Alberto Arbasino, la Repubblica 20/7/2006, pagina 44, 20 luglio 2006
la Repubblica, giovedì 20 luglio Regensburg. Se ne discorre a proposito del Papa Ratzinger e di suo fratello, direttore musicale del Duomo
la Repubblica, giovedì 20 luglio Regensburg. Se ne discorre a proposito del Papa Ratzinger e di suo fratello, direttore musicale del Duomo. In una cappella carolingia si venerava una soave icona donata da Papa Benedetto VIII all´Imperatore Enrico il Santo verso l´Anno Mille. Ma i signori forestali avevano faccioni larghi con quegli occhietti sbiechi che paiono ancora medioevali nei ritratti di Holbein e Dürer. E i boschi intorno paiono tuttora pieni di nere fiabe tipo Grimm (e talvolta riprese dai giornalacci locali) su degli Hänsel e Gretel tuttora perduti fra animali araldici e capanne misteriose. E mai più riapparsi. In questi territori Thurn und Taxis, oltre ai gossip, verrà in mente l´invocazione di Rilke alla principessa Marie, sua patronessa, dedicandole le Elegie di Duino: «Chi mai, s´io grido, m´udrà dalle schiere degli angeli? E se all´improvviso uno di quelli m´acchiappa e mi stringe sul cuore, allora svengo subito per il suo più forte Dasein». (Siccome però il Da-sein cioè l´esser-ci era un "pezzo forte" per i pensatori di tendenza boschereccia, in quelle selve faceva paura). Si andava spesso a Monaco, in anni ormai lontani, perché oltre alle mostre ragguardevoli l´esemplare Wolfgang Sawallisch dirigeva ogni sera un´opera diversa, e per noi ignota: Nicolai, Lortzing, Pfitzner, Strauss e Weber rari. Mentre Sergiu Celibidache, ai Münchner Philarmoniker, si accompagnava talvolta a Benedetti Michelangeli. Ma da Regensburg arrivava ogni weekend a Monaco il giovane Armin, popolarissimo macellaretto assai benvoluto perché rifaceva il verso dei maiali scannati e si riempiva le gote di birra per spruzzarla sui corpi degli amanti bavaresi. La sua macchina verde chiara targata «R» era un segnale davanti ai locali «da non perdere»; e soprattutto la locanda «Deutsche Eiche», dove tra il personale e i clienti Fassbinder trovava i non-attori caratteristici per i suoi film. E lì il piccolo Armin, già esuberante e allegro, divenne amante e vittima, oltre che attore disperato negli ultimi film sinistri, da Germania in autunno a Berlin-Alexanderplatz. Una sera, in piazza Navona, li vediamo passare contegnosi e vestiti uguali - camicia nera, calzoni beige - come una tipica coppia bavarese in viaggio di nozze. E Armin fa tristemente segno di non salutarci, dietro le spalle di Fassbinder che evidentemente se ne accorge e poi rifà la scena in un film, con due tedeschi nell´equivoca Marrakesh. Nei locali berlinesi, poi, i due sedevano immobili e zitti: Fassbinder sempre più tricheco, Armin mogio con la faccia sempre più tagliuzzata, finché si uccise. E l´altro poco dopo ne morì. (Come nel caso di Auden e Kallman). Alberto Arbasino