Gabriele Romagnoli, 3/7/2006, pagina 52, 3 luglio 2006
Voilà Domenech, il più bistrattato dei ct la Repubblica, lunedì 3 luglio BERLINO - Domenech, l´uomo che ha riportato in auge l´Ancien Regime, è stato un giocatore, un allenatore e un attore
Voilà Domenech, il più bistrattato dei ct la Repubblica, lunedì 3 luglio BERLINO - Domenech, l´uomo che ha riportato in auge l´Ancien Regime, è stato un giocatore, un allenatore e un attore. Ora è un´Idea. L´equivalente calcistico di quel che è in letteratura Wu Ming: un progetto collettivo, con un nome sulla facciata, per realizzare imprese corsare. Di solito le idee paiono inizialmente geniali, poi stupidissime: è accaduto al comunismo, alle spedizioni lunari e al «gioco corto» di Viciani, per dire. L´idea Domenech ha seguito il percorso opposto: da cretinaggine fatta persona a distillato d´intelligenza pura. Per capire che cosa Domenech è, ma soprattutto non è, bisogna frugare nella sua biografia remota e recente di anti-piacione: sta sull´anima a chiunque, esclusa la sua donna (ma non tutti i giorni). Il Domenech calciatore era un terzino. Debuttò a sedici anni nel Lione. La leggenda vuole che nella prima partita abbia rotto la gamba a un avversario. Non è vero, ma lui non lo ha mai smentito. Per risultare credibile come feroce marcatore ricorse a un espediente antico: si fece crescere i baffi (idea replicata dal giovane Bergomi nell´82). Continuò a tarpare ali con discreta energia, finendo nel giro della Nazionale, dove Platini lo osservava con distratto disgusto e Amoros gli precludeva un posto da titolare. Già che stava in panchina, divenne allenatore. Comincìò da squadre minori. Intanto recitava a teatro. stato il professore pazzo nella «Lezione» di Ionesco. Ha fatto Cechov e ha avuto la parte di amante focoso della diva televisiva in uno sceneggiato mai trasmesso. Come allenatore ha seguito la stessa trafila fatta da giocatore: da Lione alla Nazionale, passando per le selezione giovanile dove allevò alcuni nomi che qui trascrivo a futura memoria: Zidane, Henry, Vieira, Gallas. Quando, nel 2004, gli diedero la squadra maggiore i suoi bambini prodigio avevano quasi tutti messo in soffitta la maglia «bleu». Tornare indietro? Con «quel pirla» di Domenech? Neanche a pensarci. Lui continuava a provare giovani. Pires, uno della vecchia guardia, partecipò a un ritiro e scrisse nel suo diario: «Sembra di essere a scuola». Risultati, pochi. Domenech schierava cinque difensori contro Israele e conquistava lo 0 a 0. Poi, accadde una notte. Così vuole un´altra leggenda. Zidane non dormiva, telefonò a Thuram, che chiamò Makelele. «E se andassimo a dare una mano al pirla? Massì, che magari vinciamo la Coppa del mondo». In realtà pare sia stata una pensata dell´Adidas, sponsor del Mondiale e degli alfieri dell´Ancien Regime. Sono tornati e la Francia si è qualificata. Poi sono arrivati in Germania. Dopo le prime due partite la Francia era allo stesso punto di quattro anni fa: sul baratro dell´eliminazione. Zidane era, cito un autorevole quotidiano inglese, «un vecchio brontolone che sta per andare in pensione, e lo sa, e si vede». Vieira, alla domanda: «Ma secondo lei Domenech è capace?», rispondeva: «Qualunque cosa dicessi, non cambierebbe la realtà». I giornali ironizzavano sulla passione di Domenech per l´astrologia in genere e un´astrologa in particolare. Perfino Billy Costacurta, che chissà quali rancori nutre, dichiarava a Italia 1: «Domenech mi sta sulle palle». L´antipiacione rischiava di passare alla storia più per le parole che per i fatti. Alla vigilia della partita con la Corea dichiarava: «Domani libero i cani». Per poco se li mangiavano. Con un sussulto di dignità a Le Pen che vaneggiava: «Il problema della squadra è che ci sono troppi neri», replicava: «Il problema della politica è che ci sono troppi imbecilli». Battendo gli «all blacks» del Togo, una Francia senza qualità è rotolata negli ottavi, dove la Spagna l´aspettava per finirla. E da lì in avanti Domenech è diventato uno stratega infallibile. Davvero? Che cosa è successo? Si sono girati i pianeti? Sta recitando la parte di Napoleone? O, semplicemente, dobbiamo andarci a riguardare la foto pubblicata in copertina dall´Equipe, in cui Zidane si china su di lui e gli spiega che cosa bisogna fare. O quella, rimasta nell´obiettivo, in cui Henry gli dice: «Preferisco stare solo davanti, giochiamo col 4-2-3-1 e metti a destra Ribery, che li fa impazzire tutti». O quell´altra in cui Thuram e Gallas gli spiegano l´organizzazione difensiva. O quella in cui Vieira suggerisce: «Poi vado avanti io sui cross di Zizou, non conta chi è attaccante, lo diventa chi sta in area». E Domenech fa segno di sì, ogni volta. Abdica al trono e, marionetta felice, si mette nelle mani dell´Ancien Regime. Dev´essere la prima volta nella storia che la restaurazione viene compiuta da un collettivo autogestito. Gabriele Romagnoli