Corriere della Sera 21/07/2006, 21 luglio 2006
La Sovranità limitata. Corriere della Sera 21 luglio 2006. La vicenda dello scontro fra governo e tassisti ha una valenza emblematica che va ben al di là dei contenuti del decreto Bersani
La Sovranità limitata. Corriere della Sera 21 luglio 2006. La vicenda dello scontro fra governo e tassisti ha una valenza emblematica che va ben al di là dei contenuti del decreto Bersani. In questi giorni abbiamo visto rappresentato – come in una pièce teatrale costruita secondo i canoni classici dell’«unità di tempo, di luogo e di azione» – il dramma dell’Italia di oggi, fiaccata dal proprio grave difetto di quel senso del bene comune e di quella cultura delle regole, che sono requisiti essenziali per l’esistenza e la prosperità di una nazione. I segni di questa degenerazione del nostro tessuto civile si sono fatti sempre più frequenti negli ultimi anni: il Corriere non ha mancato di sottolinearne, di volta in volta, la gravità. Sembra essersi diffusa l’idea secondo cui, quando una vertenza collettiva non si sblocca con le buone, è «inevitabile» fare ricorso alle maniere forti: dalla violazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici ai blocchi stradali e ferroviari, fino alla violenza fisica sulle persone e sulle cose. Così saltano tutti i meccanismi civili di bilanciamento degli interessi contrapposti, ivi compreso quello essenzialissimo fondato sulla sovranità del Parlamento; vengono meno il filtro della ragionevolezza delle rispettive posizioni e la spinta a individuare nuovi meccanismi più sofisticati per la conciliazione degli interessi contrapposti; prevale brutalmente l’interesse di chi è più spregiudicato nel far valere la propria capacità di interdizione. Nel giugno 2003, per impedire una misura di riduzione dei costi di Alitalia, mille assistenti di volo ricorrono all’epidemia di mal di testa: una vera e propria truffa collettiva. Tra il dicembre 2003 e il gennaio 2004, per sbloccare la vertenza degli autoferrotranvieri che si trascina da un anno, i sindacati autonomi ricorrono a un’ondata di scioperi platealmente illegittimi che paralizzano a sorpresa le grandi città. Nel febbraio di quest’anno i sindacati (qui anche i confederali) ritengono giustificato ricorrere ai blocchi stradali per ottenere il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Stesso discorso quando si tratta di impedire l’insediamento di una discarica o il passaggio di un’arteria di comunicazione in un proprio lembo di territorio. I tifosi di una squadra di calcio – è cronaca di questi giorni – si oppongono a un provvedimento di giustizia sportiva con il blocco ferroviario. Per opporsi al decreto del governo, l’Assemblea generale degli Ordini forensi – impropriamente trasformata in sindacato degli avvocati – proclama senza il preavviso dovuto uno sciopero platealmente illegittimo. E i tassisti fanno altrettanto, aggiungendo al danno dello sciopero illegittimo i blocchi stradali e le aggressioni squadristiche contro rappresentanti delle istituzioni e giornalisti. Il nocciolo della questione, tra governo e tassisti, è se sia giusto permettere che il servizio delle auto pubbliche sia offerto anche da imprese medie o grandi, operanti con una pluralità di vetture e di conducenti da esse dipendenti: ne deriverebbe una riduzione dei costi del servizio, con beneficio generale; ne deriverebbe anche una riduzione del mercato per gli attuali tassisti-artigiani, i quali potrebbero però essere integralmente indennizzati per la perdita della vecchia posizione di monopolio. Gli sviluppi della vertenza paiono indicare che alla Repubblica Italiana oggi è inibito di scegliere sovranamente la soluzione più ragionevole di questo conflitto di interessi, per ragioni di ordine pubblico. Se l’esito della vicenda sarà davvero questo, non potranno trarsene davvero buoni auspici per il futuro del nostro Paese. Pietro Ichino