varie, 29 giugno 2006
MANZIONE Roberto
MANZIONE Roberto Salerno 2 giugno 1953. Politico. Nel 1996 eletto alla Camera con il Polo delle Libertà, nel 2001 e 2006 eletto al Senato (Margherita), nel 2007 fondò con Willer Bordon l’Unione democratica per i consumatori • «Nella scorsa legislatura all’opposizione, si barricò in aula per 50 minuti prima di essere espulso dal presidente Marcello Pera. “Malan, rimasto in Aula oltre tre ore ha superato il mio record. Però lui era circondato da corpulenti senatori della Cdl, io solo da senatrici”» (“Corriere della Sera” 29/6/2006) • «Di lui, i più garbati, dicono che è un gran rompicoglioni. E forse proprio per questo il senatore Roberto Manzione, l’uomo che “per una questione di principio” – dice lui – quasi quasi faceva cadere il governo, ha una qual grandezza. Perché il rompiballe non lo è mai fino in fondo. Prova ne sia la storia di questo avvocato salernitano che traghettandosi dal Partito repubblicano, passando per l’Udeur, fino all’approdo nella Margherita, alla fine ha sempre rotto le balle a tutti, ma non è mai andato a fondo. D’altro canto si è sempre rompiballe per una parte, e magari, poi, si è eroi per l’altra (e un tetto sulla testa si trova sempre). Così, per esempio, quando Manzione [...] sposò la causa dei radicali non eletti al Senato – che “avrebbero avuto diritto” a diventare senatori al posto di tre Ds, quattro Dl e il rifondarolo Franco Turigliatto – divenne un mito radicale, “l’unico a sfidare le lobby bipartisan”. Certo il rovescio della medaglia fu che i più buzzurri tra i compagni di partito gli volevano “fare la pelle”, mentre i più raffinati avevano trovato per lui l’aristocratica definizione di “cornuto”. Tanto basta a dimostrare la reversibilità del termine rompiballe. [...] a via dell’Umiltà si ricordano bene di quanto Manzione fosse stato una spina nel fianco nel 2005, ai tempi in cui si doveva approvare la riforma della Giustizia Castelli, e Berlusconi era presidente del Consiglio. Così finiscono per ammettere che “sì è un rompiballe, ed è anche un tipo sanguigno, uno che si accalora”, raccontano. La stranezza dei corsi e ricorsi storici vuole infatti che il 23 giugno 2005 il nostro “senatore rompiglioni” si fosse infervorato a tal punto nell’ostruzionismo contro la riforma dell’ordinamento giudiziario (ancora una volta), da finire svenuto nel mezzo dell’Aula e ricoverato al San Camillo. Tuttavia prima di accasciarsi a terra riuscì stoicamente a urlare “vergogna” all’allora presidente del Senato, Marcello Pera, e a lanciarsi fin sottoi banchi della maggioranza dove – dice chi c’era – volarono parole grosse. Tanto che il misurato senatore di Alleanza nazionale, Antonino Caruso, di fronte a cotanta partecipazione emotiva rimase di sasso: “Ma perché Roberto se la prende tanto?”. In sostanza l’uomo è rodomontesco e donchisciottesco all’unisono. Il suo motto, confessa, è “sconfiggere ogni ingiustizia”. Una specie di san Giorgio “spigoloso, testardo e di pessimo carattere, uno che anche nelle battaglie giuste finisce con l’avere torto perché ci mette sempre quel di più che rovina tutto”, dicono negli ambienti a lui più vicini, quelli dei parisiani. Di Manzione si raccontano le litigate “epiche” con Ciriaco De Mita riguardo il falso tesseramento del partito (che avrebbe indebolito la corrente parisiana a discapito della maggioranza). Gli uscieri di via Santa Brigida a Napoli, dove ha sede la Margherita campana, lamentano ancora un certo grado di sordità per le urla: “Ciriaco mi devi ascoltare, tu come presidente regionale del partito rappresenti pure me!”, diceva rosso in volto e incazzato nero. Mentre un serafico De Mita gli rispondeva, pacato e tagliente: “Caro Manzione, io non ti rappresento affatto, anzi, è stato un errore farti eleggere. Ora siedi e stai zitto”. Era il dicembre del 2006, Manzione rompeva le balle a De Mita e stava simpatico ai parisiani, ma adesso che presenta emendamenti votati dalla Casa delle libertà anche i parisiani (che tuttavia restano i più teneri con lui) hanno cambiato idea: “Ha chiuso con noi ulivisti quando rinunciammo a una lista autonoma e distinta al congresso. Lui prospettava – da vero rompiscatole – la non partecipazione polemica dell’Ulivo al congresso della Margherita. Chissà adesso dove approderà”, insinuano maliziosamente. Ma forse in realtà se Roberto Manzione lasciasse l’Unione tutti trarrebbero un sospiro di sollievo, contenti di averlo scaricato all’opposizione: “Vedete voi come gestirlo”. I più cattivi e dietrologi sostengono che “il senatore Rompiglioni” abbia un piano preciso, mettersi a capo del “potente e trasversale” partito degli avvocati e rompere e balle – tanto per cambiare – a Clemente astella. “Dopo esserne stato il portavoce Manzione ha rotto con lui (in tutti i sensi) e adesso lo vuole proprio sfruculiare: perchéMastella e Casini stanno trattando e si vogliono agganciare, ma hanno bisogno di tempo, ovvero che Prodi non cada, Manzione lo sa e pur di fare un dispetto a Mastella adesso prova in ogni modo a far cadere il governo. E dato che uno o due voti bastano, crede di potercela fare”. Credeva» (Salvatore Merlo, “Il Foglio” 14/7/2007) • «“Io non credevo che sarebbe passato questo mio sub emendamento. Ma, si sa, l’aula del Senato è un po’ come una sala Bingo...”. Piantato accanto al busto di Garibaldi, il senatore Roberto Manzione si gode con candido stupore l’ennesimo momento di celebrità. Ma non c’è trionfalismo nelle sue parole: “È l’opposizione che ha votato un mio emendamento, non il contrario. Eppoi, questa modifica non introduce nulla di trascendentale anche perché è in linea con gli accordi politici presi dalla maggioranza”. Così, per tutta la giornata, Manzione tiene banco e strappa i riflettori ai due colleghi — Willer Bordon della Margherita e Roberto Barbieri ex Ds — che insieme a lui hanno disubbidito alle indicazioni di governo e maggioranza. Avvocato salernitano (“Se torno a studio guadagno di più”) [...] grande conoscitore dei meccanismi parlamentari, il ribelle dell’Ulivo ha iniziato a masticare pane e politica con gli ex dc confluiti poi nell’Udc e nell’Udeur. Manzione, che pure nell’96 era capogruppo del partito di Mastella alla Camera, è finito nella Margherita [...]» (“Corriere della Sera” 13/7/2007) • «Quando sono in vena di gentilezze i suoi colleghi dell’Ulivo lo definiscono “un rompiscatole” (il termine, in realtà, è un po’ più crudo). Del resto egli stesso non fatica ad ammettere di esser sempre stato “un bastian contrario”. Fin dai tempi in cui, giovane e aitante avvocato, militava a Salerno nel partito repubblicano e intanto strizzava l’occhio alla nascente Alleanza democratica di Adornato e Bordon. [...] uno che dall´inizio della legislatura può vantare più polemiche contro la maggioranza che qualsiasi altro senatore berlusconiano. A febbraio 2007 è tra i sei “obiettori” dell’Ulivo che si assentano dall’aula per far passare il “trappolone” di Calderoli sulla base Usa di Vicenza. E di chi era la firma sull’ordine del giorno che chiedeva a Visco di “autosospendersi” per il caso Speciale? Sempre la sua: Roberto Manzione. “Bastian contrario”, come quando passò settimane a battersi per riconoscere ai radicali i loro diritti sugli 8 seggi contestati di palazzo Madama. Il problema è che uno degli 8 che avrebbe dovuto tornare a casa era il collega della Margherita Luigi Zanda, che non gradì affatto. Ne nacque una lite furibonda, che qui vale la pena ricordare solo perché al termine Manzione decise di “autosospendersi” dall’Ulivo. Zanda, del resto, è uno dei bersagli preferiti di Manzione. Che si fece un punto d’onore nel dimostrare che proprio il collega era il responsabile di quel “colpo di spugna” sui reati contabili che qualcuno tentò di far passare nella Finanziaria: “Zanda è come Zorro, lascia sempre il suo segno. E tutte le strade portano a Zanda”. Un bel caratterino Manzione. A cui si può imputare di tutto, tranne che sia un nemico dei magistrati. “Non scherziamo. Insieme a Manzione - ricorda il collega Willer Bordon - nella scorsa legislatura siamo quelli che più si sono battuti contro le leggi vergogna di Berlusconi. Siamo stati noi a organizzare i girotondi fuori dal Senato”. Tanto è vero che proprio durante il dibattito sulla riforma Castelli, Manzione si arrabbiò con l’allora presidente Marcello Pera al punto da sentirsi male. “Ebbi un collasso, mi portarono al San Camillo”. Con Mastella invece, più che una semplice lite c’è stata una rottura anche umana. Manzione infatti - che era tra i fondatori dell’Udeur e ne fu capogruppo alla Camera - restò nella Margherita quando il suo capo decise di mollare gli ormeggi dal rassemblement centrista. Mastella, anche se oggi assicura che “il rapporto di amicizia è rimasto intatto”, la prese come un tradimento personale. [...]» (Francesco Bei, “la Repubblica” 13/7/2007).