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 2006  giugno 27 Martedì calendario

I tunnel degli uomini talpa Scavarli costa 50.000 euro. Corriere della Sera 27 giugno 2006. Poche ore prima del micidiale attacco palestinese, l’esercito israeliano ha esplorato la zona di confine con Gaza, concentrando le ricerche a neppure un chilometro dal luogo dell’incursione

I tunnel degli uomini talpa Scavarli costa 50.000 euro. Corriere della Sera 27 giugno 2006. Poche ore prima del micidiale attacco palestinese, l’esercito israeliano ha esplorato la zona di confine con Gaza, concentrando le ricerche a neppure un chilometro dal luogo dell’incursione. I genieri e gli scout beduini – agendo in base a una segnalazione dell’intelligence – hanno cercato un tunnel vicino al reticolato che chiude la striscia in una gabbia. Nel settore di Sufa i militari hanno provato a trivellare il terreno e hanno «battuto» le piste sabbiose per scoprire segnali anomali. Dall’altra parte del confine sono state mobilitate le spie, che avevano già lanciato l’allarme su una possibile sorpresa. Nulla. Sono stati invece gli uomini-talpa palestinesi a beffarli, permettendo al commando di lanciare un assalto senza precedenti. L’episodio tradisce la difficoltà degli israeliani a contrastare un fenomeno – quello dei tunnel – che va avanti da anni. Iniziato come attività legata al contrabbando tra l’Egitto e Gaza, è diventato con l’intifada un supporto logistico per rifornire di armi la guerriglia. Infatti a gestire i tunnel sono clan familiari spesso legati ai militanti. Su tutti quello dei Samhadana, il cui leader Jamal è stato ucciso dagli israeliani pochi giorni fa in quanto diventato responsabile di una nuova unità di sicurezza. Con il passare del tempo le gallerie – ne vengono scavate a decine – hanno assunto il carattere del business. Farne scavare una costa 45-75 mila euro, il noleggio del passaggio per due ore 4.500 euro. Il transito di un kamikaze 2.000 euro, quello di un guerrigliero 1.300. Un mitra kalashnikov che dal lato egiziano costa 200 dollari, può venir pagato 1.300 nella Striscia. Un proiettile 50 centesimi in Egitto, 3-7 euro dal lato palestinese. Una notte di traffici porta in tasca all’organizzazione – stando al ribasso – circa 50 mila euro, ma il compenso sale quando c’è tensione. A un giornalista spagnolo un abitante di Gaza ha raccontato: «Mettersi a scavare può imprimere una svolta alla vita. Non hai niente in tasca e il giorno dopo giro su un fuoristrada fiammante». I tunnel misurano tra i 300 e gli 800 metri. Più corti quelli tra Egitto e Gaza, più lunghi sull’asse striscia-Israele per poter prendere alle spalle le postazioni israeliane. Di solito corrono a una profondità di 16 metri. A questo livello la sabbia è più «morbida» e dunque è possibile scavare e portarla via nascondendola in sacchi di iuta. Per completare una galleria servono dalle due settimane ai due mesi, impiegando una squadra di 8-10 uomini. Il clan guadagna con il contrabbando mentre l’operaio ingaggiato riceve un salario di 80 euro al giorno. Dicono che alcuni degli «architetti» siano costretti a giurare sul Corano che non sveleranno mai l’ingresso del passaggio. Di solito è all’interno di una casa di Gaza, occultata dietro una finta parete, sotto la cucina, dietro il bagno. L’uscita, se in campo aperto, è protetta con arbusti e mimetizzata. Molti dei tunnel hanno rudimentali sistemi di areazione, luci, canali per l’aria, strutture di sostegno per impedire i crolli. Uno dei rischi maggiori è infatti che la galleria ceda e non sono mancati incidenti con vittime. In un paio di occasioni i palestinesi hanno costruito una variante. Gallerie che arrivano sotto i fortini nemici, riempite di bombe e poi fatte saltare. Tecniche che ricordano le battaglie della Guerra di Secessione o gli assedi. Nel disperato tentativo di fermare gli uomini-talpa, gli israeliani hanno studiato diverse contromisure, che hanno però dato risultati parziali. Oltre a trivellare il terreno, i militari provocano micro-esplosioni oppure infilano lamine di metallo che dovrebbero interrompere il percorso. In alcuni settori hanno scavato profonde trincee e hanno pensato di creare (nella zona di Rafah) un canale riempito con l’acqua di mare. Ma le contromisure sono state ben presto superate dagli scavatori. Neppure quindici giorni fa – ha rivelato il quotidiano Haaretz – i genieri si sono rivolti all’Istituto di Geofisica per avere un aiuto indicando proprio l’area di Sufa come punto critico per i tunnel. I professori si sono messi a disposizione sollecitando però un invito ufficiale. Dalla Difesa non è arrivato neppure un cenno. Sono stati più veloci i guerriglieri. Guido Olimpio