Varie, 11 luglio 2006
CALEFFI
CALEFFI Sonya Como 21 luglio 1970. Infermiera. Condannata a vent’anni per aver ucciso sei pazienti all’ospedale di Lecco (più due tentati omicidi) • «[...] vita da infermiera dura e secchiona eclissata dalla bestia che le è nata dentro, e che l’ha portata ad ammazzare uno dopo l’altro i vecchietti che le arrivavano in reparto, all´ospedale di Lecco, senza neanche sapere perché. ”Lo facevo per richiamare l’attenzione su di me, per farli salvare, per far vedere come ero brava”, disse la notte [...] in cui venne arrestata. ”Lo faceva perché odiava l’ospedale” ha detto lo psichiatra che l’ha studiata in carcere [...] il racconto dell´ultimo omicidio. ”Quando ho visto che la signora era in condizioni critiche, perché era già arrivata in reparto dal Pronto soccorso con una prognosi che non avrebbe superato la serata, io mi sono ritrovata a somministrate la terapia che mi era stata detta dal medico. E poi ho questa immagine di me che inietto questa aria. L’impulso è un impulso che non so ricordare, non so definire. Quello che mi spingeva era aggravare la situazione che già preesisteva al fine di creare una situazione di maggiore tensione, e quindi l’intervento di altro personale, di cure più tempestive nelle quali io potessi avere un ruolo determinante, che poi di fatto non c’è mai stato...”. Se tutto questo appartenga al regno della semplice devianza o della pura follia, nel processo si è discusso a lungo. Alla fine, la sentenza [...] dice che Sonya Caleffi è sana di mente. Anche i periti, d’altronde, avevano concluso per ”un disturbo complesso della personalità” che però lasciava inalterata nell’infermiera la capacità di intendere e di volere. [...] Uno degli avvocati di Sonya, Renato Papa, si assume il compito impopolare di dire che [...] ”La legge ci impone di quantificare il bene che è stato danneggiato. In questo caso il bene era la vita. Ma era un bene così ridotto da essere quasi insussistente. Che vita era la vita di una centenaria arrivata in ospedale con una piaga da decubito di 15 centimetri? Era un bene ridotto all’estremo e pieno di sofferenza, un bene inesistente”. Il procuratore Anna Maria Delitala insorge: ”Tesi che fanno rabbrividire”» (Luca Fazzo, ”la Repubblica” 11/7/2006).