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 2006  giugno 23 Venerdì calendario

BONI

BONI Gianfranco Lodi 21 maggio 1958. Banchiere. Ex direttore finanziario della Banca Popolare di Lodi (era il braccio destro di Fiorani, ha fatto quattro mesi di carcere per le indagini sulla scalata Antonveneta). «’Io voglio, devo ricominciare. Potrei fare anche il muratore, sì. Non ho problemi, l’importante è riprendere a vivere”. [...] Boni - che gli investigatori dipingono come «un geniaccio della finanza» - è in bermuda e sandali. [...] ”Io avevo dei dubbi, sapevo che il rischio era troppo elevato. Ma di una cosa resto convinto: era un progetto industriale straordinario [...] Ma appena ci siamo buttati nell’impresa ho capito che sarebbe stata durissima perché avevamo di fronte dei colossi. L’avevo detto anche alla mia famiglia: ’Abbiamo deciso di tentare una battaglia che non lascerà feriti. O vinciamo oppure...’. Certo, però, non mi aspettavo che finisse così [...] Abbiamo cercato in tutti i modi di sorpassare Abn Amro, come un’auto che supera in corsia gialla e pure con le quattro frecce. Ma ci è andata male, ci siamo schiantati contro un muro di cemento a trecento all’ora. E ne siamo usciti molto male [...] D’altra parte era un’impresa ai limiti dell’impossibile. Un gigante come Abn poteva al massimo accettare di perdere da una banca come Unicredit, ma provate a immaginare Groenink (il numero uno della banca olandese, ndr) che torna a casa e dice: ’Abbiamo perso contro la Banca Popolare di Lodi [...] io spesso ho dissentito, avevo molti dubbi, come risulta dagli atti. Ma tutti gli altri volevano andare avanti e quindi... [...] Ci sono stati giorni terribili. Prima dell’arresto aspettavo che mi venissero a prendere da un momento all’altro, l’attesa non finiva mai. Mai. Poi il 13 dicembre mio figlio mi ha chiamato: ’Papà, la televisione dice che ti stanno per arrestare’. Allora mi sono visto in una cella con venti persone, avevo paura che mi picchiassero, che mi sodomizzassero [...] Quello che ho vissuto a San Vittore mi ha cambiato completamente: ho conosciuto persone che non dimenticherò. Che nella mia vita precedente non avrei nemmeno immaginato di sfiorare. Dopo averle incontrate ho capito che nella nostra esistenza le cose non sono tutte bianche o nere [...] La visita dei miei genitori. Pensare al dolore che mio padre provava venendo a trovarmi lì. Lo so, può sembrare banale, ma questa esperienza mi ha aiutato a ristabilire una vera scala di valori. Se non ho ceduto lo devo alla mia famiglia, a mia moglie, ai nostri tre figli [...] Adesso passo le giornate facendo torte con mia figlia di cinque anni. Io che lavoravo diciotto ore al giorno e non sapevo nemmeno preparare una pastasciutta sono diventato un casalingo [...] Sono pronto a fare tutto. E pensare che secondo qualcuno avrei messo da parte centinaia di milioni di euro...”» (Ferruccio Sansa, ”la Repubblica” 23/6/2006).