Affari & Finanza La Repubblica 17/07/2006, pag.9 Eugenio Occorsio, 17 luglio 2006
Dal cinema alle auto la parabola vincente del finanziere armeno. Affari & Finanza La Repubblica 17 luglio 2006
Dal cinema alle auto la parabola vincente del finanziere armeno. Affari & Finanza La Repubblica 17 luglio 2006. Chissà se ha provato lo stesso brivido del momento in cui, nell’ estate del 1944, si sedette per la prima volta ad un tavolo verde di Las Vegas. Gli è rimasto dentro tutta la vita, il frisson per il gico, così come quello degli affari. E così, venerdì scorso, è come se avesse vinto un poker. Kirk Kerkorian ce l’ ha fatta: ha messo dentro una stanza Carlos Ghosn e Richard ’Dick’ Wagoner, amministratore delegato il primo della RenaultNissan e il secondo della General Motors. Cosa si siano detti i due manager nel salottino più privato della sede Gm di Detroit, non è dato saperlo. Ma in fondo non importa. Si saranno scambiati opinioni generali sul momento dell’ auto, sui competitor, sul mercato. E tutt’ al più sarà volata qualche battuta sulla remota possibilità di lavorare insieme, sulle sinergie possibili, su alcune idee comuni da sviluppare. Ma l’ importante è che si siano visti, si siano conosciuti, si siano parlati oneonone. E questa è la grande vittoria di Kerkorian. Ma chi è Kerkorian? E’ l’ azionista di riferimento della Gm, il più grande gruppo mondiale dell’ auto ma anche quello più in crisi. Ha perso 10,6 miliardi di dollari nel 2005, ha decine di migliaia di posti di lavoro da eliminare, ha una lunghissima serie di problemi da risolvere prima di tornare in utile. E ha un problema di management, almeno a sentire Kerkorian. Ha lavorato in segreto due settimane, prima di avere da Ghosn un fugace endorsement: «Sì, forse i nostri due gruppi potrebbero lavorare insieme». E’ avvenuto mercoledì della scorsa settimana. Tempo pochi minuti e Kerkorian l’ ha implorato, mandandogli il prepagato di topclass, rassicurandolo che quest’ incontro non significava niente di significativo, che era solo una presa di contatto, che avrebbe avuto tutto il tempo per pensarci. Ma l’ importante era che il ghiaccio si rompesse. Alla fine, ce l’ ha fatta. Ghosn ha preso l’ aereo ed è andato a incontrare Wagoner. Il quale era ancora più scetttico. Anche lui aveva detto la sua, più o meno nelle stesse ore: «La Gm ce la può fare con le sue gambe». E poi si è allargato: «Non ci serve nessun cavaliere bianco». Ma a Kerkorian tutto questo è entrato da un orecchio ed è uscito dall’ altro. Intendiamoci: non ha mai detto chiaramente "Wagoner è un inetto e deve farsi da parte". Ma certo che tutto suo corteggiamento nei confronti di Ghosn perché prenda lui in mano l’ azienda qualcosa vorrà pur dire. Non ha mai chiarito quale sarà il futuro di Wagoner in un’ ipotetica alleanza a tre francogiapponeseamericana, ma non è che abbia speso molte parole di incoraggiamento nei confronti dell’ attuale top manager di Gm. Del resto, visti i risultati che sta ottenendo, c’ è poco da apprezzare. Si vedrà. Un’ operazione come la grande alleanza a tre nell’ auto non si organizza in pochi giorni, e neanche in poche settimane. E poi non dipende né da Ghosn né da Wagoner. Dipende invece da Kerkorian, che con il 10 per cento del capitale in mano è il maggior azionista della Gm, e dalle alleanze di azionisti che intorno ad un progetto industriale riuscirà a creare. E dipende poi dallo stato francese, azionista di maggioranza relativa a sua volta della Renault (che possiede poi la Nissan). Venerdì 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia e festa nazionale, da Parigi si è assistito un po’ distrattamente all’ incontro di Detroit. Ma di sicuro questa settimana il nodo verrà affrontato con decisione. Kerkorian ha avanzato la proposta che la Renault compri il 20% della Gm e spinge per l’ alleanza. E’ stato lui ad inventarsela, a proporla, ora a difenderla. Di macchine, per la verità, non è che sia un grande esperto. Conferma chi lo conosce bene: a lui interessano solo i soldi. Non c’ è niente di male. Kerkorian è un finanziere puro, e i giochi multimiliardari lo esaltano, oltre ad arricchirlo. Aveva già fatto qualcosa di molto simile con la Chrysler: nel 1995 comprò azioni fino a mettere insieme anche in quel caso un pacchetto di maggioranza relativa. Poi cominciò a mettere in giro la voce che il manager dell’ epoca, Bob Eton, stava facendo malissimo e che l’ azienda aveva ben altre possibilità. Riuscì a portarsi dietro perfino un testimonial d’ eccezione come Lee Iacocca, che la Chrysler la conosceva bene per averla portata fuori dieci anni prima da un’ altra crisi. Poi lanciò un takeover ostile da 20,6 miliardi di dollari, ma era un po’ come uno specchietto delle allodole. Il titolo cominciò ad impennarsi, alla fine arrivarono i tedeschi della Daimler e comprarono tutto, compresa la quota di Kerkorian che si portò a casa una plusvalenza gigantesca: 4,8 miliardi di dollari. Comprare e vendere società, anche più e più volte, è sempre stato il suo mestiere. Gli studios cinematografici della Metro Goldwin Mayer è riuscito a comprarli e a venderli ben tre volte, nell’ arco di 25 anni, realizzando immancabilmente ogni volta utili favolosi (in una delle occasioni, la più complicata, ci lasciò le penne il finanziere Giancarlo Parretti di Orvieto). Con il cinema e l’ entertainment in generale "gioca" da sempre, cogliendo le opportunità di business in ogni singolo risvolto di quest’ eterogeneo settore. Per un periodo si era dato alla ricerca delle library, i magazzini di film che chissà perché gli studios spesso non sanno gestire al meglio. Ne comprava una e cercava di integrarla con qualche altra library sul mercato, consapevole sempre che i soldi in questo business non li fa chi produce i film ma spesso chi li distribuisce. Un’ occasione gli si presentò quando nel 1997 pagò 573 milioni di dollari, compreso un bell’ accollo di debiti, per la "biblioteca" di 2.200 titoli della Metromedia, che comprende film di sicura redditività come tutti quelli di Woody Allen e poi Balla coi lupi o il Silenzio degli innocenti. La rivendette rapidamente al doppio, e si lanciò in altre acquisizioni, come la library della fallita Orion o della Polygram, che ha al suo interno, tanto per fare un esempio "Harry ti presento Sally", un film sempreverde da passare centinaia di volte su tutte le tv del mondo. E’ stato a questo punto che il genio commerciale di Kerkorian ha dato il suo meglio: una serie infinita di edizioni, di rimasterizzazioni in Dvd, di passaggi infiniti su ogni possibile stazione tv commerciale. Intanto, si ricomprava di qua o di là titoli che per qualche motivo erano disponibili sul mercato: Via col vento, La pantera rosa, e così via. E’ andato avanti fino all’ anno scroso, quando con un ultimo colpo ha venduto per l’ ennesima volta Mgm alla Sony portandosi a casa un utile netto di 2 miliardi di dollari. Ma al di là del cinema, il grande affare di Kerkorian restano le sale da gioco, che poi con lo spettacolo sono in molti modi connesse. Si pensi all’ Mgm di Las Vegas, il più grande complesso albergocasino di Las Vegas, che Kerkorian fece costruire nel 1981, e all’ epoca era il più grande albergo del mondo con 4.000 stanze. Risale al 1967 il suo primo affare, quando comprò il Flamingo Hotel, sfavillante complesso sempre sullo strip di Las Vegas, che rivendette qualche anno dopo con un utile di 5 milioni per comprarsi il Caesar’ s Palace sull’ altro lato della strada. Oggi possiede dodici fra i maggiori hotel della città del Nevada, ed è il maggior operatore del posto. Sono suoi nomi gloriosi come il Mirage, il New YorkNew York, il Mandalay (l’ ultimo acquisto, 4 miliardi di dollari nel 2003), oltre al già ricordato e mai venduto Mgm. D’ altronde, a Las Vegas aveva cominciato e si sente di casa, anche se vive in una villona a Beverly Hills. Nato a Fresno in California nel 1917 da genitori ebrei emigrati dall’ Armenia, entrò nel mondo degli affari lanciando un servizio di aerei charter, che pilotava personalmente forte della sua esperienza a bordo degli Hurricane nella seconda guerra mondiale, per portare i ricconi di Los Angeles a giocare appunto a Las Vegas. La febbre del gioco, come si diceva all’ inizio, la condivideva in pieno, e così andò avanti con passione. Guadagnati i primi 3 milioni di dollari, fondò una sua compagnia, la Trans International Airlines che è andata avanti fino al 1968 quando l’ ha venduta con un utile netto di 104 milioni. Da allora non si è più fermato. Ora con Gm gioca la partita più importante della sua vita, e sogna di concluderla entro il marzo dell’ anno prossimo. Perché questa scadenza? Perché allora compirà novant’ anni, e quale miglior modo per festeggiarli? Eugenio Occorsio