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 2006  giugno 19 Lunedì calendario

Portella della Ginestra, la verità di Scelba. Corriere della Sera 19 giugno 2006. A sinistra il nome di Mario Scelba suscita tuttora risentimento e avversione

Portella della Ginestra, la verità di Scelba. Corriere della Sera 19 giugno 2006. A sinistra il nome di Mario Scelba suscita tuttora risentimento e avversione. Anche lo storico progressista Giuseppe Carlo Marino, che anni fa in una biografia intitolata La repubblica della forza (Franco Angeli) ne riconosceva la fermezza antifascista e l’impegno nel denunciare le degenerazioni della partitocrazia, continuava nondimeno a presentare il politico siciliano soprattutto come il responsabile di una brutale repressione contro la classe operaia. Non c’è da stupirsi quindi se qualcuno ha storto la bocca di fronte al saggio di Gabriella Fanello Marcucci Scelba. Il ministro che si oppose al fascismo e al comunismo in nome della libertà (Mondadori, pagine 370, e 19). Un titolo che dice tutto sull’impostazione del volume, ricco di documenti inediti e citazioni testuali utili al lettore per farsi un’opinione su un personaggio tanto controverso. L’autrice conosce bene le accuse mosse al leader democristiano, a lungo ministro dell’Interno sotto De Gasperi e poi capo del governo nel periodo 1954-55, ma le considera frutto di pregiudizi. Prendiamo l’eccidio compiuto in Sicilia, a Portella della Ginestra, il 1? maggio 1947 contro contadini che celebravano la festa del lavoro: «Non è vero – dichiara al Corriere la studiosa – che Scelba abbia negato la natura politica della strage: si limitò a dire 24 ore dopo, sulla scorta delle notizie sommarie di cui disponeva, che non si poteva attribuirla ad alcun partito. In realtà l’eccidio rientrava in un’offensiva anticomunista dei separatisti siciliani, di cui il bandito Salvatore Giuliano, responsabile della sparatoria, era in quel momento il braccio armato. Ma più tardi il fuorilegge di Montelepre si avvicinò alle sinistre e spedì anche delle lettere a Girolamo Li Causi, il leggendario leader del Pci siciliano. Invece Scelba fu sempre suo nemico acerrimo: per lui il capobanda aveva soltanto parole di ostilità e disprezzo». Si dice però che il ministro, proprio per eliminare Giuliano, sia sceso a patti con la mafia. «Questa è un’affermazione arbitraria. Il colonnello Ugo Luca, incaricato da Scelba di sgominare il banditismo, era un ufficiale con una grande esperienza nel lavoro d’intelligence. E adottò il metodo spregiudicato dell’infiltrazione, intercettando il luogotenente di Giuliano, Gaspare Pisciotta, che poi uccise il suo capo in circostanze misteriose. Ma sulla base di questi fatti non si può certo concludere che ci fu un accordo con Cosa nostra. Semmai direi che per Scelba la priorità era combattere Giuliano, che sfidava lo Stato e l’ordine pubblico in campo aperto, mentre la mafia si presentava come un avversario molto più sfuggente e difficile da colpire». Attacchi molto aspri vennero mossi al responsabile del Viminale per il modo in cui gestì i conflitti sociali, che sfociarono spesso in cruenti scontri di piazza tra polizia e attivisti di sinistra. Di qui l’immagine negativa di Scelba che si è tramandata fino ad oggi e che Gabriella Fanello Marcucci contesta apertamente: «Bisogna calarsi – osserva – nella situazione turbolenta dell’immediato dopoguerra. In Italia, dove tedeschi e angloamericani si erano combattuti duramente per quasi due anni, circolavano enormi quantità di armi, solitamente nascoste e custodite da militanti comunisti. Scelba agì per recuperarle, applicando una legge che era stata varata sotto il precedente governo Parri ed era rimasta lettera morta. Per fare un esempio, in sei mesi le forze dell’ordine sequestrarono in mani private un numero di bombe a mano superiore a quello in dotazione all’intero esercito italiano. Quanto agli scontri di piazza, senza dubbio ci furono degli eccessi da parte degli agenti: bisogna tener conto che si trattava di personale formatosi prevalentemente sotto il fascismo, abituato a usare la maniera forte. Ma Scelba non esitò a deplorare in Parlamento gli episodi sanguinosi e a deferire i colpevoli alla magistratura. Inoltre va ricordato che il ministro dell’Interno si oppose sempre all’adozione di leggi speciali contro il Pci». Infine Gabriella Fanello Marcucci contesta lo stereotipo, altrettanto profondamente radicato, di uno Scelba sprezzante verso gli intellettuali: «Quando parlò polemicamente di "culturame" non si riferiva agli studiosi veri, ma piuttosto a coloro che si spacciavano per tali. Scelba non era affatto un rozzo politicante, ma un uomo colto, come traspare chiaramente dai suoi scritti e si evince anche dalla stima che riscuoteva, ad esempio, presso personalità della statura di don Sturzo e Luigi Einaudi». Antonio Carioti