Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  giugno 18 Domenica calendario

Anno III - Centoventitreesima settimanaDal 12 al 18 giugno 2006L’arresto Da venerdì notte Vittorio Emanuele di Savoia, il mancato re d’Italia, 69 anni, è in carcere a Potenza, imputato di associazione a delinquere, corruzione e sfruttamento della prostituzione

Anno III - Centoventitreesima settimana
Dal 12 al 18 giugno 2006

L’arresto Da venerdì notte Vittorio Emanuele di Savoia, il mancato re d’Italia, 69 anni, è in carcere a Potenza, imputato di associazione a delinquere, corruzione e sfruttamento della prostituzione. Lo accusa il pubblico ministero John Woodcock, 39 anni, padre inglese e madre napoletana, che ha presentato al giudice per le indagini preliminari di Potenza, Alberto Iannuzzi, un dossier di duemila e passa pagine e, basandosi su questo, ha chiesto l’arresto di Vittorio, o Victor o Totò, e di altre 12 persone, per sei delle quali ha ammesso che sarebbero bastati i domiciliari. Il giudice Iannuzzi ha letto e giudicato che c’era materia sufficiente per le manette. Venerdì mattina il Savoia stava a Varenna, vicino Lecco, a consegnare una campana alla chiesetta del paese. Finita la cerimonia, si sono avvicinati i carabinieri. Nessuna scena: Vittorio Emanuele è stato fatto sedere sul sedile posteriore di una Punto grigia e lasciato solo, perché l’altro poliziotto s’è messo vicino all’autista. Il lampeggiatore sul tettuccio è stato tenuto spento. Dietro, la scorta di una Fiat Bravo rossa. Giunto a Potenza alle quattro e mezza di mattina Vittorio Emanuele ha sentito che dalle altre celle i detenuti lo chiamavano: "Principeeee, oh Principeee". Avendo capito che si trattava di sfottò, il principe non ha risposto. I cronisti riferiscono che, anzi, si tiene abbastanza lontano dalle sbarre.

Che ha fatto Onestamente, l’accusa non è chiara. Non abbiamo in mano le duemila pagine, dobbiamo stare alle paginate di intercettazioni e alle poche righe di cronaca giudiziaria che i giornali hanno pubblicato finora, dalle quali si evince che neanche per i giornali l’accusa è chiarissima. Sembrerebbe che il casino di Campione d’Italia volesse installare 400 macchinette per videopoker e si fosse rivolto per i permessi ministeriali a un gruppo di persone, poi individuate come dei truffatori (ma il plot della truffa non l’abbiamo capito), che a loro volta avrebbero adoperato le ampie relazioni di Vittorio Emanuele perché la pratica fosse sbrigata dai Monopoli di Stato senza troppe storie. Il principe avrebbe avuto in cambio diecimila euro. Abbiamo un elenco parziale dei 13 arrestati: c’è il mancato re, il portavoce dell’ex ministro degli Esteri Fini, il sindaco di Campione d’Italia, due faccendieri già noti alle cronache, ma non risulta alcun funzionario dei Monopoli. Il meccanismo della presunta corruzione, a noi giornalisti, finora non è stato spiegato. Il profluvio di intercettazioni, di cui invece i quotidiani sono stati abbondantemente riforniti, mostra un mondo abbastanza schifoso, però dal punto di vista dello stile e della morale comune. Dalle intercettazioni la prova (sottolineiamo: prova) di reati veri e propri non si ricava. Il mancato re si augura che a una certa manifestazione di beneficenza in favore dei minori ci siano delle belle bambine da somizzare facendole gridare. Cascano le braccia, ma la galera non c’entra. In un’altra telefonata, Vittorio Emanuele dice al suo segretario Narducci: "Guardi che io adesso sono diventato molto potente in Italia, molto più di quel che credevo. Adesso faccio il culo a tutti quelli che mi rompono i coglioni. O si fila come dico io, oppure quello che sgarra fuori, capito". Ma i veri potenti parlano così ai loro segretari? E il reato quale sarebbe? Maria Gabriella ha detto che il fratello è un bambino, ha fatto capire che è un fesso, ha aggiunto che lo manovra la moglie, assetata di denaro.

I reati Potrebbero esserci dei reati a margine di una telefonata in cui Narducci parla con un avvocato di una fornitura di medicine fasulle al Terzo mondo. Narducci dice che il principe ha dei rapporti con una casa farmaceutica bulgara e che la cosa sarà facile. Ma potrebbe millantare. E l’avvocato non risulta neanche indagato. Poi ci sono chiacchiere su una società, presumibilmente un casinò, da mettere in piedi col figlio di Gheddafi (reati, zero). Poi il portavoce di Fini, Salvatore Sottile, avrebbe governato la corruzione dei funzionari del Monopolio (che sarebbe comunque materialmente avvenuta attraverso altre persone). E, quando Fini era ministro degli Esteri, si sarebbe portato a letto Elisabetta Gregoraci e Maria Monsé e in cambio queste due (che smentiscono) avrebbero fatto quel poco di televisione che hanno fatto. Esisterebbero dei ”festini a casa di Salvatore Sottile”. Savoia non c’entra niente, anche se in una telefonata è contento che gli portino una ”bruna fresca”. Sottile, se quello che sostiene al telefono è vero (perché i maschi di homo sapiens hanno l’abitudine di credere che portarsi a letto una femmina sia un merito, e perciò se ne vantano), ha fatto una cosa riprovevole, forse persino perseguibile. Ma la galera comminata da Potenza e le prime pagine dei giornali...
Vittorio Emanuele è enormemente antipatico, al punto che Riccardo Barenghi sulla Stampa ha scritto: "Speriamo che non sia innocente". Ma la galera non c’entra, e i contorni del disegno criminoso che Woodcock e Iannuzzi hanno disegnato finora sono molto, troppo confusi. Aspettiamo di saperne di più prima di farci un’idea - in questa fattispecie - sia degli accusati che degli accusatori.

Ragazzini scomparsi Francesco e Salvatore Pappalardi, 13 e 11 anni, spariti dalle otto di sera del 5 giugno, non sono ancora stati trovati. Alle 10 di mattina di lunedì 19 (cioè mentre scriviamo) se ne cercano i corpi - con cani ed elicotteri - nelle campagne tra Gravina di Puglia e Santeramo (Bari), in fondo a dirupi irraggiungibili, dove qualcuno potrebbe aver portato i cadaveri fidando che non sarebbero mai stati trovati. Il giudice aveva affidato i due ragazzini al padre Filippo Gagliardi, essendo la madre, Rosa Carlucci, afflitta da una depressione che ne rende instabile la personalità. Sulle prime s’era pensato che Francesco e Salvatore fossero scappati in odio al padre e per stare con la madre. Ma è una tesi sempre più debole man mano che passano i giorni. Rosa ha rilasciato un’intervista in cui si dice certa che Filippo li ha ammazzati. Ma la madre di Rosa - nonna dei due scomparsi - ha detto che certamente la figlia sa che cosa è successo e che bisogna solo pregare perché non sia stata lei in persona a sopprimerli. Stessi discorsi il parroco del paese, che non crede a un sequestro di malavita.

Soldi Prodi e il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa hanno detto che per dare una prima sistemata ai conti pubblici ci vogliono 40-50 miliardi in due anni e si son sentite grida da tutte le parti ("cominciamo male", eccetera) non solo dai sindacati, ma anche dai ministri. Il professor Nicola Rossi (Ds), subito elogiato da Francesco Giavazzi (Corriere), ha proposto di pensionare centomila statali (un pensionato statale costa il 65% di un dipendente) e di sostituirli con 20 mila giovani. Insomma si annunciano tagli, e prima di tutto tagli ai ministeri: ora i ministri sono dove sono soprattutto per raccogliere consensi e per raccogliere consensi si devono distribuire denari, sotto forma di aumenti di stipendio o di assunzioni. Con che faccia i politici annunceranno invece dei tagli? Giampiero Mughini sul Foglio ha notato che i 40-50 miliardi di euro di adesso assomigliano maledettamente ai 90 mila miliardi di lire che Amato intascò nel 1992 anche prelevando nottetempo il 6 per mille dai conti correnti dei cittadini. E allora ha scritto: va bene, sono pronto, venite a prenderci i soldi. Purché si faccia presto.

Insegnanti Il ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, vuole introdurre ”quote blu” tra gli insegnanti, ossia forme di incentivo ai maschi perché si decidano a salire in cattedra. In questo momento, quattro docenti su cinque sono donne.

Anno III -