Il Sole 24 Ore 18/06/2006, pag.31 Giovanni Pacchiano, 18 giugno 2006
Colpo di fulmine per Irma. Il Sole 24 Ore 18 giugno 2006. Un amico le aveva letto quei versi. La ragazza - aveva 26 anni, si chiamava Irma Brandeis, una famiglia ebreo-americana importante - rimase choccata: doveva conoscere a tutti i costi chi aveva scritto il piccolo libro, Ossi di seppia
Colpo di fulmine per Irma. Il Sole 24 Ore 18 giugno 2006. Un amico le aveva letto quei versi. La ragazza - aveva 26 anni, si chiamava Irma Brandeis, una famiglia ebreo-americana importante - rimase choccata: doveva conoscere a tutti i costi chi aveva scritto il piccolo libro, Ossi di seppia. Un italiano, Eugenio Montale. Forse, ascoltando, se ne era già innamorata. Fu così che due anni dopo, nel 1933, la giovane Irma, insegnante di Italiano al Sarah Lawrence College, N.Y., arrivò, all’inizio dell’estate, a Firenze. Dove, appunto, Montale dirigeva, dal 1929, il prestigiosissimo ma poco remunerativo "Gabinetto Vieusseux". l’approssimarsi dell’amore. Ce lo racconta con finezza Rosanna Bettarini nel suo analitico saggio introduttivo a Lettere a Clizia, il carteggio che Montale ebbe con la Brandeis, la Musa ispiratrice di gran parte delle Occasioni e di Finisterre (i vertici del nostro Novecento poetico, checché ne abbia detto qualche illustre detrattore), nel periodo 1933-39. O meglio, 155 lettere del poeta, datate quegli anni, più un commovente biglietto, scritto con mano tremolante nel giugno 1981, pochi mesi prima della morte. Più, infine, due sole lettere di Irma: di cui una indirizzata a Montale, del 1935, mentre l’altra, dell’agosto 1979, è rivolta ai futuri lettori. Quando Irma, appena andata in pensione (fu un’insigne italianista e un’autorità su Dante), espresse il desiderio di affidare alla posterità, dopo un debito intervallo, le lettere dell’amico. Ciò che accade oggi con questa edizione. Si può leggere come un romanzo d’amore, una storia per voce sola, il carteggio. Tuttavia con un’eco continua, la presenza/assenza (e così anche per Le occasioni e oltre) della donna amata, il riverbero di parole ed emozioni, le richieste, i contrasti, la rottura definitiva, il dolore. Si può leggerlo così specialmente per gli anni 1933-35, legati ai due soggiorni estivi in Italia della Brandeis (1933 e 1934; il terzo avvenne solo nel 1938): una trama a tal punto pervasiva da estendersi persino ai versi della vecchiaia del poeta. Cominciando dal thunderbolt iniziale, il "fulmine", la parola codice usata dai due amanti. Lei che entra al Vieusseux e vede il poeta ed è vista: alta, bella, snella ed elegante, ha grandi occhi azzurri. "Un incontro disastrosamente stupido", commenta Irma nel 1979. solo imbarazzo. Ce ne sarà un secondo, e l’amore. Tutto dunque sembrerebbe avviarsi a una felice conclusione: si amano, lui vorrebbe andare a vivere in America, trovare un lavoro. La tempesta di lettere dopo il suo ritorno in patria, in settembre. Fa promesse matrimoniali per il futuro, progetti (diventare ricco, persino, scrivendo un romanzo con lei). E peccato che si dimentichi di confessarle di avere un legame stabile (lo saprà, Irma, soltando durante la seconda estate italiana, nel 1934): è legato, stralegato a Drusilla Tanzi, maritata Marangoni (la "Mosca" delle sue liriche e della sua vita), più vecchia di lui di 15 anni. Mentre Irma la prende, com’è naturale, malissimo, lui le scrive, continua a scriverle, ora in italiano, ora in un inglese non irreprensibile... Si può leggere, a questo punto, l’intero carteggio, anche come la storia, più che di tante mezze bugie e promesse vane all’innamorata, del dramma, umanissimo e doloroso, di una tempesta dell’inconscio. Anche se, emotivamente, stiamo dalla parte della Brandeis. Poiché l’uomo Montale, pur sapendo e dicendo che la Mosca lo ha assistito devotamente per anni, percepisce oscuramente che la soluzione emancipogena è di andarsene con il nuovo amore, tagliare col passato e con l’Italia (si giustifica solo così il mucchietto di giudizi taglienti sui suoi contemporanei, ma anche sui grandi, Leopardi compreso, che escono dalle lettere). Non ce la fa. Restano sogni che durano anni; forse tutta una vita. Si veda il biglietto del 1981: "Irma, you are still my Goddes per Goddess, my divinity"... Restano soprattutto Le occasioni. Giovanni Pacchiano