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 2006  giugno 24 Sabato calendario

Mauri Silvana

• Roma 1920, 23 giugno 2006. «[...] viveva dentro la letteratura come una tarma in un gomitolo di lana. La letteratura era per lei l’unica dimensione possibile, in modo così ossessivo da diventare naturale. Non ha vissuto per la letteratura, ma la letteratura. Tutta quella che c’è stata in Italia dagli anni Quaranta a oggi. Letteratura erano la sua famiglia, il suo lavoro, i suoi amici. Il marito era Ottiero Ottieri, di cui è stata musa paziente e anche un po’ protettrice, condividendo la sua passione-bisogno per la psicoanalisi. La figlia, Maria Pace Ottieri, è una scrittrice. Il figlio Alberto è entrato nelle Messaggerie Italiane, la casa di distribuzione dei suoi fratelli. A ”zio Val” (lo zio Valentino Bompiani) ha dato quarant’anni di lavoro nella casa editrice. Si è occupata dell’ufficio stampa e delle relazioni con gli autori, cominciando a diciassette anni quando ”Zio Val” le chiese di collaborare al Dizionario delle opere. Più tardi, altri vent’anni li avrebbe dati alla Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri, fondata dal fratello Luciano. Il tutto, incontrando e intrattenendo amicizie con scrittori di oltre mezzo secolo, da Alvaro a Vittorini a Pasolini (con quest’ultimo ha avuto una lunga corrispondenza, e lo ha anche un po’ malinconicamente amato). Poi c’erano i ”ragazzi promettenti”: Umberto Eco, Mario Spagnol, Eric Linder, Furio Colombo. E le sue amiche, da Camilla Cederna a Franca Norsa, a cui suggerì lo pseudonimo Valeri, alla psicoanalista Luciana Momigliano. Va da sé che cultura e letteratura per lei erano prima di tutto passione. A tal punto che questo non veniva più detto: era sottinteso. vero che lei - grandissima scrittrice orale - avvolta in uno scialle, ti incantava spesso con storie inedite di amici, di incontri, e preziosi ricordi chiusi, come il genio delle Mille e una notte, in certe sue segrete bottigliette che apriva all´improvviso, e subito richiudeva. Me la ricordo bene, negli anni Sessanta, nel salotto di Via Vivaio, a Milano (il gatto si aggirava ovunque e sovrintendeva a tutto), con quella sua voce calda, in cui la passione non smetteva di vibrare, quel parlare lento e preciso, da pagina scritta, con un vago accento da centro Italia, anche se, nata a Roma, era cresciuta a Milano ed era andata a scuola al Parini. Tutto questo è vero. Ma lei non voleva scriverlo. O meglio: scriveva ma per sé. Annotava in diari e lettere. E agli altri non raccontava tutto. Forse anche per non imbalsamare i ricordi. Per fortuna, però, la figlia Maria Pace, la nipote Ginevra Bompiani e Rodolfo Montuoro le hanno strappato il consenso a mettere insieme queste carte segrete. Che sono diventate un libro: Ritratto di una scrittrice involontaria (Nottetempo). Una personalissima, sorprendente, storia della letteratura italiana del secondo Novecento» (Laura Lilli, ”la Repubblica” 24/6/2006).