Varie, 12 luglio 2006
Tags : Francisco Varallo
Varallo Francisco
• La Plata (Argentina) 5 febbraio 1910, La Plata (Argentina) 30 agosto 2010. Calciatore • «[...] Pancho o Canonicto, il cannoniere, un soprannome conquistato grazie a una strepitosa carriera come attaccante con la maglia albiceleste e con i colori del Boca Juniors: 181 gol in 200 partite. [...] Uruguay 1930, il primo Mondiale, con il boicottaggio di molte squadre europee e la sfida cantata tra le due nazionali del Rio della Plata. “Già dalle prime partite sentivamo che il clima era pesante. Noi eravamo in un gruppo, l’Uruguay nell’altro ci saremmo potuti incontrare solo in finale. Ogni volta che scendevamo in campo i tifosi ci insultavano, ci tiravano pietre, venivano davanti al nostro hotel per non farci riposare”. La finale, Uruguay-Argentina 4 a 2, fu vissuta come un’autentica battaglia dentro e fuori dal campo. “Fu terribile. A volte preferirei non ricordamela dalla rabbia che provo ancora adesso. Avevamo tutto lo stadio contro. Da Buenos Aires non era venuto quasi nessuno perché il traghetto sul Rio della Plata non era potuto salpare per la nebbia. Siamo partiti bene, con 2 reti di Peucelle e Stabile. 2 a 1. Alla fine del primo tempo il ginocchio ha cominciato a farmi male. Come me c’erano altri due infortunati che stavano in campo per miracolo. A quei tempi non si potevano fare cambi: di fatto eravamo in 8 contro 11. Nella ripresa gli uruguaiani hanno approfittato della superiorità numerica e hanno ribaltato il risultato”. Durante il campionato il padre del tango Carlos Gardel venne da voi ma poi andò anche dagli uruguaiani, come a non voler svelare il mistero sulla sua vera nazionalità. “Gardel è venuto tre volte alla Barra Santa Lucia, dove si trovava il nostro ritiro. Veniva subito dopo gli allenamenti, mangiava insieme a noi e poi si metteva a cantare. Ognuno gli chiedeva un tango e lui, felice, cantava. So che è andato anche dagli altri, forse per rendere omaggio ai padroni di casa. Ma, se me lo chiedi, sono sicuro che tifava per noi! [...] La Federazione italiana mi offrì la maglia azzurra, 30mila pesos di ingaggio e uno stipendio di 8mila pesos al mese, una vera fortuna. La cittadinanza italiana mi spettava: mio nonno era emigrato dal Piemonte, credo proprio da un paesino che si chiama Varallo Sesia. Quando dissi ai miei che volevo partire, mia madre scoppiò a piangere. Mio padre mi mise in guardia: ‘Panchito, se vai via farai morire di tristezza la vieja...’. A quel tempo giocavo nel Gimnasia di la Plata. Decisi di rimanere e passai al Boca. Nel 1930 da noi terminava l’era dilettanti e iniziavamo a essere professionisti. [...] Per me giocare alla Bomboniera era un regalo, non un lavoro. Quando entri in quello stadio con 60mila tifosi che gridano il tuo nome, il cuore ti scoppia in gola. Pochi lo sanno ma l’ultima stagione, nel 39, la giocai senza partecipare nemmeno a un allenamento. Avevo il ginocchio rotto. Andavo in campo la domenica e poi per tutta la settimana mi riempivano di iniezioni per sopportare il dolore” [...]» (Emiliano Guanella, “il manifesto” 9/7/2006).