Varie, 24 giugno 2006
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Zaccardo Christian
• Formigine (Modena) 21 dicembre 1981. Calciatore. Dal 2009/2010 al Parma. Col Wolfsburg ha vinto la Bundesliga 2008/2009. Lanciato dal Bologna, ha giocato anche nel Palermo. Con la nazionale ha vinto i mondiali del 2006 (partito titolare, perse il posto per un clamoroso autogol contro gli Stati Uniti) • «[...] ha una rara qualità: riesce a trasformare le delusioni in perle. Per esempio: dopo il famigerato autogol azzurro ai mondiali tedeschi contro gli Stati Uniti forse chiunque altro si sarebbe accasciato senza rialzarsi più. Lui ha disputato invece il migliore campionato della sua carriera. Pur avendo cambiato ruolo, passando dalla fascia destra al centro [...] Stabilendo anche il suo record di gol (5 in campionato e 1 in Uefa).[...]» (Francesco Caruso, ”La Gazzetta dello Sport” 26/9/2007) • «[...] da bambino faceva l’attaccante [...] ”Man mano che andavo avanti negli anni arretravo di posizione. Fino a che un giorno mi ritrovai in difesa, al centro o sulla fascia”. [...]» (Francesco Caruso, ”La Gazzetta dello Sport” 7/11/2006) • «[...] non è Roberto Carlos, non è Thuram ma per i ragazzi del ”tifo come passione, che fanno la raccolta di fugurine e pensano ai campioni come degli eroi positivi” Zaccardo è parte di quel calcio che non per forza vince sempre, un po’ sofferente, titubante, poco sorridente. Era uno di quelli che sì, ce l’avrebbe fatta probabilmente, che comunque a 16 anni era in Nazionale, poi in under 21, e poi uno strappo, la rottura dello scafoide. Era uno che ce l’avrebbe potuta fare ma non era uno di quelli che ce la doveva fare per forza. Che doveva diventare il campione. ”Finito l’Abc del calcio si andava a provare le squadre vere. Ma i più bravi giocavano più per altri che per se stessi. I più bravi tendono a essere individualisti”. E se poi loro sbagliano è la squadra che non girava. Se sbaglia Zaccardo è Zaccardo che non girava, e che allora: ”Che ci sta a fare lui in Nazionale?”. ”A tredici anni c’è sempre una zona d’ombra tra il sogno e la realtà, quella zona d’ombra dove sono naufragati centinaia e centinaia di talenti”. Quei ragazzi che si spaccano tutte le ginocchia e non ci credono più e credono che il Mondiale, la Nazionale, il calcio sia solo roba per fenomeni. Che magari sono Ronaldinho, ma ancora non lo sanno, e che vedendo uno Zaccardo timido, ordinato, impacciato ma comunque, come si dice, solido, pensano: ”Ce la posso fare anche io”. Poi certo ci sarebbe il problema dell’autogol contro gli Stati Uniti, ma nella psicologia del piccolo terzino destro che non sale ma difende, che non attacca ma fa il compitino con il numero due, che quando arriva per le prime volte al campo e gli chiedono tu dove giochi? Lui risponde non dove mi pare ma dove le pare a lei, mister, meglio defilato. Sì un po’ defilato là a destra o a sinistra. Quello che gli schemi, le tattiche, gli allenamenti, i birilli, le panchine e i ”dai, dai, dai… ma che fai. Via, via quella palla”, ”Crossa, crossa al centro”, ”Fermo”, ”Non salire”, ”Copri”, ”Scala” e che viene sostituito e non dice nulla e che quando è in panchina a guardare gli altri in campo vorrebbe sì entrare ma magari, però, quando il risultato non è più in discussione. [...] Uno che dice sempre scusa, scusa per l’autogol, scusa per la distrazione, scusa per il fallo, scusa per l’ammonizione, scusi, scusi tanto mister non salgo, starò più attento. ”Quella rete la sogno ancora, per un difensore il gol è già una rarità. Immaginate quando arriva in un’occasione così importante”. Il gol Zaccardo lo aveva fatto al 32’ del secondo tempo contro la Slovenia a Palermo, dopo aver fatto poco per evitare che la Scozia in una delle ultime gare della qualificazione mondiale, segnasse la rete dell’1-0. Poi uscì nel secondo tempo, entrò Grosso e uno a uno. Ma senza Zaccardo l’Italia è un po’ meno Italia e magari rappresenta la migliore Italia calcistica, una squadra forse pure da sogno, ma che senza Zaccardo farà comunque sognare (e forse segnare) un po’ di meno [...]» (Claudio Cerasa, ”Il Foglio” 23/6/2006).