Dino Martirano, Corriere della Sera 4/7/2006, pagina 5, 4 luglio 2006
Mastella: «La mia parola come il due di briscola. Ma allora che ci sto a fare nel governo?» Corriere della Sera, martedì 4 luglio Roma
Mastella: «La mia parola come il due di briscola. Ma allora che ci sto a fare nel governo?» Corriere della Sera, martedì 4 luglio Roma. Dopo il consueto lunedì mattina trascorso a Ceppaloni, il paese del Beneventano del quale è anche sindaco, il ministro Clemente Mastella si è precipitato nella sede dell’Udeur, a Roma, ma lì non ha trovato al suo solito posto il notaio del partito, Claudio Togna: «Il responsabile Udeur per gli Ordini professionali si è dimesso in dissenso con la politica sulle liberalizzazioni del governo», hanno spiegato i collaboratori a un Guardasigilli piuttosto adirato. Che ha risposto ai suoi: «Non saremo certo noi a mettere in liquidazione gli Ordini. Anzi, io li convoco subito al ministero...». Scusi Mastella, ma lei era stato avvertito prima del consiglio dei ministri di venerdì? «No, questo non lo contesto. Correttamente il giovedì ero stato informato... Non ho problemi da questo punto di vista». Anche perché in quel decreto sugli ordini professionali c’è poco. «Non c’era nulla. Io, comunque, ho fatto le mie obiezioni ma ho anche proposto un ragionamento: se questa è una scelta sul piano politico generale, faccio un sacrifico in nome della collegialità». Invece, gli annunci di Prodi e di Bersani sulle professioni non le sono piaciuti. «Ecco, nel governo non può esserci chi è partecipe dell’esultanza e chi, invece, deve andare a fronteggiare le armate degli avvocati e degli altri professionisti che vengono a contestare i provvedimenti. Vedrete, saliranno su per gli scaloni di via Arenula. Gli annunci di guerra finiscono per danneggiarmi». Prodi non ha difeso le competenze del Guardasigilli in materia di ordini professionali? «Il presidente non c’entra, mi riferisco agli altri ministri. C’è un quadro in cui io sono sfiorato dalle scelte e al tempo stesso mi devo far carico di queste decisioni: ma così facendo rimango in prima linea su un fronte incandescente mentre gli altri festeggiano nelle retrovie. Questo è molto spiacevole». «Poi passeremo alle professioni...», ha detto Bersani. «Io voglio bene a Bersani: è persona che stimo. Ma, a questo punto, trovatevi un altro: le incursioni un po’ piratesche arrivano una volta da parte di chi mette bocca sul disegno di legge per congelare l’ordinamento giudiziario (Di Pietro, ndr), poi spunta un altro che parla delle professioni. Allora liberalizziamo anche il ministero della Giustizia. Eliminiamolo». Sicuro? «Visto che le professioni finiscono per essere di competenza del ministero delle Attività produttive, visto che sul resto la mia parola conta come il due di briscola, non capisco proprio cosa ci stia a fare in questo governo». Sicuro che uscirà, ministro? «Sull’Ici per i beni ecclesiastici, il mio partito deve fare un sacrificio. Sulla bioetica devo trovare un compromesso e ora pure gli ordini professionali. Tutti temi sui quali il nostro elettorato muove rimostranze. Io non posso fare solo sacrifici, nessuno mi impone di stare nel governo. Noi non siamo mica la foglia di fico dell’esecutivo». Bersani dice che sulle regole non c’è concertazione. «Mi sta bene, ma che non si concerti tra di noi mi sembra troppo». Dunque, come procederà sugli Ordini il ministro della Giustizia? Lei, al Senato, ha detto che «non bisogna estremizzare la logica del "costo sempre più basso"» «Io li convoco, ho dato incarico al sottosegretario Scotti. Noi non mettiamo mica in liquidazione gli Ordini: non siamo all’8 settembre, casomai siamo al 25 aprile. E se loro fanno riferimento al ministro, fanno da sponda e mi supportano, allora noi probabilmente riusciamo a prendere in mano la situazione contro certi tentativi in atto...». Dino Martirano