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 2006  luglio 06 Giovedì calendario

Un marito troppo perbene. La Stampa, giovedì 6 luglio "Era uno che non riusciva a darti del tu", spiegano i colleghi di Bruno Carletti che come dottor Jekyll, lunedì mattina, ha cambiato la sua faccia da bravo ragazzo in quella di un feroce Hyde di provincia che ammazza di botte la moglie e la butta in un cassonetto della spazzatura, come se quel luogo avesse un significato preciso in questo privato film dell’orrore

Un marito troppo perbene. La Stampa, giovedì 6 luglio "Era uno che non riusciva a darti del tu", spiegano i colleghi di Bruno Carletti che come dottor Jekyll, lunedì mattina, ha cambiato la sua faccia da bravo ragazzo in quella di un feroce Hyde di provincia che ammazza di botte la moglie e la butta in un cassonetto della spazzatura, come se quel luogo avesse un significato preciso in questo privato film dell’orrore. Francesca adesso lotta ancora per sopravvivere, con i polmoni che non ce la fanno a respirare da soli. Lui è chiuso in una cella di isolamento del carcere di Camerino, piange, guardato a vista, senza lacci delle scarpe e senza cinta, per paura che possa togliersi la vita. Intorno a loro una città muta, attonita, che si interroga con discrezione, su quello che è accaduto e sui suoi due protagonisti. Al bar Pierino, sotto ai portici, un passo dalla Questura e dal teatro Lauro Rossi di cui Carletti era direttore, ai tavolini, si parla con discrezione. Alla signora Rosa sembra di vederla, Francesca, che cammina verso il suo ufficio, con indosso la sua "divisa" estiva, un tubino bianco portato con la classe di un fisico slanciato (1 metro e 80 e solo 52 chili), le scarpe basse, "sempre elegante e discreta". Evio Hermas Ercoli, intellettuale, nel cda dello Sferisterio, riassume lo stato d’animo di tutti: "Sconvolto". Un signore in bermuda che anni fa comprò da Carletti una villa, ripete il ritornello ascoltato in questi giorni: "Come è potuto succedere? Lui così per bene, gentile". Ma un collega del Teatro Lauro Rossi aggiunge un avverbio che cambia completamente questo ritratto: "Era esageratamente gentile". Esageratamente, ecco la chiave per capire la personalità di questo goffo quarantaduenne con la passione del teatro. "Era esageratamente educato, esageratamente forbito, esageratamente moderato nei toni della voce". Una personalità compressa, un carattere impulsivo e tormentato, nascosto da una maschera di borghese perfezione. A fargli calare la maschera sarebbe stato, spiegano gli avvocati di lui, Vando Scheggia e Bruno Mandrelli, un raptus di follia scatenato da qualche frase provocatoria scappata nella lite di quella mattina. Un appuntamento per riconciliarsi dopo mesi di lontananza a causa di una relazione extraconiugale di lui, con una giovane donna divorziata e con un figlio. Francesca non riusciva a sopportare e a perdonare la sofferenza e le bugie. E quando lui, alle 7,30, si è presentato a casa con un vassoio di brioche per fare colazione, gli avrebbe urlato la sua rabbia. In carcere lui ripete, come una litania, come se la cosa riguardasse un altro: "Mi ha provocato". Ma in questura non la pensano così e il capo della mobile Alessandro Albini spiega che Carletti si era portato un bastone in casa. "Mi serviva per poggiarci la batteria del motorino da ricaricare", spiega lui. La gente chiacchiera per le vie della città, è giorno di mercato. Tutti sembrano a conoscenza della trama di quella che sembra un’opera verdiana, di Bruno e Francesca, dei loro problemi matrimoniali. C’è chi spiega questa fetta di provincia, stretta tra campagna e mare, con una speciale vocazione per la cultura e per le logge massoniche (ce ne sono 5), che compare sempre nei valori medi delle statistiche: "Una città tranquilla dove si tradisce dietro le quinte e si uccide solo per questioni di corna". Quel che colpisce tutti, però, è il "dopo" di questa storia. "Un raptus può capitare", dice Carlo che ha una bancarella con abiti firmati Katia Ricciarelli (tra l’altro la cantante ha lavorato spalla a spalla con Carletti quando era direttrice artistica della stagione lirica maceratese). "Ma perché buttarla nel cassonetto e andare al lavoro facendo finta di niente?". Lunedì alle nove mister Hyde aveva di nuovo la sua maschera di dottor Jekyll, inappuntabile a parte quei graffi sulla guancia sinistra, dall’occhio al mento, che lo hanno tradito con la polizia ("le zanzare....", ha tentato di giustificarsi). Carletti, giacca e cravatta perfetti dopo essersi sbarazzato dei vestiti insanguinati, incontra in piazza una giornalista locale e la saluta, cortesemente. Esageratamente cortese. E’ ancora lui, nei panni di sempre, del buon Bruno, a cui la stima della gente è necessaria come una droga. "Voleva essere accettato", spiega una sua impiegata. E chi lo conosce bene parla del suo passato per spiegare questo desiderio di andare d’accordo con tutti. Rimasto orfano di madre a sedici anni, Carletti ha raccolto il corpo senza vita del padre, noto psichiatra cittadino, suicida. "Per lui era fondamentale non solo essere accettato, ma anche non essere abbandonato", spiega un amico anche lui con la pretesa dell’anonimato ("la cittadina è piccola, ci conosciamo tutti..."). E Francesca, nonostante lo amasse ancora, voleva farla finita. Bruno era stato accolto come un figlio dalla sua famiglia, ricchi costruttori marchigiani. Il padre, che cammina come un leone in gabbia di fronte alla porta sbarrata della rianimazione dell’ospedale Santa Lucia, ha visto la figlia con il collo completamente nero e la faccia invasa dai lividi. Scuote la testa: "Lui era la persona più calma del mondo". Poi si ferma e si corregge: "Sembrava la persona più calma del mondo". La storia di uno che non ce la faceva proprio a dare del tu. Maria Corbi