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 2006  luglio 13 Giovedì calendario

E la mamma di Zizou invoca la castrazione dell’azzurro SONO DISGUSTATA "Sono disgustata da quello che ho sentito

E la mamma di Zizou invoca la castrazione dell’azzurro SONO DISGUSTATA "Sono disgustata da quello che ho sentito. Se fosse vero vorrei che mi portassero i testicoli di Materazzi" DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - "Ciò che so sulla morale e sui doveri dell’uomo l’ho appreso dal calcio", diceva Albert Camus, origini algerine, come Zinedine Zidane. Dovrebbe essere l’unica citazione consentita in questa overdose molto francese di letteratura attorno al capitano dei bleus , oggi ritratto con parole e sentimenti presi a prestito da Corneille, Shakespeare, Stendhal e tirato per la maglia in un surriscaldato dibattito sul razzismo che ha coinvolto il mondo politico, le sue origini e persino la sua famiglia. Ieri, il tabloid inglese Daily Mirror gettava olio sul fuoco riportando un’improbabile dichiarazione della madre di Zidane, Malika: "Sono disgustata di quello che ho sentito. Se fosse vero vorrei che mi portassero i testicoli di Materazzi su un piatto". Troppo banale raccontare che insulti e provocazioni fanno parte del gioco, come i finti falli e gli abili cascatori in area di rigore. Troppo semplice dire che Zidane è soltanto un grande campione che ha sbagliato, come lui per primo ha onestamente ammesso. Troppo poco mediatico parlare di una povera famiglia d’immigrati algerini che non ha mai voluto mettersi sotto i riflettori, nemmeno in questa circostanza. Conoscendo la modestia e il riserbo dei genitori del campione, i cronisti marsigliesi restano increduli. "La mamma di Zidane non dice cose simili". L’hanno fotografata, dopo un breve ricovero in ospedale, e non ha risposto alle domande dei giornalisti. Più veritiera la composta reazione del fratello, Djamel: " un essere umano, lo scatto di nervi è comprensibile, ma Zizou è un ragazzo serio ed educato. Si vede che l’insulto era pesante. Siamo tutti tristi in famiglia e gli staremo vicini per sostenerlo". Mentre la Francia discute di razzismo e valori nazionali, nulla è cambiato nella vita pubblica del campione e ancor meno nel suo grande clan familiare. Il "circo" del marketing e delle sponsorizzazioni corre a pieni giri, confermando contratti per quasi 9 milioni di euro all’anno e il messaggio dell’eroe semplice, forte, generoso, come in effetti è nella vita reale. E la famiglia, a Marsiglia, dove lui sogna di tornare a giocare, soltanto con i compagni d’infanzia, nel quartiere d’immigrati de la Castellane, lavora a tempo pieno per l’eroe. Tre dei quattro fratelli - Djamel, Farid e Nordine - gestiscono con la moglie e la sorella del giocatore, la "Zidane diffusion", la società per i diritti d’immagine. Un quinto fratello fa l’operatore sociale, in una piscina comunale. Il padre di Zidane, Smail, arrivato a 17 anni da un villaggio della Kabilia, regione dell’Algeria, ha continuato a lavorare tutta la vita. Prima come operaio edile e poi come magazziniere in un supermercato. Adesso è pensionato e continua ad aiutare i parenti rimasti nel Paese d’origine. "Avrebbe potuto chiedere di essere naturalizzato francese, ma gli immigrati della sua generazione sono restii a tagliare le radici", racconta Patrick Magro, vicesindaco del comune e medico di famiglia. Con i primi guadagni, Zizou ha comperato un appartamento nuovo ai genitori, ma sempre in periferia, a Pennes-Mirabeau. Una volta il capitano dei bleus ha detto: "Ho ricevuto talmente tanto che è venuto il momento di donare". Zidane è impegnato in molte attività sociali, finanzia un’associazione per la ricerca medica, aiuta molta gente anonima cui regala una cosa forse più importante dei soldi: la riconoscenza. Verso il primo allenatore, verso la famiglia che lo ha ospitato a Cannes (la sua prima squadra), verso i compagni di gioco meno fortunati, con i quali tirava i primi calci al pallone nei cortili di cemento. Ai Mondiali in Germania, Zidane si era portato sette paia di scarpe per ognuna delle partite previste. Quando i suoi arrivarono dall’Algeria ne avevano soltanto uno. Non l’ha dimenticato. Zidane è l’antidivo, l’anti Beckham, un simbolo nazionale, ma timido. "Adesso comincia una nuova vita, con la mia famiglia e i miei figli, con qualche viaggio in Algeria, alle mie radici", ha detto ieri sera. A suo modo, con una testata, ha tolto l’happy end alla storia del bambino povero diventato re. Un simbolo d’integrazione e successo, ma più realistico. (Massimo Nava)