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 2006  luglio 06 Giovedì calendario

Vallette e veline con un concorso pubblico Panorama, giovedì 6 luglio E se in Rai facessimo un concorso per presentatrici, vallette, schedine e quant’altro? Potremmo costruirci anche un programma e farlo meglio (col celebrato spirito del servizio pubblico) di quanto fa Antonio Ricci con le veline di Striscia la notizia

Vallette e veline con un concorso pubblico Panorama, giovedì 6 luglio E se in Rai facessimo un concorso per presentatrici, vallette, schedine e quant’altro? Potremmo costruirci anche un programma e farlo meglio (col celebrato spirito del servizio pubblico) di quanto fa Antonio Ricci con le veline di Striscia la notizia. Le domande sarebbero migliaia e le raccomandazioni fioccherebbero, ma la pubblicità dell’esame sarebbe di per sé un argine non trascurabile. Anche nel nostro famoso (perché mai ripetuto, con quelle regole) concorso per telecronisti del 1968 le raccomandazioni c’erano. Ma il microfono fece (quasi sempre) giustizia. Resta memorabile nel nostro ambiente il saluto con cui Paolo Frajese apostrofò un collega assunto per vie traverse: "Complimenti! E adesso il microfono chi te lo regge?". Una prima scrematura potrebbe riguardare la cultura generale. La laurea (che molte di queste ragazze insospettabilmente hanno) potrebbe essere titolo preferenziale, ancorché non esclusivo. La conoscenza delle lingue anche. Un’esperienza in televisioni locali potrebbe essere un utile punto di riferimento. Ma alla fine è l’esame pratico che fa la differenza, come per i giornalisti. Ilaria Cavo era la giovane direttrice di Primocanale, la tv genovese che trasmise in diretta tutto il G8. Non la conoscevo, mi invitò in studio per una intervista. Dopo la seconda domanda decisi di chiederle se avrebbe lasciato tutto per venire a Porta a porta. Accettò all’istante e né lei né io ce ne siamo pentiti. Nessun professionista ha potuto candidarsi a far parte della nostra squadra, se non ha inviato prima di essere ricevuto le cassette con i servizi già curati altrove. Nessuno dei prescelti ci ha deluso. Il sorriso di una ragazza dinanzi a una telecamera funziona o non funziona. Le sue gambe (se si candida a partecipare a un programma in cui deve mostrarle) sono belle o non lo sono. Ma se vuole partire valletta e diventare showgirl dimostri fin dall’inizio se è portata per il ballo e magari per il canto, se sa conversare, se ha i riflessi pronti, se ha già dimenticato le inflessioni dialettali o può riuscirci. Insomma, dimostri se è brava, oltre che bella. Potremmo trovare in questo modo magnifiche professioniste, come troveremmo magnifici telecronisti, se solo avessimo voglia di cercarli seguendo i criteri del 1968. Qualche raccomandata filtrerebbe comunque tra le severe maglie della giuria (è ovvio che mi candido a farne parte, proponendo Pippo Baudo come presidente). Ma la griglia delle regole sarebbe una garanzia per tutte e per tutti. Ciò premesso, e al di là dello squallore di certe conversazioni intercettate e indebitamente pubblicate, se non si vuole essere ipocriti occorre ammettere due cose. La prima: ci sono in televisione, Rai e Mediaset, ragazze belle e brave che non hanno dovuto pagare pegno. La seconda: il letto come corsia preferenziale esiste in televisione da quando esiste la televisione e al cinema da quando esiste il cinema. E non ha colore politico. Ho sentito alla convention Rai-Sipra di Cannes una dirigente Rai di lungo corso masticare tra sé: "Prima o Seconda repubblica, zoccole di sinistra e zoccole di destra ci sono sempre state. E non costringetemi a fare nomi e cognomi". Sono sempre esistiti dirigenti spregiudicati e ragazze che lo erano quanto loro. Giusto trent’anni fa un direttore di telegiornale di assoluta e riconosciuta probità uscì stravolto dal lentissimo ascensore che lo aveva condotto al suo ufficio di via Teulada. Quattro piani erano stati sufficienti a una bella e avventurosa ragazza per saltargli addosso. Era una presentatrice di serie C e voleva salire in A. Pensava che quel direttore sarebbe stato il suo Moggi. Quella volta le andò male, altre volte chissà. Bruno Vespa