Alberto Flores d’Arcais, la Repubblica 7/7/2006, pagina 15., 7 luglio 2006
Taxi driver a New York la Repubblica, venerdì 7 luglio New York. Dimenticate "Taxi driver" e Robert De Niro
Taxi driver a New York la Repubblica, venerdì 7 luglio New York. Dimenticate "Taxi driver" e Robert De Niro. Troppi anni sono passati da quel film e anche se i taxi gialli continuano ad essere uno dei simboli di New York negli ultimi due decenni molte cose sono cambiate. La svolta per i cab è arrivata nel 1998 con una riforma che i tassisti italiani ora indicano come esempio negativo e che invece ha rimesso ordine al servizio. Sindaco era Rudolph Giuliani, l´ex procuratore che aveva fatto della tolleranza zero contro la criminalità il suo cavallo di battaglia; e quando di fronte alle nuove regole stabilite dall´amministrazione cittadina si trovò a fronteggiare la rivolta dei "cabbies" non si tirò indietro: pugno di ferro. Furono giorni di confronti duri, di polemiche e accuse, uno scontro politico e sindacale ma soprattutto etnico. Negli anni Ottanta una nuova ondata di immigrati in arrivo dall´Asia e dall´America Latina invase la Grande Mela e per molti di loro l´unica possibilità di lavoro fu quella di prendere il posto degli americani; nella New York violenta della crisi fiscale guidare un taxi era diventato un mestiere ad alto rischio, le rapine erano all´ordine del giorno (fu allora che venne messo il vetro di divisione tra tassista e cliente), i padroncini offrivano paghe da fame e anche chi aveva un taxi di proprietà preferì subaffittarlo ai nuovi arrivati. «C´era una grandissima offerta di indiani, pakistani e latinos disposti a lavorare anche la notte», racconta Michael «dieci anni a guidare nelle strade di Manhattan» e oggi «agent» che dirige una piccola compagnia di taxi. «Grandi lavoratori, l´unico problema per molti era rappresentato dalla lingua e dalla scarsa conoscenza di New York». I newyorchesi si abituano a "cabbies" di ogni etnia (circa ottanta) ma i problemi e le ragioni di ambedue le parti, tassisti e clienti, non mancano; i primi sottoposti a turni massacranti, agli "harassment" della polizia, a una paga da fame, i secondi alle prese con incomprensioni, litigi e incidenti di vario genere. «Molti tassisti fumavano, altri tenevano la musica ad alto volume, avevamo continue proteste da parte di clienti lasciati per strada o insultati per la mancia troppo bassa», ricordano alla «New York City Taxi & Limousine Commission», «c´era anche un numero crescente di incidenti e il sindaco decise di agire». Il pugno di ferro di Giuliani si materializza in diciassette punti, diciassette nuove regole che prevedono fra l´altro test antidroga per i tassisti, il divieto di fumare e di tenere alta la musica, multe fino a 150 dollari per chi è scortese con i clienti o per chi si rifiuta di prendere qualcuno a bordo; multe che in casi particolari possono essere quadruplicate e portare fino alla revoca della licenza. I tassisti, praticamente senza rappresentanza sindacale, reagiscono, la tensione sale, Giuliani e i suoi portavoce arrivano a definire i tassisti «taxi terrorists» e il 28 maggio 1998 si arriva allo scontro frontale: i "cabbies" entrano in sciopero, Manhattan viene paralizzata. Il braccio di ferro si risolve con la vittoria del sindaco, 15 dei 17 punti vengono approvati e per i taxi di New York inizia una nuova vita. Il sistema è rimasto quello dei «medaglioni» (la licenza) che risale agli anni Trenta. Ogni auto deve avere il suo «medaglione» e questi vengono messi all´asta (oggi costano circa 300mila dollari l´uno) dal Comune tre volte all´anno nel numero che si ritiene necessario a coprire il bisogno di una metropoli come New York. Ci sono i proprietari-autisti, quelli che hanno il "medallion", guidano il loro cab e lo dividono con un altro (o altri) per coprire l´intero arco della giornata; la seconda categoria è rappresentata dai "fleet-type operators", le compagnie che posseggono diversi taxi e che li danno in leasing ai tassisti; questi pagano una quota per ogni turno e riportano il taxi nel garage centrale alla fine del lavoro. La terza categoria è quella del "leasing a lungo termine", fatto dalle compagnie ai tassisti per un periodo di tre, sei o più mesi. In questo caso gli autisti pagano ai proprietari una quota settimanale, ma mantengono il controllo giorno per giorno dell´auto. Normalmente ogni macchina viene affittata a due tassisti per un turno di 12 ore ciascuno. Quella del "medallion" è diventata una vera e propria compravendita con tanto di broker, consulenti e una società (quotata al Nasdaq) specializzata in finanziamenti per chi vuole diventare proprietario. Il "lease" per un turno costa 105 dollari la mattina e 115 il pomeriggio, il "lease" settimanale non può superare i 666 dollari, prendere in "leasing" una licenza costa circa 800 dollari alla settimana. Il sistema funziona, molti tassisti riescono nel giro di alcuni anni a diventare proprietari della macchina, della licenza o di tutti e due e a loro volta riaffittano ai nuovi arrivati. Con un ricambio continuo ed una vita media da tassista di strada che non supera i sei anni. Per ogni dollaro guadagnato in una corsa (mancia compresa) 57 centesimi finiscono in tasca al tassista, 24 servono a coprire i costi dell´auto (l´acquisto, il mantenimento, la benzina e l´assicurazione), 4 centesimi vanno a spese varie e 15 centesimi ai proprietari del taxi, sia esso uno solo o una compagnia. E il yellow cab resta nel tempo uno dei simboli della Big Apple. Alberto Flores d´Arcais