Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  luglio 21 Venerdì calendario

Due o tre cose che so del bandito Giuliano. La Stampa 21 luglio 2006. Palermo, 20 ottobre ’49. Carissima***, Eccomi alla vigilia di lasciar la Sicilia, inseguito dalle bestemmie di tutti o quasi tutti i siciliani

Due o tre cose che so del bandito Giuliano. La Stampa 21 luglio 2006. Palermo, 20 ottobre ’49. Carissima***, Eccomi alla vigilia di lasciar la Sicilia, inseguito dalle bestemmie di tutti o quasi tutti i siciliani. mio destino essere maledetto da coloro che amo, come i tedeschi, che mi condannarono a morte. Di questo mio viaggio, ti risparmio la parte descrittiva: l’ho già anche troppo sfruttata nei miei articoli, che Gaetanino Afeltra, ieri sera al telefono, ebbe la bontà di definire «esaurienti». In realtà essi non hanno esaurito nulla, perché le cose più importanti ho dovuto, come sempre, lasciarle nella penna. Il «caso Giuliano» che mi hanno mandato a studiare sta, per parlarci chiaramente, nei seguenti termini: Giuliano gode di molte complicità nella stessa Palermo (dove attualmente si trova nascosto). Ma ciò che impedisce ai carabinieri di prenderlo è soprattutto il fatto che il problema è stato impostato su un rapporto di forza, schierando contro un uomo un esercito. Questo esercito è comandato da un colonnello settentrionale, Luca, bravo soldato coraggioso, che non concepisce altra tattica che quella della «operazione militare». Ecco il tipo: l’altro giorno i carabinieri catturarono un favoreggiatore del bandito che, pur sottoposto a un rude interrogatorio (tre denti saltati, due costole rotte), rifiutava pervicacemente di parlare. Luca entrò nella sua cella, dopo aver fatto allontanare la guardia alla porta, e propose al detenuto il seguente contratto: «Ci togliamo la giacca, e la facciamo fuori a cazzotti. Se vinci tu, che hai 25 anni, m’impegno a far sospendere gl’interrogatori. Se vinco io, che ne ho 55, confessi tutto». L’altro accettò e ci fu, in stanza, un po’ di silenzioso trambusto. Luca ne uscì di lì a un po’ alquanto ammaccato, ma l’altro stava peggio e aveva spiattellato tutto quello che aveva in corpo. L’episodio è autentico e mi piace, non c’è che dire, specie se raffrontato ai metodi che devono aver impiegato i russi per far parlare Mindszenty. Ma un «czzottatore» come Luca non potrà prendere che per sbaglio un brigante come Giuliano. I carabinieri stanno accampati in quel di Montelepre come un corpo di spedizione in una terra di conquista. In tutta la zona non c’è più, a zonzo, un pollo, perché i carabinieri se li sono mangiati tutti; non c’è più la serratura di una porta in ordine, perché i carabinieri le hanno tutte scardinate; non c’è più una sola persona che non abbia subito un interrogatorio con sganassoni e legnate. Era fatale che ciò avvenisse dopo lo stillicidio di morti che i carabinieri han subito per schioppettate che arrivano non si sa di dove, sparate non si sa da chi. Ma come meravigliarsi della «omertà» che questi sistemi provocano fra popolazione e bandito? Tutto ciò è uno dei tanti benefici della democrazia. Scelba aveva mandato qui, due anni fa, l’uomo adatto: il commissario Messana, il quale aveva perfettamente capito che Giuliano andava eliminato di scaltrezza, non di forza. Egli riuscì ad "agganciare" un luogotenente di Turiddu, Antonino Ferrara, detto Fra Diavolo, al quale promise quattrini e un passaporto in bianco se gli consegnava - morto, perché non parlasse - il suo principale. L’affare era concluso all’insaputa di tutti, compresi i carabinieri che, incontrato di lì a qualche giorno, per caso, Fra Diavolo, lo attaccarono e uccisero. Cadendo, egli gridò: «Portatemi da Messana! Lui sa tutto!». Queste parole furono risapute dai giornali di sinistra che denunziarono Messana, cioè il governo, come complice della mafia e dei banditi. Era in parte vero perché Messana proprio attraverso la mafia aveva agganciato Fra Diavolo, offrendole in cambio alcune garanzie di intangibilità. Ma come confessarlo in pieno Parlamento? La gazzarra dell’opposizione giunse a tal punto che Scelba dovette prendere misure più pubblicitarie che efficaci: spedì sul posto il colonnello Luca con un esercito di 2000 uomini e il prefetto Vicari con pieni poteri. Vicari è l’ex-capo di gabinetto di Romita, quando questi era ministro degli interni. Fu lui che praticamente «maneggiò» i risultati del «referendum» in modo da far uscire vincitrice la repubblica. La sua nomina a prefetto fu appunto il premio (al merito della repubblica) di questa truffa. Mi risulta che Scelba non si fida di lui (è stato egli stesso a dirmelo) e pare che sia per questo che lo ha nominato qui, col segreto proposito di lasciarvelo «bruciare». Ma Vicari è furbo. Appena arrivato, mandò al confino circa duecento capi della mafia, e precisamente quelli che determinarono la vittoria dei democristiani il 18 aprile. Naturalmente i parlamentari che avevano beneficiato di questa alleanza (Mattarella, Lazzaro ecc.) si precipitarono da lui per reclamare la revoca del provvedimento. Vicari li mise alla porta e inviò a Scelba un rapporto in cui dichiarava che intendeva «tagliare i nodi» anche se ciò poteva compromettere o dispiacere a certi deputati della maggioranza. Ma, prima ancora che Scelba prendesse visione di questa lettera, essa era già conosciuta dalla stampa di sinistra. Come fa, ora, Scelba, a silurare Vicari? I comunisti certo direbbero che lo elimina perché non fa il giuoco dei democristiani che a loro volta fanno quello della mafia. E quindi non resta che continuare sulla strada sbagliata, con gran gioia di Giuliano che è al corrente di tutto, e che ha annunziato in una lettera a un suo amico di qui: "Io ucciderò Vicari, per colpa del quale IO E IL RE non possiamo far ritorno alle nostre case". IO E IL RE. commovente, no? Ma Longanesi sostiene che IO E IL RE dovrebbero allearsi e che questo sarebbe l’unico modo per risolvere in modo serio (cioè, pensa lui, non democratico) il problema istituzionale in Italia. Indro Montanelli