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 2006  giugno 30 Venerdì calendario

Marco Mezzasalma

MEZZASALMA Marco Tripoli (Libia) 17 giugno 1959. Terrorista. Arrestato il 14 ottobre 2003. Condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Massimo D’Antona • «Ingegnere con il pallino delle tecnologie, impiegato in una multinazionale che produce sofisticati sistemi d’arma per le forze armate americane e sindacalista della Fiom-Cgil. Con un segreto in fondo al cuore: l’ambizione di diventare il capo delle Brigate Rosse. Nella sua casa di single a via Pescaglia, quartiere Magliana, al momento dell’arresto s’è atteggiato a duro: ”Non sono io a dover spiegare niente. Lo dovete fare voi”. Parole scelte con cura. Forse rimasticate da tempo. Come se sentisse la responsabilità di un momento storico. D’altra parte Mezzasalma era convinto di essere lui il successore di Nadia Lioce. L’aveva persino scritto, con il linguaggio obliquo di brigatisti, e qualche termine ingegneristico di troppo, in un testo che la polizia ha trovato nel computer: ” stato destrutturato l’assetto organizzativo presente, mancano ruoli e sedi dirigenti”. Traduzione: c’è da scegliere un nuovo capo, io sono pronto. L’ingegnere lavorava da anni alla Lital di Pomezia come progettista. Una notizia che avrà fatto impallidire i nostri servizi segreti: la Lital, infatti, molto apprezzata dagli addetti ai lavori, da qualche anno è di proprietà della Northrop Grumman Corporation. Ovvero i maggiori fornitori di apparati informatici alle forze armate della Nato. A Pomezia producono apparecchiature sofisticate: sistemi che stabilizzano il volo degli elicotteri, puntatori per i caccia militari, pezzi di missili e infine il fiore all’occhiello, un navigatore satellitare per le jeep che piace molto all’esercito statunitense. Ecco, questo era il pane quotidiano di Marco Mezzasalma, irreprensibile lavoratore di giorno e cospiratore di notte. Brevetti militari. Meccanismi che a smontarli avrebbero fatto la felicità di Osama bin Laden. A leggere le carte dell’inchiesta, Marco Mezzasalma si divideva equamente tra i suoi due mondi. Una scheda telefonica di quelle ”marcate” dagli investigatori è stata usata regolarmente nelle otto cabine telefoniche che si trovano accanto alla mensa della Lital. Rigorosamente tra le 13 e le 15. L’ingegnere lasciava la scrivania, rideva, scherzava con qualche collega, mangiava. E poi tirava fuori dal taschino la scheda telefonica ”di Organizzazione” con cui chiamare i compagni. Quindi tornava diligentemente al lavoro. A suo modo, Mezzasalma era riuscito a far toccare gli estremi. Era lui, infatti, l’esperto di sistemi sofisticati e di armi micidiali, secondo gli investigatori, anche il teorico del nuovo terrorismo tecnologico. S’intendeva di cellulari da utilizzare in simultanea come fossero walkie-talkie durante le rapine. Sapeva come inviare i messaggi via Internet senza lasciare traccia. In definitiva, sembra esserci la sua aria paciosa (il fratello, Francesco, che non riesce a credere nella sua colpevolezza, l’ha definito così: ”Ma se sembra Babbo Natale!”) dietro il mito tecnologico dei computer palmari e dei telefonini che pervade le nuove Br. Un falso mito come sta dimostrando quest’inchiesta. Non solo un dipendente, ma anche un sindacalista. Fino al 1995, Marco Mezzasalma è stato delegato della Fiom nel consiglio di fabbrica. Un leader, a suo modo. Poi ha lasciato declinare l’impegno sindacale. ”Era diventato uno dei tanti - dice Ernesto Rocchi, responsabile della Fiom nel Lazio, comprensibilmente imbarazzato - che ha mantenuto la tessera in tasca, ma senza impegnarsi. Sono circa duemila soltanto nel comprensorio di Pomezia. Ovviamente l’abbiamo subito sospeso, non appena s’è saputo di lui, a norma di regolamento”. [...] Un uomo qualunque con un buon impiego e una tessera Fiom in tasca, dunque. Single, con due fratelli sposati, abitava nell’appartamento di famiglia alla Magliana. [...] era un figlio premuroso: nel ”99, sono annotazioni della Digos, la sua scheda prepagata ogni tanto serviva per chiamare un cellulare ”di Organizzazione” e ogni tanto per uno squillo alla madre. Da tre anni era rimasto solo in quella casa piena di dischi. Tanto jazz. E poi i libri. Il fratello: ”Marco è un teorico, ne ha la casa piena, da Marx in giù. impegnato nel sindacato e s’interessa di politica, ma non quella che appare in televisione”. Lo descrivono triste e solitario. Nel palazzo di via Pescaglia, con i condomini e con il portiere, buongiorno e buonasera. Ha buttato lì un vicino, Benito Cifani: ”Uno cupo”. Mai una visita. Tantomeno una donna. Non l’aiutava la silhouette. Basso, pelato, grassoccio. Eppure nascondeva ambizioni di leader. Il documento, che già qualcuno definisce una Risoluzione strategica, ma forse era soltanto una bozza di lavoro, delineava il futuro delle Br dopo la morte di Mario Galesi e l’arresto della Lioce. L’ingegnere ci aveva messo dentro tutto: i ”borsoni pericolosi” da risistemare, ovvero la documentazione e le armi; il dubbio se andava dichiarata una ”Ritirata” oppure andare avanti con nuove azioni eclatanti; il ”trasloco” da un covo all’altro. Fino all’uscita di scena di Galesi e della Lioce, sembra di capire che Mezzasalma fosse il responsabile logistico del gruppo. Aveva affittato a nome suo l’appartamento di via Maia. Era il 98, l’inserzione l’aveva letta sul giornale. Ha raccontato il proprietario: mi fece vedere un tesserino, lavorava per una ditta aerospaziale, non ha mai sgarrato sull’affitto. L’ingegnere era entrato nell’ingranaggio. Le Br preparavano già l’omicidio del professor D’Antona e lui si preoccupava delle case e delle comunicazioni. Poi [...] con lo scontro a fuoco sul treno, tutto cambia. Mezzasalma dimostra nervi d’acciaio. Va in via Maia e cambia la serratura: la Lioce aveva in tasca il mazzo di chiavi. Eppure quell’appartamento ormai è bruciato. Qualche mese dopo organizza il trasloco. Lo hanno visto, su un furgoncino, mentre portava via un computer e alcuni mobili. Il 7 giugno, infine, incontra il proprietario per restituire le chiavi e chiudere ogni pendenza. Ed ecco una sorprendente trasformazione. Il mite impacciato grassoccio impiegato è diventato un capo. Anche nel fisico. ”Era dimagrito - ha raccontato il signor Mauro Bergamo, dipendente della Bnl, proprietario dell’appartamento - di almeno trenta chili, aveva cambiato fisionomia e modo di vestire. Me lo sono ritrovato di fronte più magro, elegante, pantaloni di velluto nero, borsello. Era anche più aggressivo, non mi guardava negli occhi, aveva fretta”. Quando e come sia entrato in contatto con le Br, non è chiaro. I magistrati scrivono di lui: ”Per il tramite di Antonio Vestrella è risultato del medesimo ambiente dei noti Matteini e Fuccini”. Ossia i due giovanotti toscani che nel 1995 furono fermati casualmente da una volante a Roma e immediatamente si dichiararono ”prigionieri politici”. Fuccini era il compagno della Lioce. Di vita e di lotta» (’La Stampa” 27/10/2003).