entrata del porto della Valletta» (Paolo Vagheggi, ”la Repubblica” 22/7/2006).