Stefano Agnoli, Corriere della Sera 13/7/2006, pagina 15, 13 luglio 2006
Il «bonus mondiale» si è già esaurito E gli economisti si dividono sulla clemenza. Corriere della Sera, giovedì 13 luglio Calciopoli, linea morbida o bagno rigeneratore a qualsiasi costo? Dopo la finale mondiale di Berlino il dilemma si è fatto più stridente
Il «bonus mondiale» si è già esaurito E gli economisti si dividono sulla clemenza. Corriere della Sera, giovedì 13 luglio Calciopoli, linea morbida o bagno rigeneratore a qualsiasi costo? Dopo la finale mondiale di Berlino il dilemma si è fatto più stridente. Ed è stato ben riassunto l’altro giorno dal Financial Times: «Il calcio italiano – si leggeva nella pagina dei commenti del quotidiano della comunità economico-finanziaria d’Europa – dovrebbe essere riformato e non distrutto nel momento del suo più grande trionfo». Insomma: se si deve, si punisca pure chi ha sbagliato, ma attenzione a mosse inconsulte che «brucino» il patrimonio supplementare regalato dalla Coppa del Mondo. Un valore non facilmente quantificabile – un po’ come l’incremento del prodotto interno lordo preventivato da banche d’affari, economisti e ministri – che ha come segnale visibile quantomeno il miliardo e mezzo di telespettatori di Italia-Francia e le 533 emittenti collegate in tutto il Pianeta. E che potrebbe in parte svanire se gli attori principali, i calciatori campioni del mondo, dovessero emigrare per permettere a Juve, Milan, Fiorentina e Lazio di adattare i bilanci alle serie inferiori. Una posizione «assolutoria»? Una indiretta ciambella di salvataggio extragiudiziaria lanciata ai club incriminati? Sicuramente, anche se di difficile praticabilità. «I club vanno sanzionati, è inevitabile» dice, ad esempio, Marco Vitale, economista e esperto di problemi del calcio. «La strada stretta della riforma passa attraverso la fase di sanzioni giuste – spiega – ma l’auspicio che si colpiscano solo i responsabili- persone fisiche, come dice il Financial Times, non è tecnicamente percorribile: la giustizia sportiva si avvale anche di criteri di oggettività». Con la stessa concretezza si può tuttavia immaginare che con le retrocessioni la serie A non potrà mantenere la sua posizione di secondo campionato europeo, con 1,33 miliardi di euro di giro d’affari nel 2004-05 (2 miliardi il primo, quello britannico degli Abramovich e dei Glazer). E con 740 milioni relativi a diritti televisivi destinati a comprimersi malgrado le aree di riferimento dei quattro club, tra cui spicca l’eclatante dato dei 14 milioni di italiani che si dichiarano di fede bianconera. Ma il business dell’«azienda calcio», come il Centro studi della Lega ha mostrato in passato, è molto più vasto. Con riferimento al 2003 la stima era di un giro d’affari di 6,2 miliardi di euro, divisi tra l’indotto diretto e quello derivato della principale modalità di entertainment degli italiani: 31 milioni di tifosi, 9 milioni di lettori di quotidiani sportivi e circa 4 milioni di praticanti. un fatto che in tempi recenti il «contenuto» calcio abbia costituito il principale veicolo di diffusione di pay-tv e tv digitale, e una fonte di rilievo persino per gli operatori della telefonia mobile, come ad esempio «3». Qualche cifra può essere d’aiuto: sempre per il 2003 si calcolavano due miliardi di euro spesi prima delle partite, suddivisi tra giochi-schedine- scommesse (1,55), quotidiani sportivi e non (200), trasporti e servizi (275). Un miliardo e trecento milioni per l’evento in sé (con diritti tv, sponsor, pubblicità, biglietti, e anche 12 milioni per bevande e panini); 470 milioni di euro post-evento (altri trasporti e giornali). E, per finire, altri 2,5 miliardi composti da «indotto derivato». Con merchandising, abbigliamento sportivo, e affitto degli impianti tra le voci principali di spesa-ricavo. Insomma, una realtà complessa e parecchio sensibile ai cambiamenti di umore dei suoi fruitori. Meglio allora non rompere il giocattolo? Magda Antonioli, che dirige il Master dell’Università Bocconi in Economia del turismo, crede nella bontà di una soluzione intermedia: «Si lotta tanto per avere un’immagine-Paese all’altezza e penso che la vittoria al campionato del mondo vada cavalcata. Nessuna amnistia o indulto, per carità, ma un po’ più di buonismo ci tornerebbe utile». Sostiene invece Vitale: «Il Mondiale si capitalizza con sentenze giuste, mentre gli effetti positivi dell’impresa sportiva sono destinati a svuotarsi se tutto dovesse finire a tarallucci e vino». Il ridimensionamento economico del calcio è quindi inevitabile? «Era il caravanserraglio montato negli anni passati che non reggeva, e che è stato di volta in volta tamponato dallo spalmadebiti o dagli interventi dello Stato. Il sistema era così corrotto da portare alla lievitazione di tutti i costi, un giro su cui ognuno guadagnava». Se per la Juventus la serie B con punti di penalizzazione sarebbe «una sanzione seria e onerosa, su cui parametrare le altre», Vitale ricorda inoltre che anche la magistratura ordinaria, dopo la legge 231 sulla responsabilità delle aziende, dovrà giocoforza dire la sua, con nuove possibili sorprese. «E poi bisognerà passare alle riforme degli istituti del calcio», con un paio di capisaldi: una nuova forma societaria per i club, e diritti televisivi collettivi. Stefano Agnoli