CorrierEconomia 19/06/2006, pag.3 Sergio Rizzo, 19 giugno 2006
CorrierEconomia 19 giugno 2006. Antonio La Pergola è stato ai vertici della Corte costituzionale, quindi ministro nei governi di Ciriaco De Mita e Giovanni Goria, europarlamentare, e infine giudice alla Corte di giustizia europea
CorrierEconomia 19 giugno 2006. Antonio La Pergola è stato ai vertici della Corte costituzionale, quindi ministro nei governi di Ciriaco De Mita e Giovanni Goria, europarlamentare, e infine giudice alla Corte di giustizia europea. A questo punto gli mancava soltanto il prestigioso incarico di presidente del Poligrafico dello Stato: che il governo di Silvio Berlusconi gli ha conferito a febbraio di quest’anno, poco tempo dopo che La Pergola aveva dovuto lasciare la poltrona di Lussemburgo. Grottesco coronamento di una carriera che avrebbe forse meritato come conclusione anche una dignitosa pensione, piuttosto che un posto qualsiasi in una qualsiasi azienda di Stato. Ma finché le poltrone pubbliche ci sono, qualcuno dovrà pure occuparle. E finché a decidere chi le dovrà occupare sarà la politica, quindi i partiti, perché una di queste non dovrebbe spettare a La Pergola? I consigli di amministrazione delle imprese pubbliche forse non servono anche a quello, cioè a sistemare politici in pensione o trombati alle elezioni, consulenti che hanno bisogno di integrare il reddito con i gettoni di presenza, quando non addirittura amici e parenti? Non si spiega diversamente perché il gruppo delle Poste italiane, interamente controllato dal Tesoro, che esprime anche gli indirizzi strategici, debba avere 111 posti da consigliere di amministrazione. O Sviluppo Italia, che è nelle identiche condizioni, addirittura 119: ovviamente senza contare le decine di aziende in joint venture con privati. O ancora, il Poligrafico dello Stato, 43. Per non parlare di Fintecna, di Italia Lavoro, della Rai o di altre società pubbliche. Il governo di Romano Prodi (che d’intesa con i leader della Margherita Francesco Rutelli e dei Ds Piero Fassino ha costituito una specie di task force per le nomine), avrebbe ora deciso di affrontare questo capitolo, nel quale oltre agli sprechi e alle ovvie inefficienze si annida anche il malcostume. E ha già dato un primo messaggio, imponendo il ridimensionamento da nove a sette componenti del consiglio di amministrazione di Fintecna. Segnale, tuttavia, ancora troppo debole. La cosa più giusta da fare sarebbe quella di imporre una regola di governance valida per tutte le aziende statali. Cioè ridurre i consigli di amministrazione al numero minimo comunemente previsto per il corretto funzionamento delle società per azioni: tre componenti. Una regola simile è in vigore alle Ferrovie, ma il numero di consiglieri è stato fissato in cinque unità, e ovviamente non vale per le ancora troppe imprese collegate. L’unica società per azioni pubblica nella quale sia in vigore la regola del tre è Patrimonio spa, che tuttavia non è destinata a fare da battistrada, visto che si parla della sua incorporazione in Fintecna. Per disboscare c’è tempo fino al 2008, man mano che i consigli di amministrazioni delle centinaia di imprese di Stato verranno a scadenza. Con una piccola coda al 2009, quando scadranno gli organi sociali di alcune società che sono stati rinnovati appena prima delle elezioni dal governo di centrodestra uscente. Con una clamorosa infornata di politici. Nel consiglio di amministrazione dell’Acquirente unico è arrivato Silvio Liotta, ex Dc, ex Forza Italia, ex Rinnovamento italiano, ora Udc. Con lui, l’ex sindaco di Civitavecchia Alessio de Sio e il responsabile degli enti locali della Lega Nord, Raffaele Volpi. Al Grtn, invece, è stato piazzato l’ex sindaco di Anzio Stefano Bertollini. Mentre alla Borsa elettrica è finito il coordinatore di Forza Italia a Reggio Calabria, Antonino Foti. Piccoli calibri. Ma la politica è fatta anche di questi. Non che nelle aziende pubbliche manchino le poltrone anche per i pezzi più grossi. Tutt’altro. Italia turismo, controllata da Sviluppo Italia, ha ben 11 consiglieri di amministrazione: presidente è Dario Fruscio, ora parlamentare della Lega Nord, uomo di punta del Carroccio nelle imprese di Stato. Per questo incarico si favoleggia anche di un faraonico appannaggio (200 mila euro?). Nel consiglio di Italia turismo, chissà per quale strana logica, c’è anche l’amministratore delegato di Trenitalia, Roberto Testore. Rete autostrade mediterranee, dello stesso gruppo, ha invece 9 consiglieri, ed è presieduta da Angelo Piazza, deputato dello Sdi-Rosa nel pugno. Nel consiglio di Italia Navigando (7 persone) siede fra gli altri Ercole Incalza, consigliere dell’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. E se Sviluppo Italia Friuli-Venezia Giulia (7 posti in consiglio) è presieduta da Franco Asquini, che ha sfiorato la candidatura a sindaco di Udine per il centrodestra, in Sviluppo Italia Lombardia c’è Guido Tronconi, professionista che è stato presidente della Credieuronord, la banca della Lega. Dulcis in fundo, Infratel Italia ha un consigliere che si chiama Marco Staderini, presidente dell’Inpdap e consigliere della Rai in quota Udc, fino a un anno fa era anche nel consiglio delle Ferrovie: quando si è dimesso l’hanno sostituito con Clemente Carta, ex deputato dell’Udc. Per la serie delle Ferrovie, merita di essere segnalata anche la presenza di Giuseppe Trippanera (conosciuto come un fedelissimo di Lamberto Dini) all’Isfort. Nel consiglio della Sace (10 persone) c’è quindi Sestino Giacomoni, ex segretario dell’ex ministro Antonio Marzano, ora eletto parlamentare di Forza Italia. Anche Cosimo Mele, ex capogruppo dell’Udc di Bari, nominato qualche mese fa consigliere della Sogin, la società del Tesoro incaricata di smaltire le scorie nucleari, è stato eletto, ma in Senato. E fra i consiglieri delle Poste spiccano i nomi di Mauro Michielon, ex parlamentare del Carroccio, e Salvatore Biasco, ex parlamentare dei Ds. All’Anas siedono il leghista Giuseppe Bonomi e l’ex Dc Alberto Brandani. Alla testa del consiglio di amministrazione dell’Italian distribution council (Anas, Unioncamere ed altri enti pubblici) c’è l’ex ministro dei Trasporti Giancarlo Tesini, classe 1929. Alla guida della Consip, la società per gli acquisti della pubblica amministrazione, è stato piazzato l’ex ministro dei Lavori pubblici del primo governo Berlusconi Roberto Radice, già parlamentare di Forza Italia. Ed ex ministro, ma dell’Istruzione e nel successivo governo di Lamberto Dini, poi eletto deputato del Ppi, partito confluito nella Margherita, è anche Giancarlo Lombardi, esperto di formazione e anche per questo nominato presidente del Consorzio per la formazione internazionale, di cui è azionista la Fincantieri. Azienda che è presieduta da Corrado Antonini: il boiardo di Stato che vanta la più lunga anzianità di servizio. Per 32 anni è stato ininterrottamente al vertice della cantieristica pubblica italiana, prima come direttore generale, quindi come amministratore delegato, infine come presidente. Ha visto praticamente di tutto. Figuriamoci se durante l’ultimo mandato si è fatto impressionare dalla presenza, nel consiglio di amministrazione, di Francesco Di Comite, ex deputato salernitano di Forza Italia. Che ci stanno a fare, sennò, 11 poltrone anche alla Fincantieri? Sergio Rizzo